ranze, dunque, sono giustificate; o meglio, lo sarebbero, se non vi fosse il terzo problema. La situazione è infatti ben diversa per il terzo disavanzo: quello dei bilanci pubblici. A parole forse molte parti sociali si ritrovano d’accordo; ma all’atto pratico il contrasto di interessi e di ideologie fa sì che ogni gruppo veda e desideri il risanamento in modi favorevoli a sé ed a spese degli altri gruppi. D’altronde, la macchina statale non ha la manovrabilità e la potenzialità di rapida ripresa che almeno teoricamente dovrebbero caratterizzare le imprese; e, nell attuale realtà sociopolitica, le sue entrate possono espandersi meno di quanto possano le esportazioni, così come le sue uscite non sono ''sostituibili'1 in modo simile alle importazioni. Purtroppo, la scarsa migliorabilità dei conti pubblici si riflette come un vincolo sugli altri due disavanzi. Le imprese trovano nel gruppo pubblico un concorrente temibile e spesso sleale, sul piano dei finanziamenti e su quello di molte produzioni; un pessimo cliente, lento, mutevole e moroso, sul piano dei mercati di sbocco; un fornitore di servizi che le grava di costi abbuonati ad altri; un socio che, come tasse, imposte e contributi, preleva una larga quota del valore aggiunto aziendale. Certo, lo Stato interviene a sostegno d’imprese e settori pericolanti; ma così finisce per punire l’imprenditoria migliore, e ciò non facilita la ripresa economica. Considerazioni ancor più severe valgono per l’influenza del disavanzo pubblico, e delle conseguenti difficoltà imprenditoriali, sui conti con l’estero. Lo Stato italiano non riesce a sostenere le esportazioni né con una politica di agevolazioni in patria, né, meno ancora, con una politica di presenza, di promozione, di appoggio continuo sui mercati esteri. Non riesce neppure ad avviare le produzioni interne sostitutive d’importazioni, anche perché i mezzi finanziari scarseggiano nelle casse pubbliche e nel sistema creditizio. E non riesce assoluta-mente ad attrarre capitali privati stranieri (o italiani con nazionalità straniera: nell attuale situazione sarebbe meglio non sottilizzare troppo), poiché non sa offrire condizioni d’investimento concorrenziali. Così ci invischiamo sempre più con i prestiti esteri di tipo pubblico, che sono ovviamente condizionanti sul piano politico, e poco benevoli nei nostri confronti sul piano delle imposizioni economiche. Sul tema dei bilanci pubblici, dallo studio del prof. Roberto De Battistini e della dott. Emanuela Guglielmino emergono dati di fatto probabilmente poco noti all’opinione pubblica, che sono fondamentali per l’impostazione e la valutazione della politica economica nazionale. Vorrei segnalare innanzitutto l’andamento nel tempo dei prezzi relativi, che è fortemente sfavorevole alla pubblica amministrazione. Esso è descritto nel capitolo primo, sotto la voce "perdita di spesa", ed è spiegato nelle relative note metodologiche. Il fenomeno della "perdita di spesa" è importante in sé: si badi che esso è indi-pendente dall esistenza di un’inflazione media nazionale. Se anche la variazione media dei prezzi fosse zero, la perdita si verificherebbe ugualmente. In sintesi, ogni lira sottratta ai privati (come imposte o come debito, non importa) e desti- 8