L'INDICE Moei libri del mese SETTEMBRE 1994 ■ N. 8. PAG. 22/VI Arte Giulio Romano pinxit et delineavit. Opere grafiche autografe, di collaborazione e bottega, catalogo della mostra, a cura di Stefania Massari, Palombi, Roma 1993, pp. 408, 141 ili., Lit 69.000. In un excursus cronologico che ne documenta dal XVI al XIX secolo la costante fortuna critica, l'opera di Giulio Romano (Roma 1499 circa -Mantova 1546), principale allievo e collaboratore di Raffaello e personalità paradigmatica della cultura figurativa manierista, viene indagata, a breve distanza dall'importante evento espositivo mantovano del 1989, attraverso le riproduzioni a stampa delle sue creazioni pittoriche e grafiche che cosi ampia diffusione conobbero anche nel contesto europeo a partire dalla seconda metà del Cinquecento. Testimoniata anche da fonti antiche quali il trattato De' veri precetti della pittura di Giovanni Battista Armenini, la non sporadica finalizzazione dell'atto grafico alla sua diretta traduzione a stampa rivela il significato attribuito dall'artista a questo mezzo di espressione, quale veicolo primario di comunicazione visiva. Condotte sui fondi Corsini e Pio dell'Istituto Nazionale per la Grafica e nella Calcografia Nazionale, e allargate ai disegni e alle stampe conservati nel Gabinetto dei Disegni e Stampe degli Uffizi, nella Royal Library di Windsor Castle, nella collezione Devonshire a Chatsworth, nella Graphische Samm-lung dell'Albertina di Vienna e nelle collezioni parigine del Louvre e della Bibliothèque Nationale, le ricerche confluite nel catalogo rivelano insospettate valenze storico-documentarie, individuando attestazioni di opere perdute o di fasi preliminari alla redazione definitiva, talora variata, di progetti pittorici e decorativi. Piera Giovanna Tordella dolf sternberger, Jugendstil, presentai. di Lara-Vinca Masini, Il Mulino, Bologna 1994, ed. orig. 1977, trad. dal tedesco di Marina Bistolfi, pp. 132, Lit 20.000. Un paradiso in terra dove la natura e il bello sarebbero stati argine contro il fragore della civiltà moderna. Così Sternberger, allievo di Jaspers e condirettore della "Frankfurter Allgemeine Zeitung", interpreta il movimento sorto in Germania a cavallo fra Ottocento e Novecento parallelamente al Modernismo in Spagna, al Liberty in Italia, all'Art Nouveau in Francia, alla Secessione viennese. Il libro riunisce nove saggi, tutti dedicati all'influenza dello Jugendstil nella cultura europea, scritti in occasioni diverse fra il 1934 e il 1976 e che prendono in esame opere figurative, letterarie, musicali. Con una prosa godibilissima e antiaccademica, libera da specialismi ma non per questo meno competente, l'autore vede nell'Art Nouveau non solo la prima delle avanguardie positive, ma una nuova filosofia di vita attraverso l'ipotesi di uno "spazio estetico totale" che sublima la realtà contingente nel mito della bellezza. Bellezza della vita e vita vissuta in bellezza sono una convinzione che permea tutto, osserva l'autore, una fulgida utopia, un'ossessione, e tutta la bellezza deve farsi decorazione, dentro e fuori, decorazione dell'esistenza nel suo complesso per poter fuggire dal tumulto delle città, dall'imperversare delle industrie e della tecnologia sentito come un diffuso frastuono soffocante e caotico. Non a caso, l'opera più tipica dello Jugendstil è la casa unifamiliare, intesa come regno della vita individuale, dove la sintesi delle arti nell'armonia fra dentro e fuori, fra decorazione, mobili, illuminazione e dettagli artigianali poteva dare la miglior prova di sé. Maria Laura Della Croce mario Praz, La filosofia dell'arredamento. I mutamenti nel gusto della decorazione interna attraverso i secoli dall'antica Roma ai nostri tempi, Tea Arte, Milano 1993, riedizione; pp. 398, 400 ili. di cui 34 a col., Lit 32.000. Gabriella D'Amato, Storia dell'arredamento. Dal 1750 a oggi, Laterza, Roma-Bari 1992, pp. 440, 426 ili. in b.-n. e 137 taw. a col., Lit 120.000. Da trentanni nessuno studio sulla decorazione di interni può omettere di citare in bibliografia La filosofia dell'arredamento di Praz. L'erudizione del letterato e l'esperienza del conoscitore, fuse al calor bianco di una passione di collezionista che si compiace di chiamarsi "mania", hanno prodotto un'opera incredibilmente ricca di informazioni, a tutt'oggi indispensabile per la consultazione e sempre godibilissima per la freschezza e l'eleganza dello stile. Questo basta ad accogliere con soddis fazione una riproposta del volume, anche se non è un fatto irrilevante che nell'attuale edizione economica, in copia conforme ma in formato ridotto, sia stato sacrificato il margine esterno di molte illustrazioni che nell'originale del 1964 Mario Monti aveva disposto con cura a filo del taglio delle pagine; inoltre sono state ora riprodotte in bianco e nero una ventina di tavole che erano a colori. Proprio nel valore documentario delle immagini sta la genialità del libro: gli interni sono tutti disegnati, dipinti o acquarellati da artisti o dilettanti del tempo. Il Loro sguardo, sempre analitico e puntuale, anche quando è ingenuo e affettuoso, ci fa entrare in queste "scatole abitate" come ospiti familiari che condividono del luogo prima l'atmosfera che lo spazio. La sequenza delle illustrazioni, dall'antichità classica al liberty, produce un'impressione maliosa e seduttiva e il testo la asseconda con un andamento che ha nel suo slesso procedere occasione di sosta e di sviluppo e che ubbidisce, prima che a convenzionali opportunità di periodizzazione, alla rigorosa metrica interiore del collezionista. Per una storia dell'arredamento intesa principalmente come conoscenza degli oggetti d'interno dal 1750 a oggi, Gabriella D'Amato ha impostato lo studio su tre temi guida: il Bello per il Settecento, la Storia per l'Ottocento e il Moderno per il Novecento. Ha organizzato così una com- plessa fenomenologia di forme attorno a nuclei concettuali semplici, definiti e sviluppati in altrettanti capitoli. L'elemento che caratterizza il libro e lo distingue da altri simili, pur validi per profondità di ricerca e ampiezza di documentazione, è una qualità di scrittura che non veste il discorso ma è sostanziata dal contenuto. Il testo non è semplicemente buono perché ben scritto; è ben scritto perché è fortemente motivato. A fondamento della naturalezza della frase, della chiarezza del ragionamento e del garbo delle citazioni, si avverte l'esperienza della materui, fatta in concreto e verificata in tutti i suoi possibili rapporti con altri dati di cultura. Questo risulta particolarmente importante per la parte del volume dedicata al Novecento dove, su uno stesso percorso cronologico, si debbono affrontare problematiche filosofiche, istanze sociali e sperimentazioni artistiche incalzanti, e al tempo stesso si deve dar conto delle articolate e complesse innovazioni tecniche industriali. Esemplari sono le pagine dedicate alla produzione dei mobili Thonet e alle soluzioni tedesca, francese e italiana nell'arredamento razionalista. Alessandra Rizzi Roberto Longhi, Caravaggio, Editori Riuniti, Roma 1993, riedizione, pp. 50, 100 ili. a col., Lit 60.000. Gli Editori Riuniti, ai quali si deve la pubblicazione del Caravaggio di Roberto Longhi del 1968 e la ristampa della monografia nel 1982 (2a ed. 1992) con introduzione, note e bibliografia a cura di Giovanni Previtali, offrono ora una riproduzione del solo testo longhiano originale. Al saggio sull'artista lombardo segue un contributo sulla fortuna storica del Caravaggio (relazione della conferenza tenuta al Circolo della Stampa di Milano il 16 luglio 1951, ma pubblicata solo diciassette anni dopo) e un apparato illustrativo di notevole qualità che comprende le cento tavole a colori scelte da Longhi. Il Caravaggio del 1968 segna il punto d'arrivo di un pensiero che è andato via via maturando a partire dalla tesi di laurea e dagli scritti giovanili apparsi sulla rivista "L'Arte", sorti tuttavia, come affermerà successivamente Longhi stesso, "nell'ambito filosofico di un idealismo troppo astraente". Attraverso i Quesiti Caravaggeschi, pubblicati tra il 1928 e il 1929, e gli Ultimi studi sul Caravaggio e la sua cerchia (1943), si veniva delineando un nuovo metodo critico nell'interpretazione della pittura "naturalistica". L'anno 1951 segnava una tappa fondamentale. Longhi, nella grande mostra milanese, metteva a confronto oltre quaranta opere dell'artista e più di quaranta pittori caravaggeschi. La rimeditazione sull'attività del Caravaggio, discussa nell'introduzione al catalogo, sfocerà l'anno successivo nella monografia dedicata all'artista pubblicata a Milano presso l'editore Aldo Martello, poi riveduta e ampliata nel Caravaggio del 1968. L'arricchimento del corpus caravaggesco avvenuto in questi ultimi decenni, gli studi e il continuo dibattito intorno alle opere del Caravaggio, così come questa scelta editoriale che ripropone al lettore un punto di partenza irrinunciabile per ogni contributo sull'artista — oltre che uno dei più alti brani di prosa longhiana — sono, come affermava Longhi riguardo alla mostra del 1951, "i segni più sicuri per accertare che un pittore è ancora vivo". Annamaria Bava Ottone Rosai, Il libro di un teppista, a cura di Giuseppe Nicoletti, Editori Riuniti, Roma 1993, pp. 151, Lit 22.000. È un Rosai sconosciuto ai più quello che gli Editori Riuniti propongono in questo volume, che contiene un'ampia introduzione di Giuseppe Nicoletti. Si tratta del Rosai scrittore che nasce quasi contemporaneamente al più noto artista figurativo: nel 1914 infatti, a un anno dalla sua prima mostra personale, Rosai pubblica su "Lacerba" le sue prime prove letterarie, scritte con clamorosi toni di sfida e provocazione nei confronti di convenzioni e idee correnti, subito apprezzate dai futuristi fiorentini che vedono in lui il prototipo dell'artista teppista, una nuova figura di intellettuale sovversivo antiborghese. L'immagine del teppista del resto stava diventando in quegli anni un vero e proprio fenomeno alla moda: nel suo Autoritratto in figura di tep- pista del 1912 Rosai si era raffigurato esibendo un vistoso coltello fra i denti, l'anno seguente Papini aveva fatto "professione di teppismo", poco dopo Soffici dipingeva l'olio Natura morta con teppista e Dino Campana scriveva i versi di Notturno teppista. Il libro di un teppista, uscito nel 1919, e Dentro la guerra, del 1932, sono stati per Rosai la testimonianza della propria esperienza di combattente durante la grande guerra. La loro riedizione oggi vuole sottolineare i legami fra pratica letteraria e pittorica mettendo in evidenza quel "selvaggismo" ante litteram che Rosai profondeva nell'eccentrica materialità verbale dei suoi testi letterari come nelle scomposizioni e irregolarità delle sue opere pittoriche. Maria Laura Della Croce Dizionario critico illustrato delle voci più utili all'architetto moderno, diretto da Luciano Semerani, CELI, Faenza 1993, pp. 286, Lit 120.000 (per gli studenti Lit 84.000). Nel 1797, nell'introduzione al suo Dizionario delle belle arti del disegno, Francesco Milizia scriveva: "Le Belle Arti non si possono esporre meglio che in un Dizionario.... L'Arte non è che collezione di esempi, di osservazioni, di riflessioni, che si prestano scambievolmente forza e lume per guidare l'intelletto"; e concludeva suggerendo un "metodo" d'uso, un percorso di lettura tra i lemmi, per seguire con profitto la sequenza delle definizioni e delle osservazioni, fino quasi a ricostituire attraverso di esse una sorta di elaborato teorico profondamente inserito nel dibattito coevo. Il significato di dizionario quale opera a tesi piuttosto che descrizione sistematica, funzionale e onnicomprensiva di voci dedicate allo specifico disciplinare sostiene il progetto del volume, che Luciano Semerani definisce "una cosmogonia di piccoli sistemi planetari (associazioni di idee, opposizioni, omologie, contrasti), costruita su questioni attuali per il mestiere dell'archi tetto". Si tratta di questioni il cui contorno è precisamente delimitato sia dalla scelta di affidare la redazione delle singole voci ad "architetti operanti" piuttosto che a teorici o storici dell'architettura, sia dalla necessità di attuare una selezione delle voci stesse, tanto più irrinunciabile quanto più ricorrente e urgente si dimostra nell'esperienza contemporanea la riflessione su questioni nodali della pratica costruttiva. Le voci traggono in sostanza la loro ragion d'essere da problematiche emergenti all'interno dei processi progettuali e costruttivi di emblematiche esperienze contemporanee, fino a riflettere, in estrema sintesi, fondamentali istanze di ordine etico e poetico. Scorrendo l'elenco delle voci, la composizione, il tipo, la pianta, il carattere, ì'appropriatezza, la decorazione, la luce, l'architettura dipinta, ecc. (ma già questa esemplificazione rischia di essere riduttiva, all'interno della struttura complessiva del "sistema") ci si accorge subito come queste, evidenzia Semerani, siano "temi antichi", consolidati; vorremmo aggiungere, classici. L'organizzazione dell'opera si sviluppa attraverso un rapporto continuo tra le voci, l'illustrazione dei progetti, le architetture fotografate, i riferimenti teorici. Da segnalare, infine, la calibrata selezione delle immagini, che nella loro sequenza tracciano un percorso di lettura esemplare. Fabrizio Fiocchi Arte segnalazioni André chastel, La pala d'altare nel Rinascimento, a cura di Christiane Lorgues-Lapouge, prefaz. di Enrico Castelnuovo, Garzanti, Milano 1993, trad. dal francese di Giancarlo Goccioli e Monica Turrio Baldassarri, pp. 294, Lit 150.000. Mario Quesada, Museo d'arte italiana di Lima, Marsilio, Padova 1994, pp. 230, 20 taw. a col ili. in b.-n., Lit 50.000. Catalogo di oltre duecento opere donate alla città di lima nel 1922 e scelte da Ugo Ojetti tra opere di artisti italiani, a partire dalla metà dell'Ottocento. Rappresentano le varie scuole regionali ed escludono le avanguardie. Canova e l'incisione, catalogo della mostra, a cura di Grazia Pezzini Bernini e Fabio Fioroni, Bassano del Grappa, Ghedina e Tassotti, Bassano del Grappa 1993, pp. 343, Lit 74.000. Canova usa la stampa come mezzo di diffusione della sua opera. Le incisioni sono eseguite da artisti scelti da lui, con controllo dell'illuminazione e del punto di vista. In questo modo l'artista precorre problematiche tipiche della riproduzione fotografica e conclude un secolo che ha lavorato intensamente alla traduzione a stampa di dipinti e sculture.