« giocare alla democrazia », promuovendo o riconoscendo organismi di quartiere e forme di partecipazione popolare? per far sperimentare e conoscere alla popolazione la propria debolezza? Sarebbe assurdo, se non vi fosse la prospettiva di una forte e finalmente vincente battaglia per spazzare via alcuni grossi ostacoli politici e almeno gli aspetti legislativi più palesemente incostituzionali e abnormi, che frenano il decollo delle autonomie regionali e del ruolo dei comuni.
            Tale battaglia non può che essere rafforzata da forti e credibili esperienze di partecipazione che i comuni riescano ad organizzare a livello locale, in collegamento con la nuova realtà regionale. La positiva valutazione « di principio » del ruolo degli enti locali non può peraltro ignorare:
              (a)         le loro attuali carenze in troppe zone del paese (clientelismo anziché partecipazione, burocraticismo anziché efficienza);
              (b)         il problema dei comuni troppo piccoli; non sarebbe preferibile avere al posto di « poveri » consigli comunali, un più agile, libero, consiglio di frazione, parte dialettica di una più ampia area di autonomia comunale?
              (c)         lo spazio reale che dovrebbe restare alla Provincia e la possibilità di sopprimere questo livello amministrativo;
              (d)         la necessaria continua riqualificazione dei rapporti fra lotte politiche e sociali e i nuovi livelli di potere istituzionale (come le regioni e i quartieri).
        Autonomie locali e trasferibilità delle esperienze di decentramento
            L’autonomia locale è tale perché è diversità, invenzione, adattamento a diversi contesti urbanistici, sociali, culturali. Un determinato modello giuridico-politico, come quello presentato in questo saggio e commentato nelle appendici, può essere al massimo un motivo ispiratore, ma la scelta del decentramento comporta un processo e un travaglio che non possono non essere diversi da situazione a situazione, e quindi in buona misura originali. Gli stessi confronti fra quartieri-zone-circo-scrizioni di diverse città, sono quindi spesso superficiali, mentre è auspicabile che le analisi comparate siano ad altro livello di approfondimento, esistendo, ci sembra, la possibilità di individuare motivi comuni mediante la documentazione esistente.2
        Ristrutturazione della macchina comunale
            È il nodo più antico e scottante del decentramento: punto focale di scontro-incontro fra la logica burocratica e la logica della domanda sociale e politica proveniente dalla popolazione. Più si rafforzano i quartieri da un lato e dall’altro si fa sentire, anche attraverso le «deleghe», il nuovo rapporto comune-regione, e più la ristrutturazione della macchina comunale diventa un problema cruciale. Esso ha due aspetti complementari: richiede da un lato inventiva e volontà politica da parte del consiglio comunale e della giunta (dove già esistono e funzionano organismi democratici di quartiere, una forte spinta può venire dalle loro stressanti
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