tori, nonché di una sostanziale parita nei livelli di produttività delle diverse zone agricole del Paese ». Tali obiettivi dovrebbero raggiungersi nell'arco di un ventennio. Inoltre, opportunamente viene affermato che « questi risultati saranno conseguiti mediante lo sviluppo di quelle produzioni per le quali si presentano maggiori prospettive di mercato e secondo ordinamenti aziendali razionalmente rispondenti alle caratterizzazioni ambientali. Si dovranno quindi promuovere colture agricole intensive nelle zone dotate di risorse e in quelle per le quali nuove risorse sono acquisibili, soprattutto attraverso la espansione dell'area irrigua, e colture estensive, dove l'aumento della produttività è perseguibile soltanto attraverso indirizzi richiedenti bassi impieghi di mano d'opera per unità di superficie » (1). Rispetto alle impostazioni di politica agraria precedente (e con particolare riferimento alla concezione della « bonifica ») si riconoscono così due esigenze nuove: la prima, che tutto il territorio nazionale può essere oggetto di interventi; la seconda che questi possono essere diretti anche per l'estensivazione di determinate aree agricole. Altri obiettivi fondamentali contenuti nel •< Programma » sono quello del raggiungimento di un tenore e condizioni di vita più elevati per la popolazione rurale e quello della valorizzazione delle posizioni imprenditive nell'agricoltura: questo discorso, a nostro avviso, va interpretato come un primo tentativo di superare la concezione tradizionale del « mondo rurale » (contrapposto al mondo urbano o alla civiltà industriale), per la quale appariva giustificato il mantenimento di reali condizioni di arretratezza economico-orga-nizzativa (e perciò nel tenore di vita) delle campagne; tutto ciò in omaggio ad una non meglio precisata esigenza di vivificare e conservare taluni valori propri della civiltà rurale. Visione settoriale che non ha tenuto conto delle forti interdipendenze che esistono e si sviluppano tra i diversi settori della produzione. Il « Programma » prevede un insieme di interventi per raggiungere gli obiettivi illustrati: tra cui sembra di dover sottolineare quello di una maggior specializzazione produttiva, della selezione degli investimenti, del riordino fondiario, del riordino delle utenze irrigue, di una politica di mercato e di organizzazione degli agricoltori per favorire il sorgere di « integrazioni verticali » ecc... Viene inoltre sottolineata la necessità di sviluppare il settore della ricerca e sperimentazione, i cui risultati dovrebbero essere divulgati da un servizio di assistenza tecnica (al quale dovrebbero partecipare gli Enti di sviluppo agricolo). I Come organo fondamentale dell'intervento viene indicato il Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, al quale, « nella sua organizzazione centrale e periferica, spetta la direzione della politica agraria nazionale, il coordinamento fra l'intervento pubblico e le scelte degli operatori privati, il controllo sull'attuazione delle direttive programmatiche oltre alla esecuzione dei diretti interventi di sua competenza ». Per il coordinamento a livello locale vengono previsti i « piani zonali » elaborati direttamente dal Ministero (con la collaborazione degli Enti di sviluppo, ove questi siano presenti), ma solo nelle aree, « dove ne esistano le condizioni » e comunque con la « gradualità consigliata dalle risorse finanziarie disponibili e secondo criteri di priorità definiti dal Ministero, in base alle diverse situazioni e possibilità locali » (2). Le indicazioni del « Programma » sono state — come si è detto — accolte nel secondo Piano Verde, anche se nella piatica attuazione di questa legge non si è dato corpo alle enunciazioni di principio che volevano la politica agraria quale articolazione della più generale politica di programmazione economica, né ci si è valsi degli strumenti operativi di tipo nuovo indicati. I motivi di ciò vanno da un lato ricercati nelle vicende che hanno contrassegnato la programmazione economica nel nostro Paese, per cui, alla fine del quinquennio oggetto del « Programma » si è dovuto rilevare che quest'ultimo non ha avuto, sia per le difficoltà economiche emerse nel frattempo, che per il vivace e polemico dibattito politico che ne accompagnò i primi passi, se non un siti) Ibidem pag. 119. (2) ibidem pag. 125. Per un discorso più approfondito sulla natura dei piani zonali previsti dal secondo Plano Verde cfr. Infra cap. 3. 24