Idei libri del mese| NOVEMBRE 1995 Giuseppe Savoca, Vocabolario della poesia italiana del Novecento, Zanichelli, Bologna 1995, pp. 1152, hit 99.500. Il volume contiene le concordanze delle poesie di sedici poeti (Govoni, Corazzini, Gozzano, Moretti, Palazzeschi, Sbarbaro, Rebora, Ungaretti, Campana, Cardarelli, Saba, Montale, Pavese, Quasimodo, Pasolini, Turoldo), in parte recuperate dalla grande iniziativa che lo stesso Savoca ha intrapreso da tempo per gli "Strumenti di Lessicografia letteraria italiana" dell'editore Olschki. Sono passati tanti anni da quando Gianfranco Contini esortava, rifacendo il verso a Foscolo, gli italiani "alle concordanze" e lo spirito di quel Grande si rallegrerà certamente di una tale impresa, per quanto siano facilmente immaginabili anche i suoi se e ma (perché escludere i grandi viventi come Luzi o Sanguineti e come mai, tra i morti, non c'è il sommo Caproni?). Intanto, comunque, e in attesa di già annunciate integrazioni (specialmente l'area "ermetica" attende migliore documentazione da nuovi apporti), può uscire un Vocabolario della poesia italiana del Novecento. La lingua della poesia novecentesca si caratterizza, a confronto di quella degli altri secoli, per una ridotta divaricazione rispetto a quella comune e quotidiana. Nessuno dei lemmi comuni a tutti gli autori scrutati è meno che consueto e scontato perfino nella forma, a parte le varianti dotte di labbro, la- B ORLA Via delle fornaci. 50 - 00165 Roma André Green SEMINARI ROMANI pagg. 112-L. 20.000 Christopher ESSERE Bollas UN CARATTERE pagg. 288 - L. 40.000 Neri OLTRE L'OMBRA Donne intorno a Jung pagg. 208 ■ L. 30.000 Leonardo REALTA Arena E LINGUAGGIO DELL'INCONSCIO pagg. 144 - L. 25.000 R. Diana MENTE A. Grosz E CERVELLO pagg. 144 -L. 30.000 S. Marinelli FATTORI A. Sbardella TERAPEUTICI NEI GRUPPI E NELLE ISTITUZIONI/3 pagg. 176-L. 30.000 Il core di Saba e l'acciarino di Montale di Vittorio Coletti bro nei poeti dei primi due decenni e di cuore che convive con core fino a Saba del '21. La forma tronca più celebre della tradizione lirica, amor, finisce anch'essa con gli anni venti, se si eccettuano le due incursioni nel Montale non a caso più solenne e teso delle poesie cliziane di Bufera. A fronte delle 105 occorrenze dell'eterno desiderio, poco montano i 18 desio, oltre tutto fronto tra i 100 ella (che comunque non scavalca Montale) e i 254 lei. Facile è poi documentare, attraverso le concordanze di Savoca, la contiguità della lingua della poesia con quella della quotidianità: dal tram (12) all'automobile (6), al camion (2), all'autostrada (4), dal formaggio (5) al basilico (4), dal fieno (11) alla cascina (7), dalle camicie gan, pàté, gol, crèpes, un settore in cui Montale (specie quello da Satura in poi) la fa da padrone. Bastino a questo riguardo i dati numerici che si ricavano da una delle preziose appendici del volume: i tedeschismi sono 29, gli ispanismi 57 (+14 voci portoghesi), gli anglismi 179, i francesismi 422 e i latinismi 331. E interessante notare come il forestierismo, usato nelle compresi dentro 0 perimetro sa-biano; forse solo nube colle sue 135 presenze batte il concorrente normale nuvola, fermo a pur ragguardevoli 99 occorrenze; ma delle ben 748 comparse di volere solo una, se ho visto bene (in Rebora!), restituisce (volea) una morfologia poetica antica; dei 1113 vedere i vedo sono molti, ma l'allotropo antiquato veggo è circoscritto a Saba (che anche da questi dati appare il più decisamente conservatore tra i poeti del secolo) e solo aggalla in un forbito Cardarelli e in una "dispersa" di Montale. I residuati del vecchio armamentario sono quasi tutti concentrati nei poeti dei primi decenni e a basso grado di frequenza, insidiati da concorrenti più forti e più noti. Anche in sede morfologica si potrebbero fare rilievi analoghi, che qui limitiamo ai pronomi di terza persona: ei sopravvive non oltre Saba (con 22 attestazioni) e sarebbe bello poter confrontare nel ruolo di soggetto i 127 egli con i 277 lui, che però, nel vocabolario automatizzato di Savoca, è ovviamente presente in modo indistinto in tutte le funzioni grammaticali possibili; e lo stesso dicasi per il con- (17) al maglione (2), dallo sgabuzzino (2) al pollaio (8), dalla trattoria (3) al parrucchiere (4) ecc.; è un settore di lessico comune e referenziale attestato più in lungo, con gran numero di forme, che in largo (sono poche, come si vede, le occorrenze delle stesse forme), ma tale, per quantità, da segnare fortemente il tono linguistico dei poeti del secolo. Anche i forestierismi entrano nel vocabolario poetico come segno della lingua di tutti i giorni: habitué, flash, forfait, smoking, slo- occasioni più diverse come status symbol nobilitante (si pensi alla pubblicità), sia in poesia invece un segno vistoso di abbassamento, di ironica adeguazione alla trivialità linguistica dominante. Discorso diverso andrebbe fatto per i dialettismi (che in poesia alzano 0 tono e segnalano scelte rare, difficili), ma un solo ligurismo attestato (quando nel solo Montale se ne contano parecchi) dimostra che su questo punto bisognerebbe verificare i criteri classificatori di Savoca. Gùnther Anders Noi figli di Eichmann Come si diventa Eichmann? AA.VV. Una gioventù offesa Ebrei genovesi ricordano Editrice Ea Giuntina - Via Ricasoli 26, Firenze N. 10, PAG. 6 Ci si può chiedere ora se, attraverso le concordanze, è possibile scoprire quale diversità alimenti tuttora la lingua poetica, dove si annidi l'inevitabile differenza da quella comune. Va detto subito che un repertorio lessicale non consente di per sé di percepire i fatti più salienti dello scarto poetico nella lingua del Novecento, che sta per eccellenza nella sintassi (uso delle preposizioni) e nella semantica (recuperi etimologici, transitivizzazione di verbi intransitivi, ecc.). Ma anche da questa specola emergono dati indicativi. Intanto l'evidenza delle lingue speciali, in particolare della botanica e della zoologia. Se questo vocabolario, come quelli normali, avesse corredato le voci delle lingue speciali di un indicatore (bot., zool., ecc.) sarebbe subito visibile il repertorio della varietà naturalistica, che da Pascoli e D'Annunzio è pervenuto al pieno Novecento. Da questa scorsa alla sola lettera A ecco i nomi delle piante: abete, acacia, acanto, acero, agave, alberello, alga, aloè, arancio, areca, asfodelo, azalea; e degli animali: acaridi, acridio, acherontia, airone, alano, albatro, alcione, anguilla, aquila, aragosta, arginnidi, asino, con una gamma linguistica che va dallo specialismo più spinto (anemofilo, achenio) alle parole più comuni e note, quasi che la poesia si fosse incaricata di tenere vivo (e a suo modo rianimare) un grande settore della lingua e della vita che la realtà moderna va sempre più smarrendo e confondendo. Questo è un dato che ricorda inoltre come anche la poesia contemporanea richieda a volte al lettore l'ausilio del vocabolario; ecco una breve lista di parole bisognose (presumibilmente) di soccorso lessicografico, ricavata scorrendo la C: cacume, cagulardo, calamo, camarlingo, camuso, canizza, carapace, celesta, ecc. Ci sono poi settori del lessico in cui lo sviluppo specifico della lingua poetica è stato più forte: si pensi ai verbi parasintetici (dalla A: abbuiare, abbrunare, affissele, affocare, afforzare, affabulare, avvivare), dei quali è stato ancora una volta maestro Montale (aggottare, aggricciare, attuffare); e lo stesso si potrebbe dire per certi astratti, soprattutto quelli in -mento (allunamento, allettamento, avvolgimento, accasciamento, ecc.). Tra i poeti, Montale è quello il cui lessico (con 73.682 occorrenze, ma non è detto quanti lemmi) è più lungo e non a caso a suo nome vanno ascritti molti degli apax di questo vocabolario, collocati sia (e questo è notevole) tra le voci basse, usuali (aggeggio, accendino, acciarino, ammicco) che tra quelle rare e dotte (adusto, adusato, albale, aligero, aerino). Che la lingua della poesia sia più "lunga" di quella comune è per altro nozione acquisita, anche se sarebbe interessante qualche dato sulla sua ripetitività nei poeti del passato. Ora questa caratteristica è ribadita per il nostro secolo anche dai dati; il corpus del vocabolario di Savoca è di 23.391 parole diverse su un totale di 419.979 occorrenze, mentre una recente ricerca sulla lingua parlata (hip di De Mauro) presentava 15.641 parole diverse su un totale di circa 500.000 occorrenze. La lingua poetica del nostro secolo è dunque più varia e meno ripetitiva di quella parlata comunemente: una buona ragione per coltivarla, no?