MARZO 19987 N. 3, PAG. 17 <4 una pruriginosità, un'equivoca "fissazione" sul sesso che Fielding non fu l'unico tra i contemporanei a percepire nel romanzo di Ri-chardson. Egli non aveva bisogno della psicoanalisi per intuire che dietro la Pamela "manifesta" c'era una Pamela "latente": ed è questa "altra", svergognata (shame = vergogna) Pamela che mette in scena col nome di Shamela ("e lui mi ha baciato ancora, tutto ansimante (...) ma, per sfortuna è arrivata la Signora Jervis, e in pratica mi ha rovinato la festa"). Ma tradiva anche, quell'affettazione (o ipocrisia), un calcolo opportunistico di piccola arrampicatrice sociale che vuole vendere al meglio la propria merce (autentica o contraffatta che sia) in un mercato dove la Virtù sta diventando l'articolo più richiesto. Ed ecco allora 0 secondo motivo di ostilità. Fielding non poteva accettare le implicazioni di una vicenda il cui happy ending coincide con una mésalliance. Facendo sposare a un gentiluomo la propria Fielding in italiano IDi Fielding, oltre a Shamela, J sono disponibili in italiano an- i che i tre romanzi principali: Jo- J seph Andrews (Garzanti, "I I grandi libri" n. 39, 1973, trad. di Giorgio Melchiori, introd. di Maria Teresa Cagna Sereni), I Jonathan Wild il grande (Bompiani, "Nuovo portico" n. 21, 1981, trad. di Carlo Izzo, pre-faz. di Sergio Perosa) e Tom Jones (Feltrinelli, "Universale economica. I classici" n. 27, 1991, trad. di Decio Pettoello, I introd. di William Empson, 2 j voli.). domestica - una domestica che afferma orgogliosamente che la sua "anima" vale quanto quella "di una principessa" e, addirittura, che tutti gli uomini sono "alla pari in origine" -, Richardson aveva riproposto il caposaldo dell'ideologia borghese-puritana: la virtù, non il sangue (o il denaro), come unica vera forma di "grandezza" e, quindi, fondamento di legittimazione sociale. E la virtù che legittima Pamela a diventare una gentildonna, così come è la virtù che legittima Mr B., dopo la "conversione", a fregiarsi di quel titolo di gentiluomo che prima usurpava. "Signori", insomma, si è - o si diventa - per diritto morale. Questo è il "messaggio" che Richardson affidava alla storia di Pamela; e che esso fosse centrale nel suo progetto narrativo è dimostrato dal fatto che quasi tutto il secondo volume è dedicato alla "questione matrimoniale". È qui che Richardson gioca la sua carta più impegnativa. La gioca con grande prudenza (non sufficiente comunque a evitare l'imbarazzo di alcune tra le sue stesse più fervide ammiratrici): perché mentre Pamela, nonostante le dichiarazioni di uguaglianza, rimane ossequiosamente ligia alle differenze di classe - prima accusando Mr B. di "degradarsi" cercando di sedurre una "serva" come lei, poi rammentandogli la di-sdicevolezza di un matrimonio fra disuguali (lo status, dopotutto, non è l'anima), infine, davanti all'altare, facendogli una riverenza e dicendogli "Grazie, signore" -, Artefice e al tempo stesso prigioniera del suo monumentale archivio di lettere (nel senso alfabetico ed epistolare del termine), Pamela si costruisce un'identità immaginaria che è, propriamente, un'identità romanzesca. "Oh, mia brava ragazza!", le dice a un certo punto Mr B., "vedo che hai fatto buone letture; fra tutti e due prima di aver finito metteremo insieme una bella trama per un romanzo". Una trama da romanzo: paziente e tenace, meticolosamente sistematica, con le sue lettere Pamela (che prima di troppo scrivere ha troppo letto) ricama un grandioso, fantastico scenario all'interno del quale lei stessa e Mr B., i genitori e il parroco William, Mrs Jervis e Mrs Jewkes, insomma tutti quanti, diventano protagonisti di un'avvincente love story che è solo il frutto dell'uso allucinatorio - e manipolatorio -della scrittura. Lo stesso che abbacina e irretisce i suoi lettori, rendendoli incapaci di distinguere, nel "dolcissimo, adorabile, graziosissimo libretto" che ne racconta l'edificante (e gratificante) vicenda, ciò che è vero da ciò che è (cattiva) letteratura. Di qui la "controscrittura" di Shamela-, che non solo pone "nella giusta e veridica luce" le "arti sopraffine di quella giovane intrigante", ma "svela[ndo] e debitamente confutando]" le "svariate e famigerate menzogne e distorsioni" contenute nel libro che a lei s'intitola, ne demistifica la retorica letterarietà. Ma di qui anche, nei posteriori romanzi di Fielding, la scelta di esibire sempre, alla luce del sole, l'artificio della narrazione: proprio per evitare che i suoi lettori -come le lettrici di Pamela - dimentichino di avere fra le mani un libro e finiscano a scambiare le finzioni della letteratura con le realtà della vita. La grafomania di Pamela non è però, da ultimo, quella stessa di Richardson: narcisistica, ossessiva, persecutoria, e soprattutto indecentemente prolissa - cioè a dire, per Fielding, "moderna"? Ecco allora le cinquanta pagine di Shamela contrapposte alle seicentocinquanta di Pamela (che il terzo e il quarto volume, usciti l'anno seguente e per il momento risparmiati al traduttore e al lettore italiano, avrebbero raddoppiate!): una lezione di stile (classico) impartita all'insegna del motto mega hiblion mega kakon. chi compie il vero atto "sovversivo" trasgredendo le regole e infrangendo il codice sociale è Mr B. Che sia lui, naturalmente, non è dettaglio irrilevante: l'uguaglianza (di status se non di anima) deve essere concessa - dal superiore all'inferiore, dall'uomo alla donna -, non già deve essere pretesa o, tanto meno, conquistata. Richardson, insomma, ci teneva a non passare per rivoluzionario. Se la borghesia - ecco quanto voleva far capire ai suoi (più ricchi e magari blasonati) lettori - aveva il diritto di salire socialmente perché detentrice di una più alta moralità, pitarsi in camera per scriverla a qualcuno: al "caro padre" e alla "cara madre", a Mr B. e al parroco Williams, a chiunque insomma si presti a fungere da destinatario; e se non c'è nessuno a portata di penna, allora la scriverà a se stessa, trasformando la lettera in diario, salvo, poi, ritrasformare il diario in lettera - perché ciò che scrive deve essere mostrato, la sua "intimità" deve essere esibita. Lettere su lettere, lettere proprie elettere altrui, lettere spedite (o non spedite) e ricevute, copiate e ricopiate, messe da parte registrate e inventariate come in un gigantesco ar- B. che Pamela decide di amarlo). Ma lo è anche per le prospettive che apre su un tema, quello dell'écriture, oggi (o già ieri?) fin troppo discusso, discettato e delibato dai più sofisticati (e spericolati) critici "teorici". Con buona pace, naturalmente, di Fielding, che nella grafomania dell'eroina richardsoniana vedeva solo, più prosaicamente, l'ombra lunga della mistificazione. Sostituendo i segni alle cose, ricoprendo i fatti con un reticolo di parole, la scrittura crea una realtà fittizia, una vita falsa, che alla fine viene però scambiata per quella vera. l'aristocrazia non aveva nulla da temere per il proprio rango purché facesse sua quella stessa moralità. E tuttavia, la cautela di Richardson non bastò a tranquillizzare Fielding, la cui ideologia sociale era molto più statica e conservatrice. L'ordine della società si regge su una gerarchia che non deve essere violata, su distinzioni che devono restare nette e salde, pena la caduta nel disordine o, come si suol dire, nel caos. Amare ci si può anche fra disuguali ma sposare ci si può - e ci si deve - solo fra uguali (e infatti nei romanzi di Fielding l'agnizione interviene sempre, provvidenzialmente, a evitare la mésalliance). Il terzo motivo di rigetto ha a che fare con la grafomania di Pamela. Carta penne e inchiostro stanno in cima ai suoi pensieri (appena un gradino sotto la "virtù"), e qualunque cosa le accada, dalla più inoffensiva alla più terrificante (o che tale le sembra), eccola preci- chivio: l'archivio - il mausoleo - di Pamela Andrews. Ma se la scrittura è per lei una vera e propria ossessione (narcisistica e persecutoria come tutte le ossessioni), lo è perché ogni cosa, ogni gesto, ogni evento devono trasformarsi in parola, in segno grafico, per essere, non già (come voleva la tradizione puritana) analizzati e giudicati dalla coscienza, ma semplicemente vissuti. La scrittura non trascrive la vita: la sostituisce, la fa. E questo è un elemento di straordinaria novità/modernità (o postmodernità?) del romanzo di Richardson. Lo è anzitutto dal punto di vista narrativo, perché qui per la prima volta - come osserva Guido Fink -la lettera diventa ciò che esemplarmente (benché diversamente!) sarà nelle Liaisons dangereuses: motore dell'azione, generatrice del plot (è infatti leggendo le lettere di Pamela che Mr B. si pente, ed è leggendo la lettera del pentito Mr