Quando la seconda guerra mondiale era alla fine, poiché i distorti rapporti economici fra i sistemi erano fra le cause principali di quella immane tragedia, furono posti allo studio « progetti » per la costituzione di un ente internazionale che giovasse ad una politica monetaria e finanziaria comune: rendendo il più possibile liberi i rapporti di scambio (capitali, merci e persone) fra i vari Stati. Nel ’44, pertanto, dopo lunghi lavori, si gettarono le fondamenta — a Bretton Woods nel New Hampshire — del Fondo Monetario Internazionale, che si basò su suggerimenti provenienti da almeno sei progetti precedenti. E concretò alcune idee geniali del Keynes. Si legga nella vita del grande economista, scritta dall’Harrod, il capitolo giust’appunto su Bretton Woods. Abbandonando però quest’analisi erudita, aggiungiamo solo che gli Stati che aderiscono al Fondo s’impegnano a seguire certe linee di comportamento. Versano una parte delle loro riserve auree e della loro valuta nazionale al Fondo. Partecipano ad un sistema di cambi fissi e non lo mutano con criteri arbitrari. In compenso, divengono membri di una istituzione cooperativa internazionale che possiede ampie riserve di oro e di divise (per l’appunto un « fondo ») alle quali attingere nel caso in cui ci si trovasse in difficoltà monetarie. Non si deve pertanto più ricorrere a misure restrittive. Uno dei principali obblighi del Fondo si esprime infatti così: facilitare la espansione e lo sviluppo bilanciato del commercio internazionale, in quanto ciò conduce ad alti livelli di occupazione e di reddito reale, e sviluppa le risorse produttive di tutti gli Stati membri. In un certo senso, dunque, il Fondo ha per fine supremo la prosperità economica del mondo intero. La carta statutaria del Fondo, nei suoi vari articoli, entrò in vigore sul finire del ’45. Si deve quivi ritrovare, pertanto, l’origine di certi eventi, che si manifestarono, poi, in tutti gli anni successivi: anche nella recentissima crisi. Altro esempio: i grandi Stati (fra cui Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania Occidentale, Francia, ecc.) nominarono presso il Fondo un governatore (per solito, il ministro delle Finanze) ed un vicegovernatore (per solito, il governatore della banca centrale). I rappresentanti degli altri Stati sono, per contro, a rotazione, per raggiungere il numero convenuto di una ventina di membri. Inoltre, per l’esercizio corrente del Fondo, fu nominato dai governatori un Consiglio esecutivo che ha un suo presidente ed amministratore del Fondo. Furono poi educati funzionari di particolare esperienza, a dirigere i vari reparti. Oggi il Fondo accoglie almeno un migliaio di funzionari: una burocrazia poco numerosa ma estremamente efficiente. Ecco, allora, nella loro origine, i tre gruppi sociali che, inevitabilmente, manifestarono differenti « premesse di valore » nella loro azione concreta. Tutti aspirano beninteso alla prosperità mondiale. Tuttavia, il gruppo dei politici la persegue ponendo l’accento, in particolar modo, sullo sviluppo e sull’occupazione dei singoli Stati. Il gruppo dei banchieri, per contro, è particolarmente sensibile alla stabilità dei prezzi interni al « loro » sistema ed all’equilibrio della « loro » bilancia dei pagamenti. Giudica il conseguimento di questi fini immediati la « via migliore » per raggiungere una elevata occupazione ed un forte ed equilibrato incremento del reddito nazionale, che si desidera. Quanto al Comitato esecutivo del Fondo ed alla sua burocra- 4