tivo e culturale del nostro Paese, e più in generale dell’Europa, nei confronti degli USA per effetto dei previsti andamenti dei flussi di commercio elettronico (come indicano i principali rapporti di ricerca al riguardo)? Va osservato, infatti, che se si mantiene l’attuale scarto tra lo sviluppo della domanda di commercio elettronico in Italia e le capacità di offerta dei nostri operatori come è avvenuto nel 1999, nel giro di tre o quattro anni oltre i due terzi della domanda finirebbe per essere soddisfatta da operatori stranieri! Settimo ed ultimo spunto di riflessione (fornito da un bell’articolo di Stefano Rodotà su La Repubblica di qualche giorno fa dal titolo “La prateria di Internet”). Auspicando per i commerci un’operatività senza limiti, da un lato, e teorizzando i caratteri anarchici della libertà in rete, dall’altro, non si finisce per realizzare di fatto una strana quanto rischiosa convergenza tra estremismi di mercato e ingenuità cyber-libertarie, atteggiamenti entrambi che rifuggono ogni regola, ancorché utile e sensata, andando contro in tal modo agli stessi principi dell’economia di mercato e abbandonandosi ad illusioni che hanno già provocato guasti notevoli? Al riguardo - chiosa Rodotà - è sufficiente ricordare le lontane proteste contro la pretesa di regolamentare in Italia il settore delle radio e delle televisioni libere che, nell’euforia dei primordi, sembravano aver aperto uno spazio per nuove attività economiche che qualsiasi intervento legislativo avrebbe soffocato. Il risultato: sopravvento delle pure logiche commerciali e riduzione a caso marginale delle emittenti davvero libere! Proprio ieri, in una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera il Governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, ha espresso valutazioni ottimistiche sulla portata rivoluzionaria della diffusione di Internet e più in generale sulla New Economy. In particolare ha parlato di “occasione storica” per il nostro Paese, che ha davanti a sé la possibilità di ripetere il boom dei mitici Anni Cinquanta allorquando si importarono le tecnologie sviluppate dai Paesi all’avanguardia nella produzione industriale e si adottarono - migliorandoli — i loro 89