106 MORFOLOGIA DI UN’AREA MARGINALE
l’industria, che si riferisce alla forza del lavoro effettivamente occupata in loco. Da questo censimento risulta che tra il 1937 ed il 1951 l’occupazione manifatturiera era passata da 35 mila a circa 42 mila addetti. La stazionarietà della situazione è rivelata non soltanto dall’esiguità in senso assoluto dei tassi di incremento (18,9% poco più dell’1% annuo), ma altresì dal fatto che esso era quasi esattamente proporzionale all’incremento demografico verificatosi nel medesimo periodo nella provincia (da 705 a 836 mila individui: 18,7%). Si trattava cioè di una variazione più apparente che reale, un semplice adattamento passivo all’accresciuta popolazione della provincia.
    Questa stazionarietà si traduceva in una perdita secca di posizioni rispetto al resto del paese che già si avviava, con la ricostruzione post-bellica, verso un sempre maggiore sviluppo economico. Dall’esame della struttura produttiva della provincia di Salerno appare invece che la ricostruzione si era praticamente limitata al consolidamento del vecchio nucleo industriale, formato da una dozzina di imprese alimentari e tessili con oltre 500 dipendenti, e da poche decine di imprese superiori ai 50 addetti; la loro occupazione complessiva non raggiungeva le ventimila unità. Quasi tutto il resto, ossia il 97,5% delle unità locali, non superava i dieci addetti, e meno del 20% disponeva di forza motrice. La carenza di forza motrice, in particolare, rappresentava uno degli aspetti maggiormente negativi dell’industria salernitana, non soltanto rispetto all’industria nazionale ma anche rispetto all’industria allora esistente nel resto del Mezzogiorno (cfr. tab. 3.1). L’unico miglioramento nei confronti del passato si aveva nel rapporto medio di addetti per impresa, che aumentava dal 2,6 del 1937 a circa 3,8 a causa dell’inversione di tendenza verificatasi rispetto alla precedente proliferazione di unità locali; queste scendevano dalle 13.870 di prima della guerra mondiale a 11.120.
    Anche la ripartizione per settori riconfermava sostanzialmente la struttura già delineatasi nel passato. Il settore alimentare tradizionale rimaneva preminente, con oltre un quarto dell’occupazione totale. Ora però gli si affiancavano alcuni tabacchifici, sorti prima della guerra ma sviluppatisi soprattutto dopo il conflitto per sfruttare industrialmente le piantagioni di tabacco della bonificata Piana del Seie. Gli oltre 6.000 addetti ai tabacchifici sembravano nel 1951 l’unica attività promettente nel panorama industriale della provincia, sia per la rapida espansione del settore e sia per la prevalente ubicazione degli stabilimenti a sud di Salerno, che contrastava con la generale tendenza delle altre industrie ad insediarsi nella parte nord della prò-