344 Claudio Rolle È necessario un intero libro per dimostrare come i valori e le gerarchie dell’Europa del vecchio regime siano stati mantenuti fino allo scoppio della prima guerra mondiale e come abbiano persino mantenuto sufficiente vigore da dare origine al secondo conflitto mondiale. L’ottimistica visione della storia come progresso, che tacitamente è stata inserita in tante interpretazioni dell’Europa moderna, è messa in discussione dalla tesi di Mayer, che fa notare come nel settore economico le attività preindustriali tenessero un posto di rilievo prima del 1914, come l’attività politica e amministrativa fosse ancora influenzata da gruppi nobiliari nella maggior parte dei paesi del continente, come le chiese continuassero a mantenere un modello di società gerarchica, come, nonostante l’importanza data alle avanguardie artistiche e intellettuali, l’autorità delle accademie fosse difficilmente contrastabile e così via. Malgrado la presenza di queste caratteristiche, non si può negare la presenza di cambiamenti significativi, i quali tuttavia - secondo l’opinione di Mayer - dimostrano come il vecchio ordine abbia la tipica capacità di adattamento che contraddistingue le persone e i gruppi conservatori fedeli alla massima gattopardiana del «tutto deve cambiare affinché tutto rimanga uguale», in modo che le relazioni di potere e di gerarchia vengano mantenute. Riguardo a questo punto, Mayer scrive: Le mentalità delle élites europee restavano probabilmente ancor più indietro, rispetto agli sviluppi economici, che non la loro vita sociale e culturale. In ogni caso, il loro orizzonte mentale mutò molto lentamente, e costituisce il sintomo forse più rivelatore del loro perdurante radicamento nel - e fedeltà al - vecchio regime. Le classi di governo, nelle quali l’elemento feudale rimaneva particolarmente rilevante, erano interamente imbevute di valori ed atteggiamenti nobiliari. La loro visione del mondo era consentanea ad una società gerarchica, fondata sul comando, piuttosto che ad una società liberale e democratica29. Prese le debite distanze e con la dovuta cautela, si può postulare una tesi analoga per quanto riguarda l’evoluzione dei processi storici cileni. In una delle sue ultime opere lo storiografo Mario Góngora già stabiliva una serie di punti a proposito della persistenza di modelli e immagini30. Benché si occupasse essenzialmente della nozione di stato in Cile, non possono passare inosservati i suoi riferimenti al mondo europeo, con i suoi simboli e le sue istituzioni: così, ad esempio, parlando del Cile come paese di guerra e dell’enorme importanza storica di questo fenomeno, non si può fare a meno di pensare alla gerarchia del medioevo e 29 Ibid., p. 12. 30 M. Góngora, Ensayo histórìco cit.