blico a sostenere finanziariamente l’iniziativa, nonché a garantirne gli sbocchi in termini di domanda. Un simile tipo di complementarietà sul piano degli apporti, che vede i gruppi terzi in una posizione generalmente dominante sotto l’aspetto tecnologico, si traduce in un rafforzamento della posizione di tali gruppi all’interno del processo decisionale dell’impresa comune. Ciò appare abbastanza chiaramente se si osserva il ruolo svolto dai diversi partners nella nomina dei vertici societari (tab. 12). Mentre per il presidente la responsabilità di nomina era pressoché equamente distribuita tra il gruppo pubblico, gli altri partners e soluzioni di tipo misto (cioè concordate), per l’amministratore delegato ed il direttore generale è possibile individuare soluzioni che appaiono prevalere sulle altre. Nel primo caso (amministratore delegato) la responsabilità di nomina spettava in prevalenza agli altri partners, nel secondo (direttore generale) in misura pressoché uguale agli altri partners ed a soluzioni di tipo concordato. In definitiva, dunque, nella maggior parte delle società osservate, i massimi vertici decisionali erano designati o diretta-mente dagli altri partners, o comunque in accordo con questi ultimi. Una simile situazione, se da un lato può essere suscettibile di generare dei problemi sotto il profilo del perseguimento degli interessi di natura generale di cui il partner pubblico dovrebbe essere portatore, d’altra parte consente, almeno potenzialmente, di minimizzare i rischi di insuccesso dell’iniziativa comune, rischi che sono tanto più elevati quanto più stretto è il coinvolgimento dei diversi partners nel processo decisionale. Non a caso tra le imprese esaminate compaiono quelle che hanno mantenuto più a lungo la formula associativa. Per contro, le cause del fallimento delle principali joint-ventures paritetiche costituite in passato con gruppi privati per il coordinamento e la ristrutturazione dei rispettivi interventi in certi settori (tipici i casi IRI-Fiat, ENI-Occidental ed ENI-Tonolli), oltre alla negativa situazione economica, viene indicata la difficoltà di coordinamento dei partners nella gestione (22). (22) Circa l’Aeritalia e la GMT, A. Mosconi (1978) osserva che “queste società al 50% con l’IRI erano sorte con l’intento di valorizzare il patrimonio ingegneristico e tecnologico accumulato dalla FIAT nell’aeronautica e nella motoristica navale, 31