Il confronto relativamente favorevole della dinamica esportativa delle imprese minori rispetto alle maggiori non può però essere letto solo in chiave positiva. Esso rispecchia purtroppo la debolezza del termine di paragone, e cioè le grandi imprese italiane, la cui capacità di penetrazione nei mercati esteri è risultata notevolmente appannata durante gli anni settanta. Ciò si deve a diversi motivi, tra i quali il fatto che esse «non hanno ancora realizzato completamente strutture per esportare “marketing oriented’’ e che il mix delle loro politiche di commercializzazione quasi mai tiene conto di tutti i componenti allo stesso livello: prodotto, distribuzione, organizzazione commerciale, pubblicità e promozione, prezzo, assistenza tecnica». Vi è quindi anche un ritardo manageriale alla base della fragilità della presenza delle grandi imprese italiane sui mercati esteri, fragilità che si estrinseca in una ancor troppo elevata dipendenza da fattori quali i prezzi ed i corsi delle valute. L’analisi delle esportazioni delle imprese meridionali, oltre a confermare la loro scarsa incidenza sul totale nazionale (8 % del valore nel 1978), dimostra che soprattutto in questo campo non è lecito parlare del Mezzogiorno come se si trattasse di un aggregato dotato di una sia pur minima omogeneità. Metà delle esportazioni meridionali complessive (dati ICE) provengono dalla Sicilia, oltre un terzo dalla sola provincia di Catania. La distribuzione per settori è ancora più squilibrata, e mostra l’esistenza di tre modelli di esportazione ben differenziati. Un modello che privilegia la piccolissima impresa e l’artigianato, localizzato sulla costa adriatica a nord del Gargano, un modello che privilegia i prodotti agricoli, ortofrutticoli e alimentari, che interessa principalmente la Calabria e in misura minore Puglia, Campania e Basilicata: un modello fondato su industrie a maggiore intensità di capitale, che interessa soprattutto le isole, e ancora la Puglia, la Campania e la Basilicata, e dietro il quale è agevole intuire una determinante presenza di imprenditorialità importata. Evidentemente, questi modelli esportativi sono alimentati da strutture imprenditoriali profondamente diverse, a loro volta espressione di differenti sistemi socio-economici. La realtà meridionale appare quindi composta di entità che difficilmente appaiono fra loro as- 9