appunto quello di approfondire il fenomeno della migrazione per studio, per conoscerne meglio la fisionomia, le dinamiche, le specificità e l'impatto sul sistema produttivo e sulla società del territorio. La ricerca ha cercato in particolare di comprendere le motivazioni degli studenti internazionali nella scelta dell'Italia, della città di Torino e dei due atenei torinesi -l'Università degli Studi di Torino e il Politecnico di Torino - in quanto contesti di destinazione della mobilità per studio. Sono inoltre state prese in considerazione le esperienze di studio e di vita degli studenti, nonché la propensione degli giovani iscritti nei due atenei a trattenersi a Torino e in Italia dopo il conseguimento della laurea, in corrispondenza della ricerca del lavoro e del primo inserimento professionale. Nel dibattito internazionale, le politiche di attrazione degli studenti stranieri sono sempre più evocate come strumento di reclutamento dall'estero nella "competizione globale per i talenti" (Douglass, Edelstein, 2009) e come canale di impiego di lavoratori altamente qualificati nel mercato del lavoro dei Paesi di destinazione (Sykes, Ni Chaoimh, 2013). Tuttavia, vari studi hanno messo in evidenza come gli studenti al momento della loro partenza non intendano necessariamente stabilizzarsi nel Paese in cui andranno a studiare (Bijwaard, 2010; Ho, 201 1), mentre la scelta di fermarsi a lavorare dove si sono compiuti gli studi è soprattutto il risultato delle opportunità e degli ostacoli che si incontrano nel Paese di destinazione e che emergono lungo il percorso di studi (Van Mol, 2014). Inoltre, gli studenti sono una popolazione generalmente dotata di un maggiore "capitale di mobilità" - inteso come insieme di competenze acquisite attraverso l'esperienza di mobilità per studio, potenzialmente utili anche a organizzare e gestire un successivo progetto migratorio - rispetto ai colleghi autoctoni in Italia e ai colleghi connazionali in patria. Questo capitale può essere mobilitato, ri-attivando un percorso migratorio al termine degli studi, con l'obiettivo di collocare al meglio le proprie competenze sul mercato del lavoro internazionale, oppure con lo scopo di rimpatriarle e orientarle al Paese di partenza. In ragione di queste caratteristiche, dunque, quella degli studenti internazionali è una popolazione particolarmente volatile, più di quanto non lo sia qualunque individuo appartenente a una fascia d'età in cui i percorsi di vita sono ancora molto fluidi e soggetti a vari cambiamenti. Dal punto di vista del territorio di accoglienza, la questione che si pone è in quale misura gli studenti che sono stati attratti, accolti e formati dagli atenei torinesi costituiscano anche una risorsa effettiva che può essere re-investita a beneficio dell'economia di destinazione e in quale misura politiche mirate di integrazione nell'università e nell'economia, oltre che nella società più ampia del Paese di arrivo, possano contribuire a sostenerli e trattenerli. Come per le istituzioni dell'educazione terziaria, anche per il sistema imprenditoriale l'internazionalizzazione si configura oggi come una strategia necessaria ai fini del rilancio dopo una lunga crisi (Unioncamere Piemonte, 2014). Se pure il reclutamento di personale straniero non è che uno degli aspetti nei processi e nelle strategie di internazionalizzazione d'impresa, l'inserimento lavorativo di studenti stranieri formati in Italia è generalmente considerato uno strumento per innalzare i livelli di produttività e competitività delle imprese che già operano o che intendono aprirsi a mercati internazionali. A questo proposito, come già evidenziato nell'ultimo rapporto di ricerca FIERI - Camera di commercio di Torino (2013), la letteratura sul diversitymanagement ha messo in evidenza come la diversità del personale all'interno delle aziende - in termini di genere, età, ma anche di background linguistico, sociale, culturale, religioso - possa costituire un vantaggio competitivo (Monaci, Zanfrini, 201 4). 10