Buono è il grado di meccanizzazione, principalmente in relazione alle caratteristiche geomorfiche, all'ampiezza territoriale ed economica delle aziende: infatti il 37% delle unità produttive è dotato di trattore, ed il T8% di motori a bassa potenza. In questa sottozona gli attivi sono diminuiti del 16,5%, essendo scesi da 6.085 a 5.078. I maschi hanno subito una flessione del 26,4% (da 5.246 a 3.863), mentre le femmine sono aumentate del 44,8% (da 839 a T.2T5). Il fenomeno di maggiore importanza, a questo riguardo, è stato sicuramente la deruralizzazione della popolazione attiva, poiché l'esodo dalla campagna non ha avuto grande rilievo. D'altronde, il forte processo di industrializzazione a cui sono andate soggette questa sottozona e quelle limitrofe giustifica pienamente sia la diminuzione dei maschi, che l'aumento delle femmine, le quali si sono venute a trovare nella condizione di sostituire, nei limiti del possibile, la manodopera maschile. In questa sottozona si ritrovano tutti i tipi d'azienda descritti nella monografia di zona (T2), con aziende di dimensioni che vanno da 2-3 ettari a quelle capitalistiche di 80 e più ettari: la produttività del lavoro, quindi, varia entro limiti molto ampi, cioè fra 600.000 lire e 2.000,000, od anche più per unità lavorativa. Abbastanza chiaro, e ben delineabile, si presenta il problema delle prospettive di sviluppo. Per quanto riguarda le aziende ad impresa capitalistica, di medie o grandi dimensioni, le previsioni sono sicuramente alquanto favorevoli: si tratta infatti di aziende in cui la produttività raggiunge già ora livelli soddisfacenti e competitivi con i redditi extra-agricoli, per la concomitante presenza di più elementi positivi, come l'accorpamento, la possibilità di praticare l'irrigazione, la disponibilità di moderni mezzi tecnici, un'adeguata utilizzazione della manodopera ed un'eccellente organizzazione aziendale. Circa l'altro gruppo di aziende - decisamente più numeroso -, di dimensioni piccole, oppure quelle anche più ampie, ma nelle quali la produttività del lavoro permane tuttora a livelli insoddisfacenti, il problema principale è quello di dare un assetto più razionale e con- (12) Cfr. quaderno cit. pag. 187 e segg. Sono stati individuati quattro tipi aziendali rappresentativi, di cui il primo riguarda un gruppo abbastanza numeroso di aziende fino a 5 ettari di superficie, ad impresa lavoratrice ed in proprietà, non meccanizzate, ad indirizzo zootecnico-cerealicolo, con un prodotto netto di circa 700.000 L./u.l. Il secondo tipo comprende quelle aziende con superficie fra 5 e 10 ettari, con caratteristiche simili a quelle del tipo precedente (l'indirizzo prevalente può essere ora quello cerealicolo, ora quello zootecnico), anche per quanto riguarda la produttività, che si mantiene sulle 700.000-750.000 L./u.l. Il terzo tipo include le aziende che hanno un'ampiezza variabile fra 10 e 20 ettari, generalmente ad impresa lavoratrice, ma frequentemente anche capitalistiche, meccanizzate, ad indirizzo cerealicolo-zootecnico o zootecnico-cerealicolo, con un prodotto netto superiore al milione di lire per unità lavorativa. L'ultimo tipo riguarda le grosse aziende, di dimensioni superiori a 20 ettari, per lo più ad impresa capitalistica, sia in proprietà che in affitto, caratterizzate da una buona e talora eccellente organizzazione azièndale, dotate di un elevato capitale agrario, ad indirizzo zootecnico-cerealicolo-bieti-colo, con possibilità che prevalga ciascuno dei tre indirizzi. La produttività del lavoro raggiunge livelli notevoli, spesso prossimi a due milioni di lire per unità lavorativa. 37