naie, drammaticamente accentuato ed accelerato dalla crisi petrolifera, del quale sono manifestazioni (e al tempo stesso, concausa) la crisi del sistema monetario internazionale e la ristrutturazione (in termini sia merceologici sia geografici) del commercio internazionale. Tali trasformazioni — che ovviamente si riflettono direttamente sulla struttura, oltre che sui saldi complessivi, delle bilance dei pagamenti nazionali — hanno messo in luce la diversa capacità di « tenuta » dei sistemi produttivi nazionali sui mercati mondiali, e soprattutto il diverso grado di « elasticità » dei sistemi economico-sociali — intesa come capacità di adattamento al modificarsi delle condizioni globali e di sopportarne i relativi « costi» (1). In questo contesto si inserisce il problema — assai più complesso — del consenso e dell'accettazione delle modificazioni nella distribuzione del reddito tra gruppi sociali, e quindi anche della distribuzione dell'onere connesso con le trasformazioni economiche necessarie per il singolo paese al fine di raggiungere una soddisfacente collocazione nel nuovo assetto economico internazionale. È chiaro infatti che un insufficiente consenso sulla distribuzione di tali « costi » tra gruppi sociali contribuisce significativamente a rallentare il processo di trasformazione strutturale e si riflette nel breve periodo sulla bilancia dei pagamenti, nel senso che l'operare dei meccanismi di « tutela » per i singoli gruppi tende ad annullare gli effetti delle politiche economiche attraverso la sequenza costi-prezzi-costi, traducendosi, quindi, rapidamente in un disavanzo della bilancia dei pagamenti o in una caduta del tasso di cambio. In tale situazione generale la posizione dell'Italia non poteva non rivelarsi particolarmente difficile. Ciò principalmente a causa del venir meno, alla fine degli anni sessanta, delle condizioni che avevano reso possibile il tradursi della scelta fondamentale della liberalizzazione degli scambi e dell'integrazione a livello europeo in un ritmo di crescita eccezionalmente elevato, senza che peraltro a tale sviluppo si fossero accompagnate trasformazioni strutturali (1) Giustamente Salvati (1975, pp. 15-17) ha sottolineato, con riferimento all'economia italiana, l'esistenza di un parziale « trade-off » tra solidità iniziale della struttura economica e « flessibilità » socio-politica, nel senso che l'adeguamento a nuove condizioni impone costose trasformazioni la cui entità dipende dalla solidità iniziale della struttura economica, cosicché da quest'ultima viene anche a dipendere il grado minimo di « flessibilità » socio-politica necessario per consentire l'adeguamento alle nuove condizioni. 4