perché non permette agli elettori di influire sull’elezione di singoli candidati, sia perché rende gli eletti strettamente dipendenti dai partiti nazionali di origine, ai quali dovrebbero rispondere del loro mandato. Questa tesi di Chiti Battelli viene successivamente ripresa e sottolineata da Arrigo Levi, il quale ritiene di grande importanza « massimizzare » il ruolo degli elettori nella scelta dei candidati, anche per evitare le « cristallizzazioni delle fedeltà e dei legami politici a livello nazionale e secondo i vecchi modelli ». Levi sostiene che l’utilizzazione di un sistema elettorale o di un altro non è una semplice questione di ingegneria elettorale, ma deve essere valutato alla luce delle conseguenze che l’uno o l’altro inevitabilmente hanno sul piano politico che, in questo caso, significa favorire o meno lo sviluppo di un sistema di partiti a livello europeo. Il prof. Umberto Gori, dal canto suo, sottolinea l’importanza dell’elezione a suffragio universale partendo da un’analisi di filosofia politica. Svolta in questo modo, l’elezione diventa lo strumento fondamentale attraverso il quale la Comunità europea può « riappropriarsi della base sociologica degli Stati membri » e legittimare una propria sovranità istituzionale. Gori ricorda le teorie secondo le quali la base sociale di un’entità sovrana è costituita dal popolo, nel sistema di relazioni che esso stabilisce con gli attori politici e i centri decisionali, nella loro dimensione comunitaria e societaria. In questo modo il concetto di sovranità si definisce come un potere non solo istituzionale ma anche sociologico. Egli sottolinea anche che l’integrazione dovrebbe essere considerata non come un processo fine a sé stesso, ma come un risultato: il risultato di un trasferimento di autorità; questo, d’altra parte, non ha come unico sbocco lo « stato regionale » essendovi anche altri modelli di integrazione: la « comunità regionale » (priva di un’autorità centrale, ma le cui unità sono altamente differenziate e interdipendenti), e la « sovrapposizione regionale asimmetrica » (nella quale sia il centro che le unità sono dotate di autorità). A conclusione di questa prima parte — o meglio, di questo primo filone del dibattito (rapporti fra le elezioni e i problemi dello sviluppo della Comunità) — può essere collocato l’intervento del prof. Cesare Merlini, dell’IAI, dato il carattere degli interrogativi che esso ha posto. Merlini ha osservato che la relazione dei federalisti rappresenta sostanzialmente un « modello » nel senso che agli autori interessa determinare se la loro previsione è possibile, e quindi vale la pena di impegnarvisi politica-mente, oppure se è irreale. Il modello si compone di tre assunti: 1) le 39