SETTEMBRE 1998 Lebensborn e altre storie Tutti i bambini sotto il Terzo Reicb ANNA BRAVO n\ Lidia Beccaria Rolfi, Bruno Maida Il futuro spezzato. I nazisti contro i bambini pp. 206, Lit 24.000 Giuntina, Firenze 1997 Per Lidia Rolfi, partigiana, so- pravvissuta di Ravensbrùck, l'espressione "ex deportato" era priva di senso: non si è mai ex quando ci si è dati il compito di testimoniare il lager e insieme di mantenere il cuore vigile contro ogni crimine presente e passato, l'orecchio attento alle voci delle vittime, in primo luogo delle me- no ascoltate. Nascono così i suoi tanti dialoghi nelle scuole, un'opera tuttora fondamentale (Le donne di Ravensbrùck, con Anna M. Bruzzone, Einaudi) e il bellissimo racconto del suo ritor- no (L'esile filo della memoria). Nasce anche il suo interesse per i bambini vittime del nazismo. Già steso in una prima versione nel 196"8 (è di quella data la prefazio- ne di Primo Levi), il libro incon- tra vent'anni dopo un interlocuto- re decisivo in uno storico giovane e di valore, Bruno Maida, che si affianca a lei riscrivendolo, e che dopo la sua morte lo completerà e lo porterà alla stampa. C'è dun- que, al di là delle due firme, la doppia impronta del legame fra generazioni caro a Lidia Rolfi e della sintonia fra chi si è recipro- camente scelto. Il futuro spezzato è un libro duro e commovente, che raccoglie e reinterpreta quanto in più di mez- zo secolo ci hanno offerto opere .a volte pregevolissime, ma che se ne distingue per l'impegno a compor- re la storia di tutti i bambini sotto il Terzo Reich, anche dei piccoli te- deschi. Lo fa con grande e mai esi- bita sapienza dei nodi storici e del- le acquisizioni sulla soggettività in- fantile, e con una decisa opzione in favore delle fonti narrative e delle memorie, comprese quelle di parte nazista. Il risultato è un testo a più livelli, che parla allo studioso ma non dimentica il lettore comune. Al centro del quadro stanno la vita e la morte dei piccoli ebrei non solo nei lager, ma nella Shoah in generale, dai massacri degli Ein- satzgruppen all'imprigionamento nei ghetti. Accanto a loro, i bambi- ni zingari e i "politici", piccoli resi- stenti, figli degli esuli spagnoli ar- restati in Francia; accanto ad Auschwitz, i campi per lo stermi- nio immediato, Terezin, Ravens- brùck, Mauthausen. Un capitolo è dedicato a Italia e Dodecaneso, l'ultimo a un'intervista inedita ad Arianna Szoréni, ricordata come la Anna Frank della Risiera. Ridotti ad adulti in miniatura, i bambini escono di scena. Nei ghet- ti ricompaiono in veste di piccoli contrabbandieri, che con il loro andirivieni da fuori a dentro le mu- ra sostengono tutta la famiglia, tra- sformati da protetti in protettori. Nel lager diventano "uccelli senza nido", le prime vittime delle came- re a gas, o schegge di forza-lavoro coatta, materiale da esperimento per i medici aguzzini, oggetto di piacere dei Kapo. Fra morte taylo- rizzata e caos arcaico, la storia di questi bambini residuali si disper- de in tanti rivoli, si rifrange in com- portamenti diversi. A fare la ric- chezza del libro è precisamente il rispetto, direi la cura per la plura- lità delle risposte individuali; è il rifiuto di rinchiuderle in tipologie, di affidare all'una o all'altra un va- lore esemplare, positivo o negativo che sia. E anche la netta distanza dalle visioni consolatorie, che van- tano il trionfo finale del bene spes- so facendo proprio della parola in- fantile una conferma oracolare: basta pensare alla torsione ottimi- stica del pensiero di Anna Frank. Quale esito abbia avuto resperi- mento di controllo dell'individuo j- attuato nel lager resta invece per Rolfi e Maida l'interrogativo inde- cidibile, da riaffrontare di caso in caso, di momento in momento. Una sola immagine unitaria per- corre queste pagine, il bambino come vittima innocente ma non in- contaminabile, e come bersaglio elettivo, insieme alle donne, di una politica che si impadronisce dei corpi in nome della "biologia raz- ziale". In questa prospettiva, non risul- ta affatto estrinseca la presenza di scolari e scolare tedeschi violente- mente socializzati alla guerra o alla riproduzione, dei bambini uccisi nella cosiddetta eutanasia, di quel- li vittime della meno nota Opera- zione Lebensborn, ricostruita in uno dei capitoli più nuovi. Imma- ginato da molti come un insieme di bordelli, il Lebensborn è in realtà una rete di cliniche-asili-prigioni create in Germania e poi nell'Eu- ropa occupata per rinfoltire i ran- ghi di una razza signorile sempre più restia a moltiplicarsi. Faccia speculare delle sterilizzazioni e de- gli aborti coatti, i Lebensborn non solo raccolgono le madri nubili te- desche e straniere "razzialmente pregiate", non solo si appropriano dei loro figli: con la guerra diventa- no lo strumento per "germanizza- re" i bambini di altri paesi, rastrel- lati nelle scuole, negli orfanotrofi, a volte nei lager, rapiti per strada. Sono circa ventimila piccoli polac- chi e ucraini, cui gli occhi azzurri e i capelli biondi costano la cancella- zione di genitori, passato, lingua madre - lo sradicamento assoluto in cambio di un futuro tedesco in una famiglia, in una scuola, in un esercito tedeschi. Per gran parte di loro, neppure alla fine della guerra si aprirà la via del ritorno. Distrutti i documenti, eliminato ogni lega- me, i più resteranno con i parenti adottivi, spesso non arrivando mai a conoscere le proprie origini, spesso continuando a patirne il pe- so, "figli della colpa, stranieri in patria". "Non c'è giustizia per i bambini del Lebensborn", scrivo- no Rolfi e Maida; e cominciano a farla accogliendoli in questo libro e facendone amorosamente risuo- nare le rare voci. SETTEMBRE 1998 m^ede Cr'VCcX, - oÓ/^-ltf del N. 8, PAG. 7 Elisa Springer Il silenzio dei vivi. All'ombra di Auschwitz, un racconto di morte e di resurrezione pp. 122, Lit 20.000 Marsilio, Venezia 1997 Elisa Springer nasce a Vienna nel 1918 da una famiglia di com- mercianti ebrei. Con le persecu- zioni ebraiche in Austria, Elisa de- cide di rifugiarsi in Italia, dove si trasferisce nel 1940. Denunciata alle SS da una donna italiana, vie- ne arrestata e deportata ad Auschwitz, "deserto di morte sen- za speranza". All'età di ventisei an- ni, Elisa vive le atrocità del regime nazista, cominciando un racca- pricciante cammino verso la sper- sonalizzazione, vittima di un mon- do che "stava perdendo il suo io, il suo Dio". Tuttavia la forza fisica e spirituale della donna ne rivelano una capacità di resistenza straor- dinaria, un bisogno incontenibile di credere ancora nella vita, nono- stante il supplizio di quei giorni. Elisa sopravvive e costruisce una nuova vita in Italia. Come molti altri reduci dai campi di sterminio, vive, decide di soffocare il suo dolore nel silenzio: per paura di non esse- re accettata nasconde sotto un ce- rotto il marchio tatuato nel campo di Auschwitz sull'avambraccio si- nistro. La paura di sentirsi diversa, osservata da chi, non potendo comprendere a pieno il significato di quell'esperienza, rispondeva con scherno e indifferenza, la por- tano a tacere fino a che Silvio, il fi- glio di vent'anni, volendo capire il passato delia madre, la interroga cercando verità fino ad allora re- presse. Elisa decide così, all'età di settantotto anni, di parlare "per non dimenticare a quali aberrazio- ni può condurre l'odio razziale e l'intoileranza, non il rito del ricordo, ma la cultura della memoria". Il racconto dei giorni trascorsi nei la- ger, redatto in italiano, non solo rende giustizia ai martiri che ne fe- cero esperienza, non solo permet- te a Elisa di riacquistare un'identità celata ormai da cinquant'anni, ma parla anche alla coscienza di ogni suo lettore. Inno alla forza della vi- ta, le parole di questa donna non lasciano spazio all'incredulità e all'indifferenza; lucido ricordo di una vita dominata dal silenzio, il li- bro di Elisa Springer diventa testi- monianza di un passato, anche ita- liano, da non rimuovere. Eloisa Costa Antifascisti senza saperlo ALBERTO CAVAGLION Francois Maspero, Il tempo degli italiani, ed. orig. I996, trad. dal francese di Lorenzo Fazio e Paola Gallo, pp. I28, Lit 16.000, Ei- naudi, Torino 1998. Dopo la pubblicazione del romanzo di ]. Marie Le Clézio (Étoile errante, Galli- mard, 1992), gli anni dell'occupazione italia- na in Erancia sono ritornati alla ribalta. I!av- ventura è quella degli alpini che dopo il giu- gno 1940 andarono a presidiare i villaggi francesi e si trovarono in mezzo a consangui- nei, i macaronis, discendenti degli emigrati di un secolo prima. Tra loro e gli occupanti non poterono che stringersi complicità. Nel caso di Le Clézio l'amore per una fanciulla - motivo presente anche in Maspero - illumi- na la Costa Azzurra di colori splendenti e malinconici, gli stessi che il lettore italiano conosce assai bene attraverso i libri di Fran- cesco Riamo n ti. L'eco della guerra è lontano, fino al giorno in cui un convoglio si porterà via le amiche ebree di Lise e Mario; l'italiano lascerà la tranquilla zona d'occupazione in Erancia per la Russia, da dove ritornerà per morire parti- giano. Al di là della delicatezza dei toni, e qualche eccessivo lirismo, questo tema dell'occupa- zione italiana in Francia offre non pochi ele- menti di riflessione anche per gli storici. La questione dei profughi ebrei che trovaro- no rifugio nel Sud della Francia, proprio per- ché attratti dalle notizie che allora circolava- no sull'atteggiamento di benevolenza di ita- liani come il tenente Mario, è un problema importante, anche se Maspero vi accenna solo incidentalmente. Le operazioni che condusse- ro al salvataggio di molte persone furono di- rette da ufficiali, da tenenti come Mario, che evidentemente non condividevano il rozzo antisemitismo del Manifesto della Razza. Non è questo, si badi bene, un merito che il fascismo possa accreditare a sé, perché quei diplomatici, quei militari, quegli uo- mini politici è assai probabile che si com- portassero così proprio per il disgusto che la campagna razziale aveva suscitato in loro, e dunque è assai dubbio che agissero ancora da fascisti e non ormai, più propriamente, da antifascisti. La questione della duplicità di atteggiamento mette in evidenza alcuni aspetti del nostro carattere nazionale, sotto- lineati da Jonathan Steinberg in un capito- lo di un suo saggio assai stimolante dedicato alla Croazia, ma che si può adattare anche alla Francia del "tempo degli italiani" fAll or nothing. The Axis and the Holocaust 1941-1943, Routledge, 1990). Secondo Steinberg occorrerebbe stabilire una distin- zione fra virtù (e vizi) primari e virtù (e vi- zi) secondari. I primi (efficienza, incorrutti- bilità), in mano ai tedeschi si trasformarono in micidiali strumenti della "soluzione fina- le"; i secondi (menefreghismo, furberia, "bustarelle") divennero strumenti indi- spensabili per recare in salvo centinaia di vite umane. Alle stesse conclusioni, per vie autobiografiche, è arrivato Giorgio Perla- sca, come risulta dal suo memoriale L'im- postore (Il Mulino, 1997; cfr. "L'Indice", 1998, n. 3). Edizioni Eiickson C.so Buonarroti, 13 38100 Trento tel. 0461/829833 fax 0461/829754 J.A. Russell -J.Al. Fernàndez-Dols (fi cura di) Psicologia delle espressioni facciali pp. 368 - !.. 44.000 D. Greenberger - C.A. Pndeshy Penso, dunque mi sento meglio Esercizi cognitivi per modificare S; le emozioni di ansia, depressione, colpa, vergogna e rabbia pp. 260 - !.. 39.000 http://www.erickson.it