atteggiamento che si traduce, a suo avviso, in una «mancata difesa dei non occupati», con un rapporto fra occupati e occupabili a sfavore di questi ultimi, e un accentuato divario fra Nord e Sud, fra anziani e giovani, ecc. «Se altrove — ha osservato Carli — nonostante aumenti di produttività superiori ai nostri, si è giunti ad una contrazione dell'occupazione e se, dopo il 1969, i nostri salari hanno raggiunto livelli europei, non ci si deve meravigliare se il nostro sistema si è concentrato sempre più sul massimo risparmio della forza lavoro, per mantenere un minimo di capacità di concorrenza, con margini di libertà inferiori». Sul raggiungimento dei livelli retributivi europei, il dott. Benedetto De Cesaris, segretario generale dell'ASAP, ha osservato che, secondo uno studio del prof. Fuà, sarebbero occorsi oltre 50 anni perché i nostri lavoratori potessero legittimamente godere delle condizioni retributive degli altri paesi industriali (e si chiede che cosa avremmo dovuto — o dovremmo — escogitare nel frattempo, ma torneremo sull'argomento). Nella sua replica Carli ha rilevato che se il reddito si concentra su determinati occupati, altri saranno sacrificati, per non parlare di quanti restano del tutto privi di reddito o devono contentarsi di lavoro nero. Aver raggiunto il livello retributivo europeo è — secondo Carli — una forma di « integrazione imperfetta nella CEE » che, lasciando da parte giudizi e responsabilità, è un fenomeno che non può non produrre «correttivi» fra i quali l'incapacità del sistema di assicurare occupazione ed eguaglianza. Ricollegandosi al discorso sul calo dei profitti in tutti i maggiori paesi industriali, l'ing. Nicola Cacace, direttore dell'ISRIL, ha anche citato altri dati che, a suo avviso, non vanno trascurati per una corretta valutazione dello sviluppo degli eventi: nel giro di 10 anni, le nostre multinazionali hanno capovolto il rapporto fra produzione «interna» e produzione «all'estero». Anche per effetto di ciò l'industria dell'auto occupa oggi 230.000 dipendenti contro i 250.000 di qualche anno fa. Vi è poi, sempre secondo Cacace, tutto un capitolo sui «dati che mancano»: dal record negativo degli imprenditori italiani in termini di «non risposte» ad un'inchiesta CEE sulle multinazionali, alla mancanza di dati su fatturato ed investimenti all'estero delle nostre multinazionali (che ha impedito alla Banca d'Italia di portare a termine un'indagine in proposito). Peggio ha ricordato le previsioni del governatore della Banca d'Italia, Baffi, relative ad un tasso di sviluppo limitato al 3 % per parecchi anni: prospettiva che, secondo il parlamentare comunista, può essere accettata razionalmente ma nella consapevolezza che è al limite della 8