riNDICF ■■dei libri del meseM FEBBRAIO 1995 - N. 2, PAG. 6 Il Libro del Mese Besame mucho anno crudele (e inodore) Enrico DéXglio, Besame mucho. Diario d'un anno abbastanza crude- le, Feltrinelli, Milano 1995, pp. 168, Lit 20.000. Qual è l'odore del fascismo? L'odore che identifica il fascismo? Un anziano ed eccentrico profes- sore commissiona la strampalata ricerca a Enrico Deaglio nel gen- naio del 1994. Si tratta di chiedere a persone che l'hanno attraversato a quale odore esse associano il fa- scismo. "Come sarebbe, odori? — risponde a Deaglio la domestica Adele — L'odore della miseria, no?". Sì, ma che odore aveva la miseria? "Mi su no... L'odore del cavolo per la casa". Alla fine non saranno molti gli odori che il gior- nalista riesce a mettere in un elen- co. L'odore acre della Gomina Ar- gentina, "una specie di brillantina che usavano gli ufficiali della Mili- zia nel 1944". Il profumo che usci- va dalle pentole di minestrone ai Campi Dux. L'odore di plastica delle cartelle scolastiche. "I vinac- cioli tostati per fare il finto caffè". Il profumo "Tabac Blond" ricorda- to da due anziane signore dell'as- sociazione torinese "Le Ragazze di Ieri". Il profumo della "Lavanda Zuma" ricordato da un nobiluomo palermitano che lo associa a una cantilena piemontese: "Anduma, anduma, la Lavanda Zuma". Con questa storia surreale comincia il nuovo libro di Enrico Deaglio. Ma come definire queste pagine, dense di avvenimenti, fitte di per- sonaggi, percorse da un sentimen- to di nostalgia e ribellione che vol- ta a volta può tradursi in uno sguardo sarcastico ma anche in un romantico fermo immagine? Seb- bene le vicende qui narrate abbia- no la forza evocativa di un roman- zo e ne rispecchino un disegno ideologico e morale, questo libro di sicuro non è un romanzo, perché i fatti e i personaggi che lo popolano sono tutti realmente accaduti e hanno fatto parte della vita quoti- diana degli italiani. Non è un'opera storiografica, poiché l'autore non soltanto non si preoccupa di rico- struire uno sviluppo unitario degli eventi, ma lascia che gli stessi flui- scano come tanti rivoli che s'in- grossano sino a formare il fiume. Neppure è un saggio politico o so- ciologico, nel senso di un'indagine condotta con l'uso di categorie scientifiche, benché si riveli uno straordinario ritratto del paese rea- le in cui viviamo. Secondo il sotto- titolo, il libro è un diario. In parte è vero: sul piano formale della struttura e della scrittura, questo è un diario. In dieci capitoli, ognuno una storia, Deaglio racconta il '94, l'anno del cambiamento. "Tenga un diario — gli ha detto lo stesso professore che gli ha com- missionato la ricerca sugli odori —, ci annoti gli avvenimenti; anche quelli più minuti. Si ricordi sem- pre le date. Ponga, vicino agli av- venimenti, gli interrogativi che questi le suscitano. Rilegga dopo un po' di tempo e, di nuovo, anno- ti le sue considerazioni. È un buon metodo per tenere sveglia la me- moria, sa? Anche se le sembrerà di perdere tempo, lei non ha idea di quanto tempo in realtà si risparmi. La Vita organizzata fa sì che la Vi- ta diventi più lunga". L'ultimo conduttore di "Milano, Italia" se- gue 0 consiglio. A zonzo nelle con- trade del nostro paese, per racco- di Alberto Papuzzi intime o spirituali, ma ricordi o in- contri in cui si condensano vicen- de collettive piuttosto che indivi- duali. Vogliamo vedere chi sono questi personaggi? Ovviamente Berlu- sconi, con la sua spilla "Incanta Burini". Ma anche il ragazzo Ric- nati da una Sony Handicam. José Gonzales che nella notte di Rimini diventa Maria, labbra e seno pom- pati dal silicone. Hassan, docente di fisica, e Houria, professoressa di matematica, scappati da Algeri a Pisa, per paura del fanatismo isla- mico. Marcello Dell'Utri, grande Interviste sull'Italia che verrà Paul Ginsborg: ballando sul Big Dipper Qual è il giudizio sull'"anno crudele" di Paul Ginsborg, storico inglese che insegna a Firenze, autore di saggi sulle vicende po- litiche del nostro paese e di testi di aggior- namento come "Stato dell'Italia"? "Nella politica italiana il 1994 è stato so- prattutto un anno di sorprese, non tutte cru- deli. All'inizio di gennaio c erano pochissimi commentatori che erano pronti a scommette- re su Berlusconi. Ma dopo le Europee il go- verno Berlusconi sembrava in grado di dura- re per i cinque anni della legislatura. Invece a dicembre era moribondo. Le sorprese della politica italiana dimostrano che a livello isti- tuzionale e politico il paese sta ancora ballan- do sul Big Dipper su cui salì nella primavera del '92. Sapete cos'è il Big Dipper? Una gio- stra inglese che va su e giù in modo violen- to". Il 1994 sarà ricordato dagli storici come un anno di rottura? "I vecchi partiti non esistono più, un uomo d'affari è diventato primo ministro, l'atten- zione dell'Europa e anche del mondo si è concentrata sull'Italia come mai prima era accaduto. L'ingresso dei post-fascisti nel go- verno è stato visto come un pericoloso prece- dente non solo per l'Italia ma per l'Europa, Tana De Zulueta: siete indiani non inglesi Enrico Deaglio definisce il 1994 un anno crudele. Quale aggettivo sceglie invece Ta- na De Zulueta, giornalista inglese da 17 an- ni in Italia, corrispondente dell'"Economi- st" e direttrice di Videomusic? "Deludente. Senza cadere nella retorica del nuovismo, per cui tutto deve essere o appari- re nuovo e Prima Repubblica era diventato il peggior insulto, tuttavia nel gennaio scorso io vedevo delle premesse di rinnovamento che in questi dodici mesi sono andate deluse". Le speranze di rinnovamento erano ap- puntate sulla riforma elettorale con il pas- saggio a un sistema politico che si avvici- nasse al modello anglosassone: è un cam- biamento necessario e comunque possibi- le? "Io non credo che sia necessario. E proba- bilmente non è neppure possibile. Da parec- chio tempo il maggioritario secco è messo in discussione in Gran Bretagna, per il semplice motivo che parte dell'elettorato, soprattutto liberale, non si sente rappresentato: molti miei amici e colleghi dicono di sentirsi disen- franchised, non rappresentati. Un meccani- smo che assegna forte rappresentanza alla minoranza maggiore ha ingessato il sistema politico e ha impedito la transizione a sini- gliere storie per la sua trasmissione (nei primi sei mesi dell'anno) o per i suoi réportages, riempie di note il suo taccuino. Da quelle note è na- to il libro. Il risultato è un diario pubblico. Il diario d'un cronista. O, meglio ancora, il diario d'un italiano. Un italiano nato nel dopoguerra, edu- cato nella cultura borghese, che osserva e annota con genuina cu- riosità, persino con benevolenza, gli avvenimenti pubblici, per capi- re di che pasta è fatta la gente in mezzo a cui si trova a vivere (e na- turalmente per capire anche se stesso). Non la gente berlusconia- na, o la gente dei sondaggi, ma sin- gole persone, con nome e cogno- me, protagoniste di esperienze che coinvolgono o rispecchiano altre persone, in un progressivo allarga- mento dei cerchi nell'acqua. An- che quando il diario registra fatti privati, non si tratta di questioni cardo Carbin, che amava Jim Mor- rison e tirava le pietre dai cavalca- via. Giacomo Riina, zio del più no- to Totò, che esporta la mafia nel paese delle ocarine. I fratelli Inco- gnito, Caino e Abele di Bronte, eter- capo, dalla doppia biografia, dei "Poi Spot" di Forza Italia. Ilaria Alpi, uccisa a Mogadiscio dal "muro di gomma". E la domestica Adele, "così magra che certi sche- letri sono più in carne di lei", che Da Lotta Continua a Milano Italia Enrico Deaglio, nato a Torino nel 1947, è stato di- rettore di "Lotta Continua" e di "Reporter". Chiusa l'esperienza politica, a par- tire dagli anni ottanta ha scritto réportages sulla ma- fia per diversi giornali, mentre dal 1989 al 1993 ha curato le serie televisive "Storie di piccola mafia" e "Storie di uomini di fron- tiera". Negli anni novanta rende nota la storia di Giorgio Perlasca, un diplo- matico al cui coraggio do- vettero la salvezza migliaia di ebrei. Fra i suoi libri, Cinque storie quasi vere (Sellerio, 1989), Ilfiglio del- la professoressa Colomba (Sellerio, 1992) e Raccolto rosso (Feltrinelli, 1993). Da gennaio a giugno dell'anno scorso Deaglio ha condotto "Milano, Italia". era comunista ma vota Bossi, per- ché dice che "sta dalla parte degli operai e del popolo". E il profes- sor Molciani, amico di famiglia, che con i soci europei del Club della Memoria aggiorna i necrologi delle persone memorabili. Fino all'ultima immagine del diario: quella complementare di "Berlu- sconi come Masaniello e Di Pietro come Cincinnato". Questi volti sono immersi in una rete di relazioni, di cui l'autore tira i fili. L'Adele che "si sfianca i reni per pagare le cambiali ai figli che si sono comprati il Pajero" è la stessa che "andammo a piazzale Loreto, col tram, attaccate al trotter, tutte a vedere la scurlera della Petacci". La villa del Berlusca riporta a gatta, dal fondo della memoria, l'eroe di Citizen Rane e la sua concezione del potere: "La gente imparerà a pensare solo quello che voglio io", ma evoca anche "il cugino Gasto- ne, che usciva dalle strisce per an- dare al Quirinale". Da Giacomo Riina, che dedica versi danteschi ai pentiti, si torna indietro, a Corleo- ne e Liggio, ma anche si risale, per un intrico di legami, alle moderne strategie di Cosa Nostra. Il dimen- ticato Gasparazzo, capo della ri- volta di Bronte del 1860, resa fa- mosa da un film di Vancini sulla rappresaglia di Bixio, resuscita un altro Gasparazzo: quello disegnato da Roberto Zamarin su "Lotta Continua". E chi è il padre di Ila- ria Alpi se non l'ex primario di urologia dell'Ospedale Forlanini, viso all'Humphrey Bogart, sigaret- ta sempre in bocca, "il compagno primario Giorgio Alpi, il cui te- lefono tutti noi extraparlamentari avevamo segnato nell'agenda"? Besame mucho è una vecchia e popolarissima canzone argentina che Deaglio sente cantare in treno, durante un viaggio nei giorni dei mondiali. "Bésame, bésame mu- cho... Como si fuera està noche la ùltima vez..." Se diventa il titolo del libro è probabilmente per si- gnificare la casualità — almeno ap- parente — con cui le cose della vi- ta si dispongono attorno a noi. Ascolti i versi di una canzone, sen- za darci importanza, ed essi ripor- tano i frammenti di un'esperienza che è stata ormai riassorbita nel passato, e sembra riaffiorare al di fuori di ogni ragione pratica. Ma, depositandosi sul presente, questi granelli di memoria ne rivelano i veri contenuti e i nascosti significa- ti, mettono in rilievo la logica del labirinto, come una polvere che agisca per contrasto. "Como si fuera la ùltima vez". Forse non è solo un ritornello. Nell'ordito di Deaglio tutto accade come se fosse l'ultima volta. L'ulti- ma volta che ci scandalizziamo per l'impudenza dei fascisti, l'ultima volta che citiamo le stupide scritte mussoliniane: "Il Posto al Sole", "I Colli Fatali", "Gli Otto Milioni di Baionette", "Noi Tireremo Di- ritto", e quella più idiota di tutte: "Io Sono e mi Sento Profonda- mente Rurale". L'ultima volta che