terno, adesso si trova con l’impresa leader che ha delocalizzato in Romania, Slovenia, Croazia, Turchia, Marocco. Se non avesse fatto così non potrebbe stare sul mercato, ma a quel punto il distretto subisce uno scompenso organizzativo che può e deve essere affrontato. Tuttavia non c’è solo delocalizzazione, ci sono anche delle forme cosiddette di “non equity agreemeent”, cioè accordi di fornitura, licenze, impianti chiavi in mano, contratti di assistenza tecnologica e quant’altro con cui l’impresa italiana accetta la regola del gioco del mercato emergente che è quasi sempre: compriamo da voi però ci dovete portare tecnologia, organizzazione, management, oltre che finanza. Voglio infine citare il fenomeno delle nuove multinazionali. Finalmente abbiamo un ceto medio multinazionale che è cresciuto e sta comportandosi secondo le regole del gioco della competizione globale, posizionandosi per tipo di comparti, acquisendo imprese dove ci sono business interessanti, marchi, quote di mercato: Marzotto, Parmalat, Merloni, Riva, Lucchini, Ferrerò, Mapei, Fata, i nomi sono tanti per fortuna, tuttavia non dimentichiamoci che sono pur sempre piccoli nello scenario dei loro competitors: Merloni non è Whirlpool, Parmalat e Ferrerò non sono Nestlé ecc. Il futuro della “multinazionale Italia” è ancora aperto. 83