SETTEMBRE 1994 N. 8, PAG.23/VII Come può essere definita se non "presbiopia letteraria" la tendenza di gran parte dell'editoria italiana che si occupa di giardinaggio e paesaggismo a puntare lo sguardo sulle novità anglosassoni e mitteleuropee, anziché mettere a fuoco problematiche, opere e autori nazionali? Non si può certo parlare di svista, quando il fenomeno perdura nel tempo. Per averne la conferma basta dare un'occhiata in libreria: gli autori dei libri sull'argomento reperibili in commercio sono per la maggior parte stranieri. Gli italiani costituiscono l'eccezione alla regola. E un vizio oftalmico o una strategia economica, giacché tradurre un libro già pronto e confezionato costa forse meno che commissionarne uno ex novo a un bravo autore nazionale? È vero che all'estero esiste un'invidiabile tradizione orticolturale, un'esperienza e una cultura "giardinistica" all'avanguardia, e che ci sono validi autori di giardinaggio che producono tanti libri esaurienti, ben curati graficamente e ricchi di splendide illustrazioni patinate. Ma è anche vero — ed è fattore da non sottovalutare — che non tutto quello che proviene da latitudini diverse ha sempre una concreta rispondenza con la realtà dei giardini italiani. E a farne le spese è il lettore-orticoltore. Un esempio sono le informazioni fornite dai testi inglesi e tedeschi sulle dimensioni massime che possono raggiungere le piante mediterranee o esotiche da adulte, sulla loro rusticità o il periodo di fioritura. Se i dati non vengono revisionati e adattati all'ambiente italiano — ben diverso da quello del nord Europa! — i lettori corrono il rischio di piantare i vegetali troppo vicini l'uno all'altro, di inserire nel giardino un albero o un arbusto che col passare degli anni raggiunge ai nostri climi dimensioni inaspettate, o di scartare piante definite dai testi "delicate o da serra" tranquillamente coltivabili all'aperto sia al centro che nel meridione della penisola. E come rimanere indifferenti di fronte alle guide all'identificazione dei vegetali della macchia mediterranea tradotte dal tedesco, prive di indicazioni per riconoscere piante spontanee tanto diffuse in Italia come la tillirea? O all'imbarazzo •— davvero frustrante — di cercare nei vivai le belle piante consigliate dai libri senza trovarle, dovendo assistere attoniti allo stupore dei vivaisti che strabuzzano gli occhi a ogni "assurda" richiesta esterofila? Riusciremo mai a trovare nei vivai tutte quelle piante descritte nell'ultimo bellissimo libro inglese di Graham Stuart Thomas, Ornamentai Shrubs, Climbers and Bamboos (John Murray, 1993, £ 25), che presenta una rassegna delle più ornamentali specie da giardino? La realtà italiana è ben diversa da quella illustrata nei testi di paesaggismo diffusi in libreria. I giardini dei cottage perfettamente inseriti nel paesaggio circostante, i prati verdi, gli artistici mix-border graziosamente fioriti tutto l'anno, i pendii serpeggiati da pergolati di rose, i giardini naturali pronti ad accogliere gli animali selvati- ci sono lontani mille miglia dalla mentalità comune italiana. E Speciality Gardens, il volume statunitense quasi interamente fotografico di Theodore James e Harry Haralambou (Stewart, Tabori and Chang, 1992, pp. 239, $ 30), si potrebbe addirittura collocare ad anni luce di distanza, anche se contiene qualche immagine di giardino italiano d'élite. E non è un'esagerazione astrattamente chilometrica. Lo dimostrano le foto che i "giardinisti" dilettanti inviano orgogliosi alle riviste nazionali specializzate del settore, nelle quali troneggiano ciotole di cemento con le salvie rosse piazzate al centro di un prato-aiuola di due metri quadrati, laghetti artificiali dai bordi di plastica ben in evidenza e giardini rocciosi striminziti che non sono altro che brutte copie degli originali riportati sui testi d'importazione. I libri di paesaggismo inglesi o statunitensi sono purtroppo da considerare un'utopia letteraria: un esempio valido, istruttivo, indispensabile, ma difficilmente realizzabile nella pratica comune; un punto di arrivo, non di partenza. Certo, la diffusione di testi seri e rigorosi, di illustrazioni che gridano agli occhi la verità — cioè l'estetica cui dovrebbe effettivamente tendere un giardino — sono essenziali, indispensabili per sensibilizzare e illuminare il pub blico. Ma non bastano. Per iniziare a comporre un "discorso" sul giardino ci vorrebbe qualcosa di più vicino alla mentalità italiana, una voce nazionale che sappia rivolgersi efficacemente ai lettori per insegnare innanzitutto l'ortografia, la grammatica e l'analisi logica del giardinaggio e del paesaggismo. Perché non basta avere un modello paesaggistico a cui ispirarsi per improvvisarsi "giardinisti", così come non basta aver letto un libro per diventare scrittori. Le piante-parole vanno inserite nel giardino-discorso con una certa proprietà di linguaggio, seguendo le regole della sintassi vegetale. Non si può copiare né improvvisare. Quando ci si accinge a creare un giardino vanno affrontati problemi e quesiti colturali, di spazio, di proporzione ed esposizione non sempre facili da risolvere. E la realtà che prende il sopravvento. E se non si possiedono le nozioni di base per articolare il discorso, quel che si è letto o ammirato sulle illustrazioni patinate di un libro perderà ogni senso. In Italia si fa giardinaggio, ma purtroppo non c'è la cultura del giardinaggio. E il giardinaggio è alla base del paesaggismo: il balconcino di città — come il grande giardino in campagna — influiscono nel bene e nel male sul paesaggio urbano o rurale quanto l'edilizia e le vie di trasporto. Ancora non è ben chiaro a tutti che continuando a piantare abeti dappertutto fuorché in alta montagna — dove questi alberi fanno parte del paesaggio originario che si confà all'ambiente — o siepi di Cupressus arizoni-ca e di Tbuja dai toni grigi-bluastri dalla Sicilia alla Valle d'Aosta (in città, al mare, in collina come in campagna), si svilirà l'Italia, rendendo sempre più monotono e uniforme il paesaggio fino a snaturarlo — soprattutto in quelle regioni già parzialmente deturpate dalla speculazione edilizia. Sembra un assurdo, eppure i problemi del paesaggismo italiano nascono proprio dall'incapacità di inserire le piante giuste in ogni specifico contesto. Mancano i testi, manca la preparazione, manca la professionalità e manca soprattutto l'attenzione al problema. Ecco perché l'editoria — con uno sguardo lungimirante, ma non tanto da superare il confine nazionale — dovrebbe prestare attenzione agli autori nazionali, ai testi che fanno riferimento alla realtà italiana, senza ignorare il problema proponendo modelli idealistici e irraggiungibili che rimuo- vano dalla mente le brutture che si è costretti a vedere appena sollevati gli occhi dai libri. L'interesse per il giardinaggio è in continua espansione, i vivaisti si danno da fare per rispondere al meglio alla richiesta botanica del pubblico, e proprio per questo sarebbe importante integrare alla letteratura straniera una serie di libri italiani che sappiano guidare nella giusta direzione l'entusiasmo dei neofiti. Libri che chiedano al lettore: perché non creare un giardino di macchia mediterranea al mare, composto da corbezzoli, cisti, gelso- mini profumati, piante aromatiche e magari anche piante esotiche fiorite per tutta la bella stagione? Oppure un semplice giardino di alberi da frutto (mandorli, ciliegi e meli), glicini e rose in campagna? Perché non caratterizzare l'ambiente scegliendo per il giardino le piante più adatte al contesto in cui vengono inserite, per ottenere con una spesa contenuta una vegetazione rigogliosa, sana e di facile manutenzione? Libri che rispondano alle èsi-genze dei "pollici verdi" di ogni diversa regione italiana, invitandoli a studiare l'ambiente, il paesaggio e il patrimonio storico dei giardini che caratterizzano ogni singolo contesto. Perché è proprio dal contesto, dalla natura del luogo che nasce un bel giardino, non dalle elucubrazioni mentali di chi si propone di realizzarlo, né dalle illustrazioni dei libri stranieri. L'elaborazione anche del più piccolo progetto potrà essere fatta soltanto dopo aver colto gli spunti che il giardino stesso, gli elementi architettonici che questo contiene o il paesaggio circostante suggeriscono all'immaginazione. Sarà poi l'esperienza botanica, la sensibilità e l'abilità del progettista a realizzare in pratica il giardino, a dar forma vegetale ai volumi, ai cosiddetti pieni e vuoti architettonici che lo spazio richiede. Le piante sono quindi il risultato tangibile di questo lungo processo elaborativo, non il primo elemento da prendere in * considerazione. Questa è la cultura di base del giardinaggio. Ben vengano quindi le traduzioni ben adattate al clima italiano dei manuali della britannica e rigorosa Royal Horticoltural Society, che a tutt'oggi costituiscono la migliore guida pratica al giardinaggio di base, o i testi-guida alla progettazione pratica del giardino come Tbe complete hook of garden design, construction and planting, di D. Stevens, L. Huntington e,R. Key (Wardlock, 1994, pp. 250, £ 12.99). Oppure alla grafica semplificata per progettare un giardino come quella suggerita da Garden graphics: how to pian and map your garden, di Gemma Nesbitt (Viking, 1993, pp. 184, £ 18). Si dia più spazio alle monografie su un particolare genere di piante, ma non solo sulle rose: a quei libri illustrati che approfondiscano la conoscenza di una pianta in particolare (la fucsia, la camelia, la clematide o gli alberi da frutto ornamentali) e diano la possibilità di conoscere e quindi scegliere, fra tutti gli esemplari reperibili in commercio, quelli più adatti alle particolari condizioni ambientali di cui si dispone. Si diffondano libri pratici e specifici, di supporto, che insegnino a costruire il giardino o la terrazza in tutti i particolari strutturali, come i piccoli ma completi volumetti statunitensi della collana The library of garden de-tail sulla costruzione di sentieri, pergolati, arredi o treillage (Simon and Schuster, 1991, pp. 64, $ 10). Perché soltanto così — isolando e scomponendo gli elementi architettonici e naturali dell'insieme — si potranno avere le conoscenze specifiche di base, la competenza per creare un giardino ogni volta diverso, adatto a ogni specifica circostanza. Un giardino che sia diverso da tutti gli altri e che possa accogliere sapientemente anche i suggerimenti e gli spunti dettati dalla letteratura straniera del settore. Da pari a pari. Cosa leggere Secondo me su giardinaggio e paesaggismo