Si è iniziato con l’analisi quantitativa a livello di impresa (escludendo i dati Istat di censimento, non ancora disponibili e quindi basandosi prevalentemente su dati Inps o Istat diversi) del compatto in Italia, al fine di valutarne l’universo, la distribuzione territoriale, per classe dimensionale con estensioni dove possibile a livelli aggregati di settore, filiera e per famiglie di prodotti, esaminandone la produzione, il valore aggiunto, il costo del personale, ecc., con approfondimenti sulla dinamica del fatturato, del prodotto lordo e degli investimenti nelle unità distinte per classi dimensionali di dipendenti e di fatturato (Quaderno Ceris n. 1/93). Successivamente sono stati esposti gli andamenti della redditività e della produttività, osservandone anche le modificazioni intervenute nella struttura finanziaria; si sono seguiti con particolare attenzione i comportamenti delle imprese nelle diverse fasi del ciclo economico per cercare di evidenziare le cause della maggiore o minore sensibilità nell’ambito di un settore generalmente considerato, non condizionato dal trend economico. Particolare riferimento è stato dato al grado di integrazione verticale delle imprese. Per l’analisi sulla produttività relativa delle imprese componenti il comparto è stata, in particolare, costruita una frontiera dell’efficienza” indicando la posizione relativa delle varie imprese rispetto alle migliori. L’esame dei fattori di profittabilità delle imprese alimentari ha consentito di indagare sull’interazione esistente tra i tassi di profitto e una serie di variabili ascrivibili a comportamenti e a caratteri strutturali inerenti le imprese del comparto alimentare (concentrazione, barriere all’entrata e politiche d’impresa) con il fine di isolare eventuali condizionamenti settoriali o comportamenti strategici premiatiti. Relativamente all’analisi sulla crescita esterna delle imprese, sono state rilevate le iniziative nazionali ed internazionali delle imprese italiane nel settore dell’agro-alimentare nel periodo 1986-91, sia in forma di strategie “cooperative ” (accordi non-equity con finalità commerciali, produttive o tecnologiche; joint venture) sia in forma di strategie “non cooperative” (acquisizioni e partecipazioni azionarie di maggioranza, di controllo, e di minoranza). Malgrado si debbano riconoscere notevoli esempi per rispondere all’esigenza di elevare qualitativamente la produzione e per differenziarla, la cultura dell’industria alimentare italiana volta a privi- 6