esposti. I due tipi di risposta ora delineati rimandano, d'altra parte, alla distinzione fra "politiche di sicurezza" e "politiche di prevenzione" di cui si diceva all'inizio e, soprattutto, al particolare "miscuglio" che, privilegiando l'una o l'altra, viene concretamente attuato dalle istituzioni Generalmente, soprattutto nella letteratura1 di orientamento politologico o criminologico, si tende ad attribuire E privEegio accordato ad una o all'altra deHe politiche, nei diversi contesti temporali o spaziali, a fattori quali gli orientamenti criminologici prevalenti in una certa comunità nazionale o E tipo di attore istituzionale che si assume la responsabilità di rispondere al sentimento di insicurezza. Si corre così E rischio di tralasciare ciò che, a parere di scrive, dovrebbe costituire l'elemento essenziale, E motivo primo di ogni politica e cioè la precisa identificazione di quale sia l'effettiva domanda di sicurezza proveniente dai cittadini. Come si è cercato di argomentare, non è affatto irrilevante stabilire se i cittadini sono affetti da una generica "preoccupazione per la criminalità" o, viceversa da una specifica "paura della vittimizzazione". D'altra parte è ragionevole ipotizzare che anche E sentimento di insicurezza provato dai cittadini sia un particolare miscuglio di "preoccupazione" e "paura", ma come è possibEe stabilire la politica più adeguata in una data situazione, E mix di "prevenzione" e "rassicurazione" più appropriato, se non si conoscono le caratteristiche deUa particolare mistura di ragioni, sentimenti ed emozioni che alimentano l'insicurezza? Come è possibEe dosare gli interventi di politiche così diverse, stabilire gli attori istituzionali che devono farsene carico, se non si conosce quanto prevale, fra i cittadini cui quegli interventi sono destinati, la generica preoccupazione rispetto alla specifica paura di essere assaliti o derubati? Quando si afferma che una certa percentuale di popolazione (generalmente a due cifre) si sente insicura, a quale deHe due dimensioni deH'insicurezza si fa riferimento? Quando si dice che della stessa popolazione un'altra percentuale (generalmente a una cifra) ha patito l'esperienza del crimine, a quale deHe. due dimensioni deH'insicurezza si attribuisce la differenza? Le risposte (o i tentativi di risposta) a queste ultime domande costringono inevitabilmente a riflettere suHa conseguenza di tipo metodologico derivante daU'importante distinzione teorica fra "preoccupazione per la criminahtà" e "paura della vittimizzazione". Tralasciando possibili indicatori di tipo secondario (per esempio: numero di assicurazioni contratte, quantità di dispositivi di difesa venduti, etc.), E senso di insicurezza dei cittadini viene generalmente rilevato direttamente raccogliendo le risposte fornite daHe persone a opportune domande. Una domanda tipicamente usata a tale scopo è la seguente2: «Lei quanto si sente sicuro/a camminando, quando è buio, nella zona in cui vive?» cui viene chiesto di rispondere sceghendo fra: "per niente", "poco", "abbastanza" e "molto". La percentuale di risposte "poco" o "per niente" sicuro viene considerata una buona stima del numero di persone affette daH'insicurezza per la criminahtà. Dato che E testo deUa domanda è -C- 1 Un interessante panorama delle politiche attuate, negli ultimi anni in alcuni Stati dell'Unione Europea, è offerto dalla sezione "Sicurezza urbana e nuove forme di prevenzione in Europa" sul numero 1, aprile 1999, della rivista "Polis", cui si rimanda. 2 Con tale formulazione la domanda è stata posta ad un campione di bolognesi in un'indagine condotta da Barbagli e Pisati nel 1994. Gli stessi autori ricordano come tale domanda sia la stessa utilizzata dalle indagini condotte negli ultimi quindici anni sia negli Stati Uniti che in altri paesi (cff. Barbagli M., Pisati M., 1995, p. 252). 8