cantonamento del vero fattore responsabile della disoccupazione, vale a dire la limitatezza della domanda di lavoro.
                    I risultati di questa ricerca mostrano invece con sufficiente chiarezza che non vi sono, per così dire, problemi dal lato dell’offerta di lavoro e che comunque, quand’anche taluni comportamenti dell’offerta volessero ritenersi inadeguati o insufficienti, la mancanza di posti di lavoro nelle regioni meridionali è tale da rendere siffatti comportamenti quasi trascurabili. Un’altra considerazione di carattere generale che va qui messa in luce è quella riguardante la propensione alla mobilità dei giovani in cerca di occupazione. Dalla ricerca emerge che questa propensione è molto bassa per la maggior parte dei soggetti intervistati, o che comunque è condizionata da numerosi fattori quali la remunerazione, la distanza dalla zona di residenza e così via.
                    C’è insomma un atteggiamento generalmente negativo di fronte a eventuali progetti di emigrazione: tra l’altro, una maggiore propensione la si riscontra paradossalmente non tra i soggetti più bisognosi, bensì tra coloro che si collocano in una posizione relativamente forte sul mercato del lavoro. I motivi di quest’atteggiamento dei soggetti meridionali - per molti versi sostanzialmente diverso da quello esistente in passato - sono noti ma vale forse la pena ricordarli.
                    Intanto ce il fatto che i diversi circuiti assistenziali operanti nel Mezzogiorno hanno reso di fatto meno gravosa la condizione dei giovani in cerca di occupazione; bene o male, componendo diversi spezzoni di reddito, la famiglia meridionale consente ai suoi membri in cerca di lavoro un tempo di attesa certamente maggiore di quanto non avvenisse in passato. A scoraggiare l’inoccupato meridionale gioca inoltre l’alto livello dei costi di riproduzione nelle aree più sviluppate del paese che oggi esprimono una domanda di lavoro, costi che sono invece sopportabili grazie alla piccola rendita di posizione di cui gode l’inoccupato nella sua zona d’origine. Accade così che i più bisognosi sono anche i più restii a trasferirsi essendosi venuto progressivamente riducendo, per le ragioni ora esposte, il vantaggio netto di questa operazione; dall’altro lato gli inoccupati meno bisognosi, proprio per questo motivo, condizionano un eventuale trasferimento in altre aree a possibilità di lavoro che assicurino un reddito adeguato alle proprie aspirazioni, nonché un tipo di attività coerente con il livello di istruzione raggiunto. La conseguenza di tutto ciò è che la disponibilità a emigrare è bassissima, salvo appunto per quei pochi soggetti, meno bisognosi, che riescono a incrociare una domanda di lavoro adeguata alle loro aspirazioni, o per quelli, particolarmente disagiati, che ancora trovano un vantaggio netto nella soluzione migratoria.
                    E all interno di questi tre tipi di considerazioni, dunque, che può es-
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