Tutto ciò ha contribuito a risuscitare in misura considerevole l’antico senso di sfiducia e di diffidenza, soprattutto negli anziani; mentre nei giovani una passività rassegnata si alterna a un senso di ribellione impotente, che non ha comunque valore costruttivo e si esterna tutta in un atteggiamento vittimistico e in lamentazioni a non finire.
     Valgano ad esempio le parole di Francesco S., uno degli uomini più anziani e più saggi di S. Cataldo, a cui anche Russo ha dedicato alcune pagine (5) : « Io la Croce non l’abbandonerò mai, ma non tengo fiducia né per gli uni né per gli altri, perché vogliono i voti e io alle prossime elezioni voto scheda bianca. Anche i comunisti : guarda se in dieci anni ci hanno fatto mettere l’acqua. Io ho girato il mondo, sono stato in America, sono stato a Monticchio venti anni e trenta sono stato guardiano del principe e di cose ne ho viste, ma senza acqua non c’è civiltà. E noi dobbiamo andare fino alla fontana del Prete. Venne un onorevole una volta ai tempi prima della Riforma e mi mandarono a chiamare. Diceva : — Gesù, Gesù, come i porci, come i porci. — Ma poi tutto è rimasto come prima ».
     Gli fa eco un giovane, che ai miei tentativi di spiegare in che consisteva il mio lavoro, mi ha risposto : « Sono tutti imbrogli, ogni tanto viene qualcuno di qualche partito, vuole sapere tutto come sta, ma poi tutto resta come prima; sanno benissimo come stanno le cose qui, ma fanno finta di non saperlo : e questo lo fanno in tutti i partiti ».
     E Francesco S. è veramente uno degli uomini più intelligenti di S. Cataldo e dei più equilibrati. Oltre a custodire le chiavi della chiesa, è stato uno dei privati che ne hanno promosso il restauro ; possiede un libro sul Santo tarentino da cui il villaggio prende nome e ora possiede anche Baroni e Contadini, che gli ho lasciato. Sa leggere ed è forse l’unico della sua generazione. Ma quel che più conta ed è sintomatico della sua apertura mentale, è convinto che bisognerebbe far studiare uno di S. Cataldo e farlo venire a Roma, a difendere gli interessi del paese : ma è cosa difficile, a lui non è riuscito.
     La stessa idea, espressa a un gruppo di uomini giovani, ha suscitato solo scetticismo. Sarebbe bello, dicono, ma chi ha i mezzi economici? Mettetevi insieme, suggerivo io. Mi hanno obbiettato che « c’è l’invidia » e che « se uno studia, poi si vergogna di S. Cataldo e cerca di farsi di Roma o di Napoli ».
     Comunque la gente di S. Cataldo unisce alla consapevolezza di una inferiorità tecnica, economica e sociale, una mancanza di fiducia nelle iniziative promosse daH’estemo e, nello stesso tempo, una incapacità a prenderle in proprio. Spesso questo atteggiamento diventa vero e proprio ostruzionismo; nel migliore dei casi rimane indifferenza. Basta pensare che non uno dei contadini ha speso una parola durante la campagna elettorale, lasciando che la svolgessero tutta « quelli di città », per capire come essi si considerino spettatori molto più che attori di quanto accade.
     La stessa cautela e lo stesso rassegnato scetticismo accolgono qualunque proposta di trasformazione dell’economia di S. Cataldo; una riattivazione della fonte termale, per esempio, o rimpianto di pascoli e allevamenti o la creazione di piccole industrie locali. Alle proposte del genere
(5) G. Russo, Le capanne di S. Cataldo, op. cit., pagg. 190-192.
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