320 CONTESTO SOCIALE meno della cessione a terzi della propria impresa sia relativamente diffuso in due situazioni produttive molto differenti, ed abbia pertanto un differente significato socio-economico. L’esame delle connessioni tra categorie imprenditoriali e classi d’ampiezza delle imprese va ora integrato con quello delle connessioni tra categorie imprenditoriali e andamento effettivamente perseguito dalle imprese. Questa informazione ci è data dalla tabella 11.2. A differenza del rapporto tra categorie imprenditoriali e dimensioni d’impresa, qui notiamo un sensibile scostamento dal modello ipotizzato dal Farneti. La categoria dei fondatori infatti non risulta significativamente associata a nessun andamento in espansione e nemmeno ad andamenti razionalmente orientati. Si nota al contrario che essi rappresentano la totalità degli imprenditori nella classe E, dove il modesto incremento di fatturato è reso possibile dallo sfruttamento parassitario di alcuni risvolti secondari del mercato locale, ed è perseguito con un semplice aumento di mano d’opera. Essi sono inoltre particolarmente numerosi nella classe D, dove gli investimenti leggermente superiori alla media generale si sono accompagnati ad una drastica riduzione della mano d’opera ed hanno avuto l’effetto meramente difensivo di mantenere il fatturato al livello dei tre anni precedenti. Se poi, anziché calcolare la percentuale dei fondatori facendo 100 l’insieme degli imprenditori in ogni singola classe d’andamento, capovolgiamo l’ottica di osservazione, facendo 100 l’insieme dei fondatori, e calcoliamo come essi si distribuiscano percentualmente nelle classi di andamento, troviamo che appena un quarto di essi dirige imprese che perseguono con successo una politica razionalmente acquisitiva (classi A e C). Oltre il 20% si trova in imprese stazionarie e l’ll% in imprese sulla via del collasso. Sotto questo rispetto si può pertanto considerare confermata la supposizione che gli interventi correttivi attuati per ridurre la marginalità della zona in esame hanno alterato sensibilmente il quadro tradizionale dell’imprenditorialità capitalistica « spontanea », senza ottenere peraltro quel decollo economico che ci si riprometteva. L’assunzione che il fondatore di un impresa si leghi in modo significativamente maggiore di altre categorie imprenditoriali all’espansione appare smentita dai fatti. Questa conclusione non toglie però che la condizione di erede non rispetti a sua volta l’aspettativa teorica di un’associazione con andamenti d’impresa relativamente rallentati o stazionari. Mentre sul totale degli imprenditori esaminati gli eredi sono il 22,5, essi aumentano al 29,8% nelle imprese stazionarie, ed al 27,2% in quelle recessive. Questa tendenziale