media CEE. Il 55% di essi è composto da prodotti trasformati, passati nel 1991 a 100 mila miliardi di lire circa (di cui circa 55.000 utilizzati per consumi extra-domestici). Nell'ambito comunitario, l'Italia sembra occupare un posto intermedio fra paesi con una composizione della spesa alimentare maggiormente orientata verso il prodotto trasformato (e quindi con un contributo di valore aggiunto significativo) e paesi più orientati all'utilizzo di prodotti freschi. Siamo anche buoni acquirenti di prodotti ad alto valore aggiunto o appartenenti ai segmenti alti dell'offerta e quindi il mercato italiano è di particolare interesse per i gruppi esteri. L'aumento registrato attorno agli anni '90 dai prodotti alimentari trasformati, più deciso rispetto al suo trend tradizionale di sviluppo, è da attribuire sia all'incremento dei consumi fuori casa (già accennato), sia al forte incremento registrato negli stessi anni dal reddito disponibile delle famiglie italiane e potrà continuare solo a patto che l'industria italiana, ma più ancora l'economia e la società, sappiano superare la grave crisi economica e di identità che si va man mano manifestando. Secondo la stima del Ministero dell'Industria, ammonta a circa 153 mila miliardi la spesa alimentare transitata attraverso il dettaglio nel 1991, di cui il 30% circa attraverso supermercati e ipermercati. Queste ultime strutture, sempre nel 1991, ammontavano a 3.647 unità, mentre il dettaglio alimentare in sede fissa raggruppava 298.061 punti di vendita. Nonostante il nostro paese sia relativamente piccolo, se confrontato con altre realtà sia europee che extraeuropee, sinora ha mostrato differenze talvolta molto marcate nelle abitudini alimentari delle varie aree territoriali. Si tratta di una segmentazione che in prima approssimazione ha distinto il Nord dal resto della penisola. Il primo, più ricco, dotato di migliori servizi, una struttura distributiva avanzata e accattivante ed almeno un altro mercato al Sud con i più bassi redditi, servizi più limitati, tassi di disoccupazione elevati, ritmi di acquisto diversi, diversi livelli di penetrazione delle tematiche nutrizionali e dietetiche, diversa crescita di importanza della ristorazione, ecc. Se si analizzano i consumi di proteine pro-capite, si ottiene 7