marzo 1998 Il mezzo è narrativo LIDIA DE FEDERICIS Tirature '98 a cura di Vittorio Spinazzola pp. 250, Lit 29.000 Il Saggiatore, Milano 1997 La narrativa è un mezzo? S'intenda un mezzo nel senso di medium, il mezzo di comunicazione di massa. La narrativa è certo 0 mezzo per il quale passa (è passata sempre) la maggior quota di lettura e quindi la storia dell'editoria. Colpa o merito dello statuto incerto, fra arte e passatempo, che caratterizza il libro di narrativa, merce ambigua più di qualsiasi altro. Ora, se accettiamo il presupposto che nell'atto di lettura incomincia la vita sociale del testo (parafraso un Mario Barenghi di qualche anno fa); se siamo interessati a capire "chi legge cosa, e perché" (cito dal risvolto di copertina di Tirature '95); se ci troviamo d'accordo con quanti "hanno del libro un'idea meno retorica, meno tradizionalista di quella prevalente fra i letterati puri" (dall'introduzione di Vittorio Spinazzola al volume 1998); e soprattutto (aggiungo io) se siamo lettori sistematici di narrativa: allora saremo per forza entrati da tempo a far parte del pubblico spinazzoliano. "Tirature", che è l'unico annuario in Italia dedicato all'intreccio fra letteratura e mercato, risulta infatti, specialmente, un annuario di narrativa. Qui, nella folla dei narratori contemporanei e nella vicenda anno per anno delle loro fortune, trovano spazio sia l'esplorazione del gusto diffuso sia il bilancio dell'industria editoriale; sia infine quel "criticismo analitico", quel "discorso critico" sulla cultura che evita a "Tirature" il rischio, implicito nella sociologia letteraria, di ridursi a semplice registrazione avalutativa dell'esistente. Al contrario, quest'anno il titolo stesso della sezione monografica, Una modernità tutta da raccontare, puntando sulla narrativa come mezzo di una modernità presente, avverte con garbo i lettori smaliziati che, rispetto al tema controverso del dove va il sistema culturale (e dove va a finire la letteratura), l'atipico libro-rivista ha scelto di compromettersi; e, per farlo, anzitutto si è sottratto alla vulgata, pur nobile, dei termini correnti nel nostro dibattito, oggi non tanto ideologico quanto moralistico. dei libri del mese | T^/ oLùtcr'l,CC\> Di tali correnti termini e stereotipi i più noti germinano dal post: come postmoderno e, oltranzisticamente, postumo. Nell'apertura intitolata Crollo dei miti e rilancio delle fantasie, in modi conversevoli, conformi all'elegante retorica dell'abbassamento che gli è propria, Spinazzola sfiora il discorso che diciamo epocale e che è spesso apocalittico: ma nega che quello della fine della letteratura sia davvero un problema e scarta l'attuale abuso nominalistico del postmoderno, perché (secondo lui) è ancora di modernità, tardiva modernità italiana, che dobbiamo parlare. Nei saggi successivi l'affiatato gruppo redazionale - "tutti giovani o postgio-vani", nota il seriocomico Spinazzola - si sparpaglia, seguendo ciascuno il proprio filo di ricerca o sociologica o tematica o di genere o di storiografia (è il caso di Barenghi, che rilegge i giovani cannibali in rapporto alla Scapigliatura storica) o su singoli autori (è il caso di Giovanna Rosa, che torna a occuparsi della ricezione della Tamaro, uno degli episodi tenuti spesso sotto osservazione). Tutti però sembrano accordarsi in certi convincimenti generali: scarsa simpatia per Prodotti, venduti, forse letti Dalla sezione "Cruscotto letterario" di "Tirature" 1998, abbiamo stralciato una serie di dati statistici che offrono un panorama quantitativo dello stato delle cose nell'editoria italiana. PRODUZIONE 1992 1995 % sul 1994 Titoli pubblicati (varia e scolastica) 42.007 49.080 (+5,2) Titoli di varia (adulti e ragazzi) 34.694 40.429 (+3,5) Tiratura complessiva (varia e scolastica) 223.700.000 289.200.000 (+0,03) Libri di varia con prezzo di copertina: inferiore a 15.000 lire 8.918 11.699 da 15.000 a 30.000 lire 13.199 14.503 superiore a 30.000 lire 11.279 12.817 VENDITA (in miliardi di lire) 1992 1995 % sul 1994 Vendite a prezzo di copertina 3.563 3.691 (+3,5) In libreria 1.703 1.837 In edicola (esclusi i libri con supporti audiovisivi) 200 78 Grande distribuzione 167 204 Vendite rateali 875 790 Vendite per corrispondenza 458 444 LETTURA 1992 1994 Lettori di almeno un libro in un anno 19.101.000 Percentuale sulla popolazione superiore ali anni 38,2 Di questi, percentuale di lettori di 1 -3 libri Di questi, percentuale di lettori di 12 o più libri 19.436.000 38,5 49,1 12,5 n. 3, pag. 5 la categoria del postmoderno, inteso semmai come fatto di stile, come fenomeno di ibridazione via via aggiornata (vedi Bruno Pisched-da); e impiego preferenziale di altre formule quando ci si debba riferire globalmente alla fase storica (vedi un esempio nell'"Occidente tardoindustriale" di Gianni Tur-chetta). Ci sono buoni motivi per discutere di moderno e postmoderno, e postmodernismo; e buoni motivi per essere infastiditi dall'andamento della discussione. Fra i molti che collaborano a "Tirature" non tutti avranno gli stessi, o saranno allineati nello stesso schieramento. Ma nell'insieme si ha l'impressione di una lodevole resistenza a farsi trascinare (dalla terminologia!) verso la conclusione, là dove non s'intravedono né sbocchi né mosse vincenti. Chi non va cercando l'eccellenza del capolavoro, ma ragiona sulla quantità - sulla sovrabbondanza, sulla ricchezza -delle scritture, di fronte al mutamento culturale tende ad azzardare ipotesi interpretative più che a sentirsene atterrito. Chi è preso dalla curiosità per i tanti libri che gli passano in mano, rilutta a ritenere esaurita o in crisi irreversibile una storia che era storia di libri e di lettori. In questo volume il gruppo di studiosi che ha lavorato al disegno della mappa complessiva è di quasi trenta, e bisognerebbe nominarli uno per uno. Mi limito invece a ricordare quelli del nucleo originario, che reggono alla continuità dell'impegno comune; e sono - oltre ai già citati - Alberto Cadioli, Gianni Canova, Luca Clerici, Bruno Falcetto, Fabio Gambaro, Paolo Giovannetti, Maria Sofia Pe-truzzi, Paolo Soraci. Quanto al contenuto della mappa, dirò che se ne trae, al solito, un senso di sintetica pienezza. Il mondo di "Tirature" è un mondo pieno, sorvolato a volo d'uccello. Fa piacere che non manchi neppure uno sguardo attento sul percorso di Gianni Celati, il narratore orale che siamo stati in molti a rimpiangere come un'occasione perduta. L'industria dei titoli ALBERTO CADIOLI Storia dell'editoria nell'Italia contemporanea a cura di Gabriele Turi pp. 503, Lit 48.000 Giunti, Firenze 1997 Con molta franchezza Gabriele Turi, nella prefazione a Storia dell'editoria nell'Italia contemporanea, dichiara i limiti che ancora impediscono di realizzare, in Italia, un grande progetto sul modello delVHistoire de l'édition frangaise e manifesta le perplessità di poter comunque realizzare una prima, meno ambiziosa, storia dell'editoria libraria italiana. Scrive dunque Turi che ogni iniziativa in questo senso è, contemporaneamente, tardiva e prematura, poiché mancano ancora molte ricerche settoriali e soprattutto non c'è stata "in un paese così ricco di tradizioni e di fondi librari e archivistici, la capacità di incorag- giare e coordinare studi che vedono impegnati, con sensibilità diverse, storici, biblioteconomi, storici e sociologi della letteratura". Ciò nonostante è stato giudicato utile tracciare alcuni quadri storici "dalla Restaurazione fino ai giorni nostri". Da questa premessa discendono la scelta degli argomenti dei saggi e un punto di vista che privilegia soprattutto la storia delle "iniziative editoriali". "Le vicende dell'editoria chiamano in causa anche la storia", sottolinea giustamente Turi, e i titoli delle quattro parti del volume (ciascuna di tre saggi) intrecciano elementi più genericamente storici ad altri più specifici (I. Prima dell'unità, II. Uno stato un mercato, III. Il nuovo secolo: editori, lettori e società di massa, IV. Le trasformazioni del sistema editoriale). Nella prima sezione le questioni più rilevanti poste dai saggi di Maria Iolanda Palazzolo (Geografia e dinamica degli insediamenti industriali), di Mario Infelise (La nuova figura dell'editore), di Luigi Mascil-li Migliorini (Lettori e luoghi della lettura) riguardano soprattutto il consolidamento del ruolo dell'editore "moderno" nelle diverse parti del paese, la necessità di tutelare il lavoro editoriale e i diritti d'autore, l'importanza di assumere una fisionomia imprenditoriale, sia per marginalizzare i contraffattori sia per far fronte alle sollecitazioni di un mercato in trasformazione e di più varie occasioni di lettura. Solo chi guarda al nuovo - che vuol dire nuove possibilità tecniche e mutati rapporti con scrittori e lettori -può sopravvivere. Scrive puntualmente Infelise che la specificità dell'editore, rispetto al tradizionale libraio-stampatore, "è la capacità di concepire sempre nuovi progetti editoriali di respiro nei quali coinvolgere letterati e scrittori all'interno di una redazione che non fosse un'impresa occasionale". Con il saggio di Ada Gigli Marchetti (Le nuove dimensioni dell'impresa editoriale) incomincia a delinearsi il "quadro narrativo generale" (Turi) delle iniziative dell'editoria italiana contemporanea, dal quale far discendere alcuni temi di ricerca più circoscritti. Tra questi quello del nuovo pubblico: in questo senso si muove lo scritto di Adriana Chemello, La letteratura popolare e di consumo, che, se ci si limitasse al titolo, sembrerebbe riproporre l'equivoco, ricorrente nella sociologia della letteratura, di intrecciare l'interesse per l'editoria con un'atten- zione critica dedicata (quasi) solo alle forme marginali del sistema letterario. A fino Ottocento incominciano per altro a proporsi con evidenza (e a rimbalzare da un saggio all'altro) l'importanza dell'editoria scolastica e la predominanza delle aziende delle regioni settentrionali (e di Milano, tra le città) nel sistema editoriale complessivo. In alcuni scritti della seconda e della terza parte sono invece direttamente affrontate le questioni relative allo sviluppo delle associazioni di categoria (Domenico Sacchi, Un associazionismo difficile), all'affermazione dell'editoria cattolica (Francesco Traniello, L'editoria cattolica tra libri e riviste), alla nascita di quella socialista (Maurizio Ridolfi, La breve stagione dell'editoria socialista). Con l'ampio saggio di Enrico Decleva sul primo Novecento (Un panorama in evoluzione) e con quelli di Gianfranco Pedullà (Gli anni dei fascismo: imprenditoria privata e intervento statale), di Gabriele Turi (Cultura e poteri nell'Italia repubblicana), di Giovanni Ragone (Tascabili e nuovi lettori), la storia dell'editoria rivela pienamente i problemi e le contraddizioni di un'industria che, nonostante l'evidente necessità di misurarsi con l'economia e il mercato, è considerata, dai suoi stessi promotori, "diversa" per il suo potenziale ruolo culturale. Gli spunti di riflessione offerti dalle pagine "novecentesche" sono davvero tanti, sia sul piano culturale (con l'esame delle linee editoriali, del rapporto editori-intellettuali, del dialogo con il pubblico) sia su quello economico. In quest'ultima direzione è di grande interesse, per citare un solo esempio, la sottolineatura, più volte operata da Decleva nel suo ricchissimo panorama, dell'intreccio tra società editoriali e banche, tra le quali è molto attiva, nei primi anni del secolo, la Banca Zaccaria Pisa, con quote azionarie nella Treves, nella Bem-porad, nella Zanichelli. L'obiettivo indicato nella prefazione di Turi sembra, dunque, ampiamente raggiunto. Proprio per questo sarebbe stato auspicabile, a completamento di un'opera destinata allo studio e all'approfondimento, una bibliografia complessiva, grazie alla quale permettere, tra l'altro, il facile reperimento dei tanti contributi che, citati nel corso dei saggi, il lettore è costretto a inseguire di nota in nota.