sia stato un processo di convergenza tecnologica fra settori industriali diversi. Rosenberg studiando quattro settori della meccanica (armi, macchine da cucire, biciclette e automobili) ha constatato come si sia passati da un'organizzazione verticale tipica dei sistemi pre-industriali in cui ogni settore ha le sue professionalità, le sue conoscenze tecnologiche, il suo saper fare specifico ad una frantumazione (disintegrazione verticale secondo Stigler) delle varie fasi dei processi industriali ed infine ad un loro riaccorpamento indipendentemente dai prodotti finali. Questo avvenne nelle economie industriali grazie essenzialmente all'introduzione di un numero relativamente piccolo di macchine utensili che nei vari settori dovevano affrontare sostanzialmente gli stessi problemi tecnici. In tal modo settori precedentemente molto diversi si trovarono intimamente collegati o, per dirla con Rosenberg, tecnologicamente convergenti grazie all'uso di macchine utensili sostanzialmente uguali. Questo ha permesso non solo la costituzione di un'industria delle macchine utensili che forniva imprese di ogni tipo, ma anche l'avvento di un sistema di diffusione dell'innovazione tecnologica incorporata nelle macchine poiché ogni miglioramento, ogni soluzione specifica per una data lavorazione o un dato cliente poteva essere trasmesso al resto dell'industria. L'analisi storica di Rosenberg, confermata anche da altri studi (Hounshell), è alla base della sua teoria sulle convergenze tecnologiche che costituisce una delle basi del pensiero economico attuale in relazione al cambiamento tecnologico insieme alla teoria dei paradigmi tecno-economici elaborata da Freeman ed altri ricercatori dello SPRU. Proprio da questo istituto inglese del resto sono venute altre conferme sul ruolo nodale delle macchine utensili nell'innovazione tecnologica. Infatti dalla banca dati dello SPRU sulle innovazioni tecnologiche in Gran Bretagna emergono chiaramente il peso della produzione