Modalità di attuazione dei processi rilocalizzativi
    Al fine di interpretare il fenomeno localizzativo nei suoi diversi aspetti si sono inoltre considerati i risultati emersi per quanto concerne le iniziative di trasferimento e/o costruzione di un secondo stabilimento e di ampliamento e/o ristrutturazione, nonché i dati occupazionali di lungo e breve periodo relativi alle singole aree (fonte 1ST AT e UPLMO).
    DaH’insieme di questi indicatori si è pervenuti ad ipotizzare alcune differenti tipologie di sviluppo delle zone periferiche che consentono di spiegare le differenti caratteristiche, strutturali e dinamiche, di ciascun comprensorio e nello stesso tempo permettono di individuare le diverse potenzialità di assorbimento di nuove iniziative industriali nel quadro di un disegno di riequilibrio dell’intero sistema industriale regionale. Queste potenzialità sono state esaminate non solo in funzione dell’esigenza di ridurre l’elevata concentrazione nell’area metropolitana, ma anche ai fini di mantenere i necessari equilibri demografico-produttivi che si presentano, nelle zone esaminate, con specifiche connotazioni e che pongono l’esigenza di interventi diversificati.
    Per tutti questi elementi sono stati calcolati a livello delle singole aree, degli indici che assumono valore superiore (inferiore) ad 1 nel caso in cui il fenomeno studiate assuma nell’area un’intensità maggiore (minore) rispetto al dato medio complessivo.
    I valori degli indici sopra definiti sono stati riportati nel prospetto allegato, dopo aver provveduto ad ordinare le singole aree partendo da quelle che presentano i più elevati livelli di iniziativa riguardanti la costruzione di nuovi stabilimenti (trasferimento e/o secondo stabilimento).
    I risultati relativi alle diverse situazioni comprensoriali consentono di fare alcune considerazioni di fondo, pur nei limiti di una non completezza di informazioni.
    La prima considerazione è che i più elevati indici di iniziative si trovano in aree che costituiscono un continuum geografico (Alba, Cuneo, Asti, Mondovi, Alessandria e Saluzzo). L’area di Borgosesia, che pure presenta un indice di iniziative superiore all’unità si segnala come unico caso in controtendenza rispetto alla generale stazionarietà del Piemonte settentrionale.
    Le tre zone che presentano indici di iniziativa di rilocalizzazione più elevati sono anche quelle che presentano i più elevati indici di dinamica di lungo periodo dei posti di lavoro. Ancora una volta, emerge come il problema della rilocalizzazione si collochi all’interno del processo di crescita industriale che si realizza in un’area. In particolare tale problema risulta, nelle aree esaminate, direttamente correlato ad un processo di crescita che si basa essenzialmente sullo sviluppo di unità produttive di piccola e media dimensione e che è alimentato da un tessuto imprenditoriale diffuso.
    Una terza considerazione deriva dal confronto tra l’indice di iniziativa citato e gli indici di ostacolo che le imprese dichiarano nell’ambito delle diverse aree. Tale confronto evidenzia l’esistenza di rilevanti strozzature a livello delle aree più dinamiche ed in particolare in quelle che presentano una situazione socio-economica maggiormente legata a strutture produttive di tipo agricolo. Sembra confermata da questi risultati, come già rilevato in altri studi (1), la difficoltà di realizzare spontaneamente una razionale integrazione tra economia agricola ed economia industriale. I pericoli che ne potrebbero derivare sono cosi individuati:
sul territorio: l’abbandono e la degradazione dei fabbricati rurali contrapposti all’esplosione dell’insediamento industriale, non sempre coordinato ed armonico; a livello sociale: il grande impoverimento demografico dei piccoli centri e l’urbanizzazione dei grossi;
(!) - Cfr.: Regione Piemonte - Le linee programmatiche per i piani socio-economici e territoriali dei comprensori, citato.
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