Rapporto Tecnico, Anno 8, n° 46; Ottobre 2013

una forte selezione prima di arrivare al successo dell’industrializzazione da cui la necessità di generare un
gran numero d’idee innovative iniziali perché si superi il numero critico necessario per avere statisticamente
nuove tecnologie di successo. Ora le valutazioni selettive che si possono fare sulle idee innovanti nella loro
fase iniziale sono poco affidabili a causa della grande incertezza che le accompagna. Questa si riduce
soprattutto con la R&S piuttosto che attraverso un processo valutativo di selezione. La possibilità di aiutare il
finanziamento di fattibilità o prefattibilità di queste idee in grande numero rappresenta il miglior modo per
selezionare con efficienza i progetti che meritano uno sviluppo più approfondito. Su questo tema è poi
possibile fare ulteriori osservazioni. I costi dei progetti di R&S nella fase di fattibilità sono relativamente
limitati rispetto a quelli delle fasi successive e perfino una PMI potrebbe affrontarli. Spesso la PMI vi
rinuncia proprio perché si rende conto dell’impossibilità di poter finanziare i costi di sviluppo da cui
l’importanza di avere aiuti proprio nella cosiddetta “Valle della Morte” piuttosto che nelle fattibilità. D’altra
parte molte idee innovanti che nascono dalla ricerca non hanno un supporto sufficiente di studi di
prefattibilità per renderle appetibili all’industria da cui l’interesse di aiutare questa fase iniziale.
L’innovazione tecnologica nella PMI sarebbe rinforzata se essa avesse a disposizione idee innovanti già
parzialmente sviluppate da organismi di ricerca su contratto per convincerla a investire, e la possibilità di
avere aiuti per la costosa fase di sviluppo per portare l’innovazione verso l’industrializzazione.

CAPITOLO 8. CONCLUSIONI
Lo studio di questi due casi ha messo in evidenza alcuni aspetti importanti che limitano il trasferimento delle
conoscenze scientifiche dell’università al mondo della tecnologia delle PMI. Da una parte abbiamo
l’università per cui la R&S costituisce un terzo lavoro, dopo la didattica e la ricerca scientifica che ne limita
la motivazione. Si osserva così un diffuso approccio alla R&S come mezzo per incrementare le attività di
ricerca attraverso tesi o lavori scientifici che non sempre rispondono ai bisogni reali della PMI. Inoltre, la
ricerca scientifica svolta non necessariamente corrisponde a campi che interessano l’attività della PMI.
D’altra parte la PMI rimane ancorata al suo modo tipico di fare innovazione tecnologica con il LbyD
evitando in un certo modo la R&S, che la obbliga alla ricerca su contratto, senza prendere maggiormente in
considerazione innovazioni con un più elevato grado di radicalità e quindi di competitività. In Italia vi è una
carenza di organizzazioni ponte tra università e industria, mancano i grandi centri di ricerca privati come
negli Stati Uniti o in Germania, i centri tecnici per l’industria come in Francia, ne esistono scuole
universitarie professionali dedicate alla R&S piuttosto che alla ricerca scientifica come in Svizzera. Spin off
universitari come è il caso del NISLabVCO possono essere utili, tuttavia dovrebbero essere dotati di
maggiori mezzi e finanziati anche con aiuti pubblici per lo sviluppo di innovazioni a uno stadio da renderle
attrattive per l’industria. Si potrebbe addirittura considerarli generatori di start up con capitali rischio
contribuendo in maniera importante allo sviluppo tecnologico e imprenditoriale del paese. Infine non bisogna
dimenticare come molti problemi che la PMI ha per la R&S si possono risolvere attraverso cooperazioni,
come è stato il caso del Consorzio Ruvaris, e come in questo campo non basta favorire aiuti specifici alle reti
di aziende che si sono formate ma anche intervenire con aiuti per la loro formazione che rappresenta una
tappa limitante per il loro sviluppo. Riassumendo, e considerando l’offerta e la domanda di R&S della PMI
come un normale mercato di servizi, possiamo affermare che da una parte l’offerta è carente per la mancanza
di laboratori dedicati specificatamente ad essa, considerando che l’università, con i suoi obiettivi prioritari di
didattica e ricerca scientifica, non è certo adatta per uno sviluppo specifico di questo mercato. D’altra parte la

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