spesso con Az, laplaciano di z. Se esso è nullo in tutto un dominio D (p. es. un rettangolo), la z si dice ivi funzione armonica (ciò significa che il campo di cui essa è il potenziale è solenoidale, cioè, nell’esempio precedente, vuoto di masse; geometricamente, vuol dire che la superficie z = f(x,y) è tagliata da ogni suo piano tangente lungo due linee le cui proiezioni sul piano x,y s’intersecano ad angolo retto).
         Per determinare una soluzione dell’equazione differenziale Az = 0 (ossia z"xx + z"yy = 0), ossia per determinare una funzione armonica, occorrono opportune condizioni aggiuntive; precisamente, si può ad es. assegnare pressoché ad arbitrio il valore di z per ogni punto del contorno C di D perchè esista una e una sola soluzione all’interno di D (problema di Dirichlet).
         Per impostare il problema direttamente sotto forma numerica, occorre esprimere anche le derivate parziali mediante differenze finite, analogamente a quanto fatto per l’equazione differenziale ordinaria considerata nel n. 11; i valori della funzione si penseranno definiti soltanto nei vertici di un reticolo (carta quadrettata!) che (adottando, se necessario, un’unità di misura sufficientemente piccola) supporremmo siano i punti di coordinate x,y intere. L’espressione approssimata del valore di Az in un punto del reticolo, sarà allora una combinazione lineare dei valori della z nel punto stesso e in quelli circostanti. La più semplice e usuale (corrisponde alla prima approssimazione — senza il termine correttivo 1/12... — in quella del n. 11) consiste nel prendere A* = somma dei 4 valori adiacenti meno 4 volte il valore nel punto, ossia una combinazione dei valori nel reticolo secondo il primo dei tre schemi sotto indicati (dove il significato s’intuisce da sé; gli altri due sono analoghi ma meno ovvi: li riportiamo per dare un’idea delle possibili varianti:
                                                                    0 1]
   0    1 0 (1  0 
I: 1      1 -1 -A 
   I ---4 1       
  fo   i o)  h  0 

11
4
1
111     ( = § I + pi) ; — 4 —20
                                                                                                     I
'1      4
                                                                                                                '/
11
          Così impostato, il problema consiste nel determinare x sui punti del reticolo interni al dominio (per semplicità si pensi un rettangolo) D, dati quelli sul contorno C, in modo che il valore in ogni punto sia la media dei quattro adiacenti (sotto e sopra, a sinistra e a destra). Abbiamo un sistema di equazioni lineari : un’equazione e un’incognita per ogni punto del reticolo interno a D. Si tratta però di un caso in cui il sistema presenta particolarità notevoli, per cui, come detto in fine al n. precedente, conviene sfruttarle a fini semplificativi anziché seguire procedimenti validi per un sistema generico di equazioni lineari. La semplificazione sta qui nel fatto che ogni equazione contiene solo 5 incognite e sempre con gli stessi coefficienti +1, +1,
           (32) 'Copiosa è la letteratura su tali argomenti; le presenti no tizie sono desunte prevalentemente da Everett C. Yowell: Nu-an merical Solution of Partial Differential Equations, « Comp. Seminar, 10 Dec. 1949 », IBM, 1951.
+ Ì, +1, —4 e termine noto zero (salvo punti adiacenti al contorno, dove cadono una o due incognite e subentra un termine noto).
      Un metodo di rilassamento (dovuto a Sir Richard Southwell) consiste nel partire da valori attribuiti ad arbitrio a z nei punti del reticolo in D (quanto meglio plausibili a stima), e nel calcolare per ogni punto il Az; anziché annullarsi (come avverrebbe se si fosse scelta, indovinando, la soluzione esatta) tale Az avrà i valori che avrà. Potremo renderlo nullo in un punto alterando il valore di z ivi (sostituendolo, precisamente, con la media dei quattro adiacenti); se si procede in tal modo, cominciando sempre dai punti ove Az è più grande, ci si avvicina rapidamente alla z armonica.
      Per l’esecuzione a mano il metodo è molto pratico (ad ogni operazione il residuo annullato va ad alterare i residui dei quattro punti adiacenti fra cui viene ripartito in 1/4 per ciascuno; ulteriori accorgimenti migliorano la convergenza), ma a macchina la ricerca del massimo residuo, da eseguirsi dopo ogni operazione (somma di pochi termini!) pregiudica ogni possibilità di applicazione rapida. Conviene eseguire la medesima operazione esplorando nell’ordine naturale più e più volte tutti i punti del campo, perchè la convergenza, pur essendo più lenta quanto a numero di operazioni, è più rapida come tempo se si evita quella scelta che in teoria dà il modo di procedere più vantaggioso. Un vantaggio si ha invece rendendo più automatico ancora il procedimento, e a ciò giova ad es. l’applicazione del III schema di calcolo, benché più complicato, nel modo proposto e applicato da Milne. L’operazione che esso rappresenta ha infatti il pregio di poter essere scomposta in due operazione successive, di perequazione di tre valori consecutivi (con pesi 1/6, 4/6, 1/6) prima per sole righe e poi per sole colonne (32).
      Osserviamo che, salvo ovvie modificazioni, nulla vi sarebbe da cambiare se in luogo dell’equazione Az = 0 si considerasse l’eqnazione non omogenea Az=tp (x, y) (funzione nota: p. es. potenziale data la densità di massa) sempre con le dette condizioni al contorno. Allo stesso schema si riduce anche l’equazione Az = Xz; per essa si presenta però un problema ulteriore potendo non ammettere una soluzione unica. Infatti, per la condizione al contorno z = 0, il sistema di equazioni (omogenee!) ammette soluzioni (oltre quella banale z = 0) se il determinante dei coefficienti si annulla, il che avviene per i valori di X che soddisfano l’equazione così ottenuta e che si dicono autovalori. Procedimenti per determinare tali autovalori mediante calcoli così impostati si trovano in parecchie pubblicazioni (33).
      Quanto detto per l’equazione di Laplace vale in sostanza per tutti i problemi analoghi (di tipo ellittico); per equazioni di tipo iperbolico o parabolico, quali rispettivamente l’equazione delle onde (o delle corde vibranti) z"u —z"xx = 0 e quella della diffusione z\ —* m = 0, si possono naturalmente applicare metodo analoghi ma sono diversi i problemi che si possono porre (non si possono imporre i valori sul contorno, se non parzialmente, facendo i conti con le linee caratteristiche dell’equa-
      (33) Ad es. subito dopo la nota cit. (31), ve n’è una di Harry H. Hummel: An Eigenvalue Problem of tlie Laplace Operator. Cfr. anche W. Wasow: Randoni Walks and thè Eigenvalues oj Elliptic Difference Equations, « J. Res. NBS », 1951.