L'Indice puntato Se sui temi della statalizzazione e della collettivizzazione dei mezzi di produzione non si può più parlare con proprietà di linguaggio di una sinistra divisa fra rivoluzionari e riformisti, qualcosa di questa antica alternativa riemerge a proposito dei sondaggi elettorali. Ci sono quelli che vorrebbero impedirli del tutto, condannando gli operatori del settore a occupazioni socialmente più utili, e ci sono quelli che ne vorrebbero una regolamentazione più sicura, estesa ben al di là di quella vigente (che, com'è noto, è relativa soltanto ai periodi elettorali). Per la verità a sinistra ce anche chi coi sondaggi e intorno ai sondaggi si diverte, come il mio amico professor Mannheimer e il mio conoscente dottor Piepoli, CIRM (ma di quest'ultimo non so con certezza se sia di sinistra). Ma per chi fa una professione che ha della magia è importante ostentare mitezza e divertita distanza dalle proprie previsioni: infatti la magia può essere nera o bianca, stregonesca o divinatoria — e oggi non sarebbe neppure tollerabile, presso le schiere dei "sinceri democratici", che chi fa previsioni mostrasse anche la minima consapevolezza di essere forte e influente: egli è per così dire condannato a parlare dei frutti del suo lavoro professionale come di un innocente e innocuo divertissement. In un convegno ho sentito lo stesso dott. Piepoli (che recentemente ha curato il volume L'opinione degli italiani, Sperling & Kupfer, 1994) ricordare che si sono fatti, anche in Italia, numerosi sondaggi sull'effetto dei sondaggi: di quanto essi sono capaci di spostare, in chi ne ha notizia, le decisioni di voto? La risposta, anch'essa rassicurante, è che normalmente non più del 2 per cento di individui cambia il proprio voto in seguito all'apprendimento dell'esito di un sondaggio; e, circostanza ancor più rassicurante, i motivi che spingono a cambiare sono i più vari: alcuni lo fanno per venire in soccorso di quel partito che il sondaggio dà come perdente, altri per accorrere sotto le bandiere dei vincitori; in conclusione, i sondaggi non fanno politica. Vorrei che nel dare queste notizie rassicuranti si fosse più attenti alla varietà della storia: proprio ora usciamo, in Italia, da una vicenda elettorale in cui i sondaggi che già a settembre 1993 assegnavano una messe di preferenze per Berlusconi hanno avuto certamente molta efficacia: 1) hanno accreditato la politica delle al- leanze condotta da Forza Italia; 2) hanno convinto i media a occuparsi ogni giorno del biscione-partito; 3) hanno convinto la Chiesa a essere molto prudente nel suo appoggio al Ppi (non conviene che un'istituzione millenaria si mescoli troppo con forze che i sondaggi danno perdenti); 4) hanno dato finalmente un punto di riferimento a milioni di incerti; 5) hanno perfino convinto per alcuni giorni una mia zia a votare quel Berlusconi così amato da tutti. E a destra? quali atteggiamenti a destra verso i sondaggi elettorali? A destra c'è l'on. Pilo. Egli, lo vedono tutti, non si diverte affatto: interpreta il suo ruolo con una serietà quasi minacciosa, cosicché viene da pensare che egli sia proprio dal lato nero o stregonesco della magia, non semplicemente preveda ma provveda. Il suo scopo sembra essere, a sentire la mitraglia secca delle sue parole, quello che già serviva alla vecchia Enciclopedia Treccani per definire la stregoneria: "arrecare nocumento al prossimo o costringerlo a fare in favore dello stregone o di una terza persona quel che non farebbe di propria volontà". Forse è sufficiente dare come risultato di un sondaggio l'apice di un trend. Quel che è sicuro è che i maghi bianchi dei sondaggi dovranno un giorno imputare all'on. Pilo la crescita vertiginosa di quanti in questa vecchia Europa, che non è l'America, sono disposti a condurre una rivoluzione perfino cruenta contro questa mania delle previsioni elettorali. Franco Rositi