196 Roberto Campari l’ha sposata; subito dopo sono andati a lavorare in un deserto che hanno trasformato in un bel paese: racconto che, se pure spezzato in due scene (la seconda parte durante la sequenza delle corse, quando la ragazza è pessimista sul futuro del suo paese distrutto), ha evidentemente tutta l’aria di essere stato modellato su un western classico. Più avanti il metalinguismo diventa esplicito: durante il ballo, il soldato e la maestra escono in giardino e lui le chiede se ha mai visto film americani, nei quali c’è sempre una sequenza come quella; ma la suggestione del cinema non basta, perché lei rifiuta il bacio. Anche qui, infatti, come in Paisà, l’idillio tra la ragazza italiana e il soldato americano è senza futuro. Tornata alla sua classe, la maestra mostra la carta degli Stati Uniti, parla della bandiera, degli emigrati e di coloro che sono venuti a combattere per la loro patria che aveva bisogno di aiuto; poi legge il messaggio del generale Clark: «noi non chiederemo allTtalia che un piccolo pezzo di terra: quello necessario per seppellire i nostri morti». Mentre lo scrive sulla lavagna, arriva il soldato, che deve tornare al fronte e le dà un commosso addio; ma neanche questo consente Vhappy ending: quando la maestra ci ripensa, e corre a cercarlo, lui è già partito, come nei melodrammi bellici. Troviamo un idillio mancato tra il soldato americano e la ragazza italiana anche nel film successivo di Zampa, Vivere in pace (1946), che riscosse maggiore successo sia di pubblico sia di critica. L’entrata in scena degli americani, due prigionieri fuggiaschi, ora è quasi da fiaba: vengono trovati nel bosco dalla ragazza Silvia (Mirella Monti) e dal suo fratellino mentre vagano alla ricerca di un maialetto (che i due, digiuni da giorni, hanno catturato e cucinato allo spiedo; il primo aiuto da parte della ragazza consisterà proprio nel concedere quel cibo ai soldati). L’interesse di Silvia per Ronald, il giornalista (Gary Moore), è suggerito subito dal commento del fratello quando rimangono soli in camera da letto: «È simpatico, l’americano!». A proposito dell’altro soldato, Joe (John Kitzmiller), quello ferito, il film propone soprattutto battute sulla diversità razziale, dato che si tratta di un uomo di colore. «Quella medicina farà bene anche ai negri?» chiede il bambino, riferendosi al sulfamidico che pensano di portargli; e più tardi, quando tutta la famiglia ha accettato di aiutare i due americani, il nonno, forse memore di una campagna d’Africa, afferma ripetutamente che Joe «è un ascaro»; mentre zia Corinna (Ave Ninchi), rassicurata dal marito sul fatto che non deve avere paura di Joe perché «non è un negro, è solo un pochetto abbronzato» (battuta ripresa poi in altro contesto in Senza pietà), si domanda preoccupata come farà ad accorgersi di avere i piedi sporchi. Non c’è l’intento di servirsi del personaggio nero per equipararlo agli