Conclusioni
      Un quadro sintetico della situazione demografica piemontese e delle sue prospettive può essere così articolato:
      "sempre meno bambini" è il primo dato di fatto da considerare, soprattutto per le conseguenze che ciò avrà nei prossimi anni (e decenni) sul nostro modo di vivere e lavorare;
      nelle fasce di età -che si affacciano sul mercato del lavoro si registrerà ancora per qualche anno un effetto di pressione demografica legata al "baby-boom" degli anni '60. Dopo il 1990, salvo nuove migrazioni massicce ma escludibili al momento, inizierà su questo mercato un processo di decongestionamento dal lato dell'offerta;
      la popolazione anziana, destinata a crescere come in tutte le altre realtà economicamente e socialmente analoghe, subirà consistenti aumenti nei prossimi      anni per l'ingresso        nelle fasce
      ultrasessantenni di generazioni particolarmente numerose; l'ipotesi di società multirazziale come sbocco inevitabile per una società che fa sempre meno figli ed è sempre più ricca, va considerata attentamente per le implicazioni che comporta. Allo stesso modo va considerata l'ipotesi che gli squilibri Nord-Sud d'Italia generino nuovi e consistenti flussi migratori verso la nostra regione (al Nord sempre meno giovani e sempre più ricchezza, al Sud leve giovanili più consistenti e gravi problemi occupazionali) ;
      la mobilità interna alla regione sembra essere guidata da modelli non facilmente delineabili, diversi dal passato e legati ad una progressiva perdita di importanza del costo di spostamento nelle decisioni relative al lavoro, alla scuola, al matrimonio, alla vecchiaia e alla cura.
      Poli urbani (o realtà che vi stanno attorno) decentrati rispetto a Torino che perde migliaia di residenti all'anno, giocano ruoli attrattivi in questi processi di mobilità interna.
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