Allora si cominciò ad operare in questo senso ed io ricordo, e forse qualcuno degli urbanisti che sono qui presenti ricorderà che vi fu un animato dibattito al Congresso di Genova di urbanistica, al quale io ho avuto l'onore di partecipare in rappresentanza dell'allora ministro Romita. Ricordo che in quella stessa sede la discussione della pianificazione regionale partì dalle opere pubbliche, partì dalla diagnosi, dall'analisi dell'orientamento piuttosto settoriale che ha avuto la programmazione in Italia e poi a poco a poco, passò all'economia globalmente intesa. E' chiaro che sono tutti argomenti che sono collegati fra di loro, ma ecco allora che questa stessa concezione integrale evidentemente pone fini che vanno al di là di quello che possa essere il contenuto di una legge urbanistica.
Resta dunque la validità della legge urbanistica, resta dunque la utilità di fare un codice dell'urbanistica, ma è evidente che noi possiamo avere delle formule astratte in una legge urbanistica qualora la definizione di piani territoriali urbanistici non abbia come presupposto, non abbia come pregiudiziale formulazione i piani di sviluppo economico, i quali costituiscono la premessa per poter poi dopo guardare con sicurezza la organizzazione del territorio sotto il profilo delle comunicazioni e di ogni altra forma di rapporto e sotto il profilo dell'assetto delle popolazioni.
Questa è stata la concezione che mi ha guidato successivamente, quando nel periodo di una certa dormienza dei piani territoriali urbanistici, si è riportato l'argomento in discussione sotto il profilo di piani di sviluppo economico.
Ora è stato detto : non accentuiamo il dualismo. Non credo sia necessario accentuare alcun dualismo, non credo che sia il caso di creare una contrapposizione, bisogna però che noi abbiamo chiaro che il punto di partenza deve essere la delineazione di questi obiettivi di natura economico e sociale e nel quadro di questi obiettivi ogni altra forma di programmazione deve inserirsi, e su questo deve modellarsi. Altrimenti, come ho detto, ogni altra forma di programmazione o rischia di essere astratta o rischia di orientarsi in modo tale da non poter poi accogl:ere il contenuto di natura economica, senza di che sarebbe vano, come ho detto, di voler prevedere addirittura l'assetto delle popolazioni.
Nessuno ha ragione, secondo la mia modesta opinione, naturalmente, quando dice « si poteva fare », quando dice « siamo arrivati ad un punto in cui dobbiamo constatare che se avessimo fatto 8 anni fa, 10 anni fa, oggi, invece di parlare di questi argomenti, ci troveremmo piuttosto a dover fare un bilancio totale e constatare se una certa linea ha dato o non ha dato i suoi frutti ». Si tratta veramente di impostazioni queste di politica economica, di politica sociale di tale valore, di tale importanza che la maturazione di questi aspetti nella coscienza collettiva non può che avvenire con una certa lentezza. E noi, diciamo
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