vedere con l'originale ipotesi kaldoriana. Per contro, seguendo Modigliani e Tarantelli, se si cerca di andare oltre alla approssimazione di cui sopra, e si stima con maggiore precisione la distribuzione del reddito tra capitalisti e lavoratori, i risultati appaiono contradditori e difficilmente inquadrabili in uno schema kaldoriano. Risulta assai significativa la variabile che fa riferimento al livello di disoccupazione esistente nel sistema economico. La validità di questa variabile che dovrebbe rappresentare l'effetto dell'esistenza di un notevole numero di disoccupati strutturali può far nascere l'ipotesi che la distinzione rilevante per la distribuzione del reddito non risponda alle caratteristiche ipotizzate da Kaldor. Si potrebbe infatti suggerire che la distribuzione del reddito entri come variabile esplicativa del consumo quando si distingua tra reddito « regolare » (da profitti e da salari) e reddito « irregolare ». Questo ultimo è caratteristico di una fascia di popolazione ufficialmente disoccupata o marginalmente occupata che ottiene redditi variabili e saltuari tramite il lavoro nero od attività ad esso assimilabili. Passando alle variabili monetarie l'evidenza empirica presentata escluderebbe il saggio di interesse, reale o nominale, come variabile esplicativa del consumo. La ricchezza per contro è stata trovata essere assai significativa in tutte le equazioni in cui è stata inclusa confermando così l'ipotesi dell'esistenza per l'Italia di un Wealth Effect sul consumo ipotizzato da Pigou e Patinkin, o come si è già detto, di una teoria del « ciclo vitale ». Concludendo si può affermare che, analizzando le singole funzioni stimate per l'Italia, non risulta che una singola teoria sia totalmente valida, ma che in ogni approccio vi sono elementi che, tenuto conto della realtà istituzionale dell'Italia possono essere mutuati per spiegare la funzione del consumo nel nostro paese. guJ