MARZO 1998 INDICI Da IJBRI DEL itorialh N. 3, PAG. 1 1 I bon mot di Franco Ferraresi La prematura scomparsa di Franco Ferraresi, sabato 21 febbraio a Torino, è stata considerata sui più importanti giornali come la perdita, per la cultura italiana, di un'originale figura di scienziato sociale, capace di coniugare gli studi sui problemi delle pubbliche amministrazioni (vedi Burocrazia e politica in Italia, edito dal Mulino nel 1980) con le indagini sull'identità della destra italiana (vedi Minacce alla democrazia, apparso da Feltrinelli nel 1995). Nella commemorazione all'università, Gian Giacomo Migone, amico fraterno dai tempi della giovinezza, ha ricordato anche l'impegno militante nell'ambiente cislino, prima a Milano e poi a Torino: "Eravamo empirici e occidentali, ma fermamente dalla parte dei più deboli. Ci rifiutammo sempre di scegliere tra giustizia e libertà, volevamo entrambe in eguale misura, anche a costo di rimanere per un lungo periodo senza casacca". Qui vorremmo ricordarlo come fondatore e redattore della nostra rivista, della quale è stato un entusiasta sostenitore anche nei momenti più difficili. Negli anni novanta la sua collaborazione divenne intensissima, fino a condividere la responsabilità della direzione. La caratteristica più evidente e significativa dell'atteggiamento di Ferraresi nelle discussioni alT'Tndice" era la propensione del tutto naturale a considerare le questioni dal punto di vista della comunità scientifica e della dimensione internazionale. Coltivava l'amabile snobismo di chi è abituato a ragionare con interlocutori che appartengono ad altri mondi e culture e trova sorprendente che possa prevalere un punto di vista localistico e nazionalistico. Si stupiva sinceramente che, scegliendo il recensore per un libro importante, non si tentasse di ottenere la collaborazione di un affermato studioso straniero e spesso accadeva che, alle nostre rimostranze sulle difficoltà di raggiungere celebrati intellettuali francesi, inglesi, americani, tedeschi, rispondesse aprendo l'agendina telefonica e chiamando un numero a Princeton o a Berkeley, a Cambridge o a Oxford, a Parigi o in Australia (tutti luoghi dove aveva potuto fare soggiorni di studio). Se la nostra rivista ha potuto ospitare preziose firme di politologi, sociologi, storici e filosofi di altri paesi lo si deve soprattutto ai suggerimenti di Ferraresi e al pa- ziente lavoro di contatti e pressioni di cui si faceva carico perché gli articoli arrivassero. Mostrava la genuina ambizione di allontanare dalle pagine della rivista i sospetti di provincialismo, ogni volta eh essi si affacciavano. Questo impegno si accompagnava con un tratto affatto particolare: sollecitare recensioni per compiacere qualcuno non faceva parte del suo costume. Tuttavia non dava l'impressione di farne una questione di principio; piuttosto Ferraresi sembrava rappresentare quella tendenza di tradizione anglosassone che porta a considerare la ricerca scientifica e le curiosità culturali una passione gratuita, tanto più gratificante quanto più disinteressata. Assumendo l'impegno di condividere le responsabilità della direzione della rivista, compreso l'onore di rappresentarla giuridicamente, aveva rinunciato a qualsiasi remunerazione, tenendo conto delle ristrettezze finanziarie in cui versava la nostra testata. Di tanto in tanto lo ricordava sorridendo, con l'aria di chi non si sogna di lamentarsi bensì constata, con evidente soddisfazione e un pizzico di autoironia, che si può fare qualcosa per il semplice piacere di farlo. Socievole per natura, diplomatico per educazione, si era assunto senza problemi il compito di moderare le discussioni e i conflitti che spesso dividono ambienti gelosi della propria autonomia e delle proprie prerogative. Temperamento tutt'altro che remissivo, con una vocazione se mai per la polemica, da quando era entrato nella direzione aveva scelto di essere, forte della sua autorevolezza, un sagace punto d'incontro fra le varie componenti dell'"Indice". Toccava a lui, capace di sdrammatizzare le tensioni con un bon mot, presiedere le riunioni più accese. E' ragionevole pensare che considerasse un punto d'onore difendere le scelte della direzione, al tempo stesso orientandole verso un livello alto di gic rnalismo culturale, che sapesse guardare al di là dei confini, spesso ristretti, della vita italiana. Credo di interpretare un sentimento comune nella nostra redazione, se dico che solo oggi, dopo la sua morte, mi rendo conto di come sapesse infondere fiducia, senza imporsi. Perché, fra gli altri, Franco aveva anche il dono della discrezione. Alberto Papuzzi Chiarezza La rivista che oggi sfogliate presenta alcune novità, sia nella veste sia nei contenuti. Avevamo annunciato questi cambiamenti nell'editoriale di dicembre. Dicevamo allora come la discussione, all'interno del gruppo che ha fondato la rivista quattordici anni fa e che continua a pensarla fosse in bilico tra due desideri: restare fedeli alla tradizione del giornale ed evitarne una nobile fossilizzazione. Ci è sembrato che il punto di equilibrio potesse essere individuato in un intervento ispirato a criteri di chiarezza, come se dovessimo ripulire le pagine della nostra rivista dalle concrezioni accumu- late nel corso di tutti questi anni. Nata quando l'editoria italiana pubblicava ventimila titoli all'anno, deve oggi dare conto di un'industria del libro che ne sforna cinquantamila, mentre sono abbastanza cambiati, nella cultura italiana, orientamenti e comportamenti, gusti e stili. Come vedete, la veste grafica è rimasta quella inventata dallo studio Pirella Gòttsche quando Migone fondò "L'Indice". Per ragioni di chiarezza nella comunicazione con il lettore siamo anzi tornati a una copertina che ricorda quelle delle origini del giornale, sempre centrata sui ritratti di Pericoli, che ringraziamo per la collaborazione tanto assidua quanto preziosa: non fosse per altro, nella storia delle riviste letterarie "L'Indice" avrà un po- sto per questa straordinaria galleria di ritratti. Per ragioni di chiarezza abbiamo introdotto innovazioni grafiche nella composizione dei titoli e nella presentazione dei libri, perché il lettore riceva una prima precisa informazione sull'argomento degli articoli. Abbiamo poi ampliato con una pagina di lettere la rubrica "Martin Eden" curata da Dario Voltolini, che ha incontrato molti favori nei lettori, a conferma di un fenomeno che attraversa la cultura di questi anni: non si tratta soltanto di curiosità per le tecniche della scrittura narrativa, ma quasi d'uno scambio di ruoli, sempre più frequente, fra lettore e autore. Una nuova rubrica, "Mente locale", dedicata a Sassari in questa sua prima puntata, si propone di dare voce, partendo da situazioni locali, alle molteplici attività culturali che si svolgono sotto la superficie della grande attualità giornalistica o televisiva, e che sono in realtà humus, fermento della vita culturale. Ma il cambiamento più significativo è la rinuncia al "Libro del Mese", che nel contesto di una frammentata produzione libraria, e di fronte a n»*r>vi comportamenti del pubblico, non risultava più rappresentativo, neppure sul piano simbolico, di una linea editoriale, per cui rischiava di apparire una presunzione. Indicheremo invece, in ogni numero della nostra rivista, un cospicuo gruppo di "Libri del Mese", sia di letteratura sia di saggistica (oggetto per quanto ne siamo capaci di recensioni approfondite o di doppie recensioni, corredate da vari interventi di servizio), che possano costituire una scelta e una proposta, dietro le quali il nostro lettore continui a ritrovare il picere e l'utilità di leggere "L'Indice". A.P. PS. In occasione di questa piccola ma decisiva svolta nella storia della nostra rivista, desideriamo ringraziare innanzi tutto i numerosi collaboratori che con le loro letture e le loro recensioni permettono di fatto che ogni mese si possano confezionare queste pagine, in secondo luogo, più in particolare, l'inimitabile Matticchio e Marco Dabene, che ha reso possibile l'innovazione grafica.