Ipotesi diverse sottendono questi studi: alcune presuppongono che le risorse che vanno ai fondi siano minimali (il solo flusso di Tfr per i nuovi iscritti), altre invece considerano anche quelle che potrebbero arrivare da lavoratori autonomi e liberi professionisti. La situazione, peraltro, non è confortante anche secondo le ipotesi più ampie. A questo punto veniamo a considerare quelli che potrebbero essere i meccanismi sulla base dei quali si può incentivare lo sviluppo della previdenza complementare. Vorrei a tale riguardo, per inciso, evidenziare che a mio parere, a differenza di quanto si continui a sostenere nei palazzi ministeriali, la coperta sia davvero corta: non si può pensare che non esista un trade off tra previdenza pubblica e forme di previdenza complementare privata, per cui soltanto una contrazione della copertura pubblica ed in particolar modo della contribuzione sociale che va al sistema pubblico potranno favorire un diverso e più significativo sviluppo della previdenza complementare. In tal senso rinvio a vari studi e a recenti proposte di riforma (Castellino/Fornero, Ceprini/Modigliani). In più, riforma della fiscalità: l’altro aspetto centrale del nostro sistema previdenziale attuale è che il legislatore favorisce fiscalmente la previdenza complementare, ma in misura ancora debole. Ricordo tuttavia che vi è all’attenzione del Senato un secondo disegno di legge, riguardante la fiscalità del risparmio - da quello finanziario a quello pensionistico - che delega il Governo ad emanare norme volte a favorire ulteriormente il risparmio previdenziale. Dai primi calcoli effettuati sulla base di ciò che potrebbe prevedere il regime futuro, emerge come effettivamente sia per i lavoratori che per le imprese ci sarebbe un beneficio netto nell’investimento di risorse a favore di fondi previdenziali rispetto ad impieghi alternativi. Infine, le azioni sulle risorse, che sarebbero al momento prevalentemente connesse allo smobilizzo del Tfr, o, meglio, degli accantonamenti al Tfr. Si tratta, quantitativamente, di circa 26.000/ 27.000 miliardi di accantonamento annuo. Facendo calcoli molto approssimativi sul campione di imprese di Medio Banca, tale ammontare rappresenta circa l’ll% del totale dell’autofinanziamento delle stes- 79