24 La teoria del commercio internazionale geografica) dell’interscambio commerciale, dal momento che potrebbe variare il vantaggio assoluto di settore all’interno di ogni Paese. Naturalmente, giova segnalare come a detti incrementi di produttività possano corrispondere anche decrementi nel volume dell’interscambio, qualora il Paese A importatore di beni X riesca a ridurre il proprio svantaggio relativo nei confronti del resto del mondo19. Quanto testé descritto per un ambiente ipoteticamente smithiano non trova nella realtà conferme o smentite; solo compatibilità. Infatti, soprattutto in questi ultimi anni, si è sì osservata una relazione piuttosto tenue e instabile fra le dinamiche del PIL e del commercio estero; sarebbe tuttavia difficile sostenere che gli anni di contrazione — o comunque di ridotta espansione — del rapporto fra commercio estero e PIL hanno coinciso con anni di scarsa crescita nella produttività. Anzi, sembrerebbe essere accaduto il contrario, anche se per motivazioni tutt’altro che spontanee: in periodi caratterizzati dal contrapporsi di un rallentamento nella crescita delle risorse produttive impiegate e di un miglioramento nella produttività delle stesse si è avuta solo un’attenuazione della dinamica del commercio internazionale, e ciononostante il riaccendersi delle tendenze protezionistiche, che avrebbero invece potuto causarne il blocco. Pertanto, come si diceva poc’anzi, le previsioni smithiane non possono considerarsi né avvalorate, né smentite: l’incremento di produttività, infatti, può avere più che compensato la spinta protezionistica. Si può così giungere a una conclusione preliminare. Le indicazioni che si traggono dalla teoria dei vantaggi assoluti, soprattutto se nella versione arricchita di questa, non sono necessariamente in contrasto con gli sviluppi del commercio internazionale, pur condizionandone sensibilmente l’interpretazione. Al tempo stesso però, un’impostazione teorica che prevede forti dosi di discrezionalità da parte dell’autorità di politica economica non può esimersi dal considerare da una parte le modalità dirette e indirette di intervento, dall’altra il processo di aggiustamento. In ciò sta il limite maggiore dello schema smithiano, limite che si caratterizza più per ciò che ignora che non per ciò che prevede. Meno grave appare invece — a nostro avviso — l’aver tralasciato l’a- 19 Si ipotizzano in questo caso rendimenti di scala decrescenti.