Identità e futuro di una metropoli IX futuro ma, lo ripeto, per costruire un futuro desiderabile. Nella ormai lunga riflessione su Torino, la Fondazione ha maturato una importante conclusione: mentre il sistema economico-tecnologico si è molto sviluppato fino a dar vita a Tecnocity, ovvero a una delle più importanti concentrazioni di tecnologia del paese, l’anima della città, la sua cultura, non ha proceduto con la stessa velocità. Non è rimasta immobile, ma si è mossa troppo lentamente e si è attardata rispetto al sistema economico. C’è una spiegazione semplice e comprensibile: in quanto realtà economica e tecnologica Tecnocity vive quotidianamente nel mercato internazionale e ne subisce permanentemente le sfide competitive. Al contrario, il resto del sistema non subisce direttamente gli stessi stimoli e quindi si trasforma più lentamente. La cultura di ampi settori della città manca spesso di orizzonti internazionali, talvolta non sembra avere un adeguato rapporto con la complessità di un moderno sistema urbano e ancora non ha colto appieno i benefici che possono derivare a Torino da strategie di concertazione e collaborazione fra tutti gli attori sociali cittadini. Certo, vanno apprezzati i segnali di superamento di posizioni aprioristicamente antagonistiche e il conseguente miglioramento del clima culturale della città. Ma questo non è che il punto dipartenza: bisogna portare a maturazione questi sintomi di rinnovamento culturale perché solo da una «cultura della collaborazione» può nascere un progetto per il futuro. Auspicare una «cultura della collaborazione» non vuole essere soltanto una manifestazione di buona volontà e di buoni sentimenti; è piuttosto il richiamo a essere consapevoli che il futuro di Torino o sarà prospero per tutti, oppure per tutti esso sarà di declino. All’interno di una metropoli come la nostra, nessun gruppo sociale può sperare di avere un destino singolo: la sfida del futuro si vince o si perde insieme. Va aggiunto che auspicare una cultura della collaborazione non implica un rifiuto della dimensione conflittuale della società. Ma una lezione che impariamo dal confronto tra le società, tra i loro livelli di efficenza, è che là dove c’è solo conflitto e non contratto diventa impossibile prendere decisioni collettive e gestirle efficacemente. I momenti di confronto e di diversità nella fase delle scelte devono essere la premessa a una leale accettazione dei risultati del conflitto democratico. I paesi dove la forza del sistema politico-istituzionale, o la coesione del sistema sociale, consentono un processo decisionale meno lungo e costoso e una efficace gestione delle scelte concordate hanno un grande vantaggio competitivo.