gomento su cui il Ceris sta lavorando da un paio d’anni ed il nostro impegno aumenterà a partire da quest’anno con la creazione di un osservatorio sulle new technology based firms che avrà sede a Trieste presso il parco tecnologico di quella città con la collabo-razione del parco stesso. A mio avviso vi è poi un altro paradosso estremamente grave che riguarda i settori cosiddetti maturi o tradizionali e la consapevolezza ormai diffusa che la competitività del nostro paese si basa sulle piccole imprese che operano nei settori classici del made in Italy: tessile, abbigliamento, calzature, mobili ed accessori per la casa, meccanica specializzata, prodotti della dieta mediterranea, ecc. Tutti sanno e tutti ripetono, credo non ci sia convegno in cui questo non sia stato enfatizzato, che la competitività di questi settori è legata sostanzialmente alla capacità delle imprese di fare innovazione, perché tutti ci rendiamo conto che in quasi tutti questi settori, per non dire tutti, la competizione che proviene da paesi in via di industrializzazione è estremamente forte e crescente perché questi paesi hanno un costo del lavoro molto più basso, apprendono velocemente, utilizzano gli stessi macchinari che utilizzano le imprese italiane. Rispetto a questa percezione tuttavia il nostro intervento di politica industriale a favore dell’impresa è un intervento sostanzialmente vecchio, basato su due pilastri concettuali e normativi: lo stato finanzia gli acquisti di macchinario e gli investimenti (attraverso la legge Sabatini che tutti evocano oppure attraverso strumenti più facili come quelli di natura fiscale) e finanzia i progetti di innovazione attraverso la legge 46. Questi sono i due modelli su cui sostanzialmente ruota la politica industriale nel nostro paese. Solo negli ultimi mesi questo quadro sembra in fase di cambiamento. Mi riferisco in primo luogo al decreto legislativo 297 del luglio ’99 che prende in considerazione in maniera forte l’integrazione tra ricerca pubblica e imprese ed il trasferimento delle conoscenze attraverso la mobilità delle persone. In questo contesto di cambiamento si inserisce anche l’iniziativa lanciata un paio di anni fa dal Murst (Road Map far Italy) di fare una sorta di analisi dei 15