la vite con il 22%, il bosco con il 12%, le barbabietole da zucchero con il 6% ed il mais con il 5%.
Circa gli indirizzi produttivi, la viticoltura prevale nel 46% delle aziende, la zootecnica nel 27% e la cerealicoltura nel T5%. La vite è per lo più in coltura specializzata, anche se non raramente appare consociata a cereali o foraggere, ma non offre un prodotto di gran pregio.
La meccanizzazione, nonostante le precarie condizioni geomorfiche, e le caratteristiche colturali (è noto che la viticoltura specializzata non consente che un limitato uso del mezzo meccanico) appare relativamente diffusa: infatti, dalla indagine campionaria risulta che il 22% delle aziende è dotato di trattore, ed il 25% di motocoltivatore,. Il 30% delle aziende, invece, si avvale ancora del lavoro esclusivamente animale.
Nel periodo compreso fra il T95T ed il T96T, gli attivi in agricoltura sono diminuiti del 17,6%, essendo passati da 3.T35 a 2.583. I maschi hanno subito un forte calo (-30,2%), poiché sono scesi da 2.553 a T.783, mentre le femmine sono aumentate del 37,5% (da 582 a 800). In una certa misura la sottozona è stata colpita da un flusso d'esodo, ma l'aspetto di gran lunga più significativo è stata la deruralizzazione della popolazione maschile non senile, con conseguente femm ini lizzazione ed invecchiamento della manodopera attiva.
Riguardo ai tipi d'azienda si può fare riferimento a quanto è stato detto nella sottozona precedente: esistono cioè alcuni tipi d'azienda nei quali la produttività del lavoro presenta forti oscillazioni (da 300.000 a 800.000 lire per u-nità lavorativa), ma che comunque si mantiene ancora ben lontana dai redditi extra-agricoli.
II discorso sulle prospettive non è dei più complessi poiché, "sic stantibus rebus" si potrà assistere ad un lento ma graduale processo di disinvestimenti per quanto concerne la viticoltura, per le difficoltà di organizzare questo settore in termini di maggiore produttività,sia per le caratteristiche strutturali delle aziende, sia per il continuo deterioramento qualitativo della manodopera, sia infine per la difficoltà di collocare sul mercato un prodotto che non è certamente dei più pregiati. Dopo quanto s'è detto risulta facilmente intuibile la tipologia degli interventi da attuare, fermo restando che il punto d'arrivo dev'essere un adeguato e-levamento della produttività del lavoro, laddove se ne intraveda la concreta possibilità. Ciò significa che il processo di riaccorpamento fondiario e di ingrossamento delle aziende non dovrà essere indiscriminato, ma limitato a quei casi (da valutarsi poi in sede di piano zonale) in cui i risultati positivi siano effettivamente raggiungibili, anche e soprattutto in rapporto ad un auspicabile rallentamento dell'esodo di manodopera valida dalla campagna. Inoltre - osservazione già fatta per altre sottozone - la viticoltura e la granicoltura andranno sensibilmente ridimensionate, a vantaggio delle- foraggere, per un maggiore sviluppo del settore zootecnico.
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