TASSAZIONE DEI REDDITI AGRARI NON COMPRESI NELLE TARIFFE DI ESTIMO E’ sperabile die nella riforma organica del sistema tributario, che è tuttora allo studio, venga dato un nuovo assetto alla tassazione dei redditi agi-ari, eliminando le incongruenze e le sperequazioni che si sono determinate dopo l’entrata in vigore del R. D. 4 aprile 1939, n. 589, convertito nella legge 9 giugno 1939, n. 976. Il regime di tassazione dei redditi della specie, stabilito^ dall art. » della legge istitutiva dell’imposta di ricchezza mobile — T. U. 24 agosto 1877, n. 4021, — era il seguente: 1) proprietario del terreno: esente completamente dall’imposta mobiliare per tutto il reddito agrario del fondo, sia che questo fosse da lui direttamente coltivato, sia che fosse dato a colonia parziale; 2) affittuario: soggetto ad imposta di ricchezza mobile sull’intero reddito agrario; ... 3) colono: soggetto ad imposta con l’aliquota del 5% (iscritta a nome del proprietario, salvo rivalsa) per la parte di reddito agrario a lui spettante. . . Il R. D. 4 gennaio 1923, n. 16 trasformò completamente i criteri di tassazione sino allora seguiti, in quanto l’intero reddito agrario, compreso, quindi, anche quello del proprietario, venne assoggettato al tributo al pari di tutti gli altri redditi mobiliari di categoria B, però con le aliquote diverse a seconda del percipiente: 10% per i proprietari, 7,50 % per i coloni. Dal Io gennaio 1925 l’aliquota venne portata per i coloni al 5 % e dal Io luglio 1927 si ebbe un’ulteriore riduzione, estesa questa volta anche ai proprietari, che portò le aliquote rispettivamente al 5 % (proprietari) ed al 2,501% (coloni). Per la separazione del reddito agrario — di natura mobiliare — dal reddito dominicale — di natura fondiaria — sia il R. D. 12 marzo 1923, n. 16, sia il relativo regolamento — R. D. 12 marzo 1923, n. 505 — si erano ispirati ai concetti esposti dal Messedaglia nella sua relazione alla legge 1" marzo 1866 sul riordinamento dell’imposta fondiaria, nel senso che fosse da considerare reddito dominicale il frutto della terra nel suo stato originario e del capitale di miglioramento investito permanentemente nella terra stessa, e reddito agrario il frutto del capitale di esercizio e del lavoro. In altri termini, secondo il decreto del gennaio 1923, la determinazione del reddito agrario doveva operarsi detraendo dal reddito lordo del fondo il valore locativo reale o presunto del fondo stesso e le spese