|dei libri del mese FEBBRAIO 1999 nome dell'isola caraibica era lì, che balenava fra le righe, con la sua sopravvivenza letteraria affidata ai dissidenti o agli esiliati, fra cui è opportuno ricordare almeno Guil-lermo Cabrera Infante. Il quale, in una bella raccolta di testi saggistici da noi apparsa non molto tempo fa - Mea Cuba (1992; il Saggiatore, 1997) - ha tracciato un'impietosa radiografia degli ultimi decenni cubani. Ma, facendo ritorno a Pedro Juan Gutiérrez e alla sua Trilogia sporca dell'Avana, non sembra sia ancora giunto il momento in cui la fantasia è riuscita a liberarsi dalla camicia di forza imposta dalle società chiuse. Adesso, con queste pagine segnate da cospicui elementi autobiografici - il personaggio centrale è un ex giornalista come l'autore, costretto a barcamenarsi svolgendo i lavori più disparati -, c'è un quarantacinquenne che si mette a nudo, senza nessuna voglia di esercitare il diritto all'invenzione letteraria. Anche perché la semplice cronaca della sua esistenza quotidiana, affidata a un linguaggio scarno e brutale, ignaro di ogni retorica celebrativa, finisce per trasmettere l'immagine di un mondo talmente impoverito da sembrare passato attraverso filtri affabulati-vi. La fantasia tanto auspicata da Vargas Llosa qui è attiva innanzitutto nella realtà: negli espedienti messi in atto per garantirsi umana sopravvivenza e per resistere giorno dopo giorno agli effetti di un vasto fallimento. Così, di riflesso, trasportata nella letteratura mediante uno scrivere ligio a moduli più o meno cronachistici, quella stessa carica inventiva diviene generatrice di un testo che lascia spazio a tutto quanto i romanzi di regime avevano voluto occultare. Diviene e-spressione di un disagio originato nella disattenzione nei confronti dell'individuo e, intanto, diviene pure base a partire dalla quale i romanzi riescono di nuovo a trovare giusta linfa a Cuba. Rimane da segnalare che il libro di Pedro Juan Gutiérrez è apparso in traduzione italiana prima che in lingua originale, sebbene quest'ultima, a breve distanza dalla nostra anteprima, abbia comunque visto la luce. Ma non a Cuba, bensì in Spagna, dove ultimamente riescono a trovare spazio numerosi titoli di scrittori cubani, non sempre investiti di un'incondizionata dignità di stampa in patria. Esportare scritti poco rispettosi nei confronti del regime castrista non richiederà più complessi stratagemmi, quali dovettero per esempio escogitare a suo tempo i diffusori francesi dei romanzi di Reynaldo Arenas. Né la pubblicazione all'estero di tali scritti comporterà più per i loro autori severe sanzioni fra i confini dell'isola, delle quali lo stesso Arenas ha riferito in Prima che sia notte (Guanda, 1991). Tuttavia, non sembra verosimile che, se questi libri non vengono pubblicati a Cuba, il motivo sia riconducibile solo a una temporanea mancanza di carta, ché tale è la giustificazione ufficialmente addotta. È più verosimile pensare che un testo come Trilogia sporca dell'Avana - nell'attuale fase di progressive quanto lente aperture - venga tollerato solo per fa sì che l'immagine di Cuba non continui a irrigidirsi fra tratti impietosi, ormai rivelatisi così poco proficui. Dal primo Cinquecento Spregiudicate cronache palindrome VALERIA SCORPIONI COGGIOLA Il Ritratto della Lozana Andalusa dello spagnolo Francisco Delicado si compone di varie parti, tra loro disomogenee; il "ritratto" vero e proprio, cioè le avventure della protagonista nella Roma papale dei primi del Cinquecento, occupa solo la parte centrale, divisa in "quaderni" (unica traduzione pos- Ritratto nel 1524, durante la sua permanenza a Roma; esso fu dato alle stampe presumibilmente intorno al 1530: tra le due date - e precisamente nel 1527 - è avvenuto il Sacco di Roma ad opera dei lanzichenecchi, e la corrispondente diaspora dei sopravvissuti. Rifugiatosi a Venezia, Delicado, per far 'VCVtAseLi Le.'t'to-'VC GUIDO BONINO La narrazione inizia con una biografia sintetica riguardante le origini e la condizione sociale di Aldonza, detta "Lozana" (fresca, florida e vivace). Nativa di Cordova, vive nella miseria fino a quando non diviene l'amante di un ricco mercante genovese, con cui condivide una vita agiata e piacevole. Il padre del mercante, temendo per le proprie sostanze, fa imbarcare Lozana su una nave, con l'ordine che venga gettata a mare; la pietà di un marinaio la salva ed essa si rifugia a Roma. A questo punto inizia il vero e proprio "ritratto" contenuto nei Scopo di questa rubrica è commentare una riflessione d'autore sulla letteratura o più in generale sul rapporto con i libri. in II lettore, il narrare (Marcos y Marcos, Milano 1989) sono raccolte cinque lezioni tenute dallo scrittore svizzero Peter Bichsel all'Università di Francoforte nel 1982. In quel periodo Bichsel era Stadtschreiber ("scrittore residente") della cittadina di Bergen, vicino a Francoforte. Tale incarico/premio prevede che si abiti per un anno a Bergen a spese della città e che vi si svolga una sorta di funzione di "scrittore pubblico". Le lezioni qui raccolte costituiscono una riflessione sui rapporti tra gli scrittori, la lettura, il narrare, la vita, le storie. Nella lezione dedicata a La lettura Bichsel racconta che, quando si siede al bar nel suo ruolo di Stadtschreiber, spesso la gente viene a portargli dei libri che ha letto, e che vorrebbe che leggesse anche lui. Un certo Jùrgen, per esempio, gli ha rifilato un indigesto Franz Donat, Paradiso e inferno. Destini avventurosi di un tedesco in Brasile, fra selvaggi, cercatori di diamanti, indigeni, eremiti e criminali. Probabilmente, osserva Bichsel, Jùr- gen era stato finora il solo a leggere Donat, ma poi gli è venuta l'idea di fare dello scrittore residente "un co-lettore, un confidente, un complice". "Forse - continua Bichsel - si potrebbe rivalorizzare la conversazione letteraria se si tenesse un 'lettore residente', uno da cui poter andare dopo che si è letto un libro e dire: 'Leggilo anche tu perché domani vorrei discuterne con te'. Si può aggiungere che, se ha qualche senso che esista la figura del critico letterario, la sua funzione potrebbe essere quella di un partner pubblico per lettori solitari, un co-lettore pubblico", perché "i lettori sanno quanto si può essere soli nell'entusiasmo per un libro". Lo stesso Bichsel dichiara che non si porterebbe alcun libro su un'isola deserta: "Ho bisogno degli altri almeno per far sapere che ho letto". Forse uno degli scopi fondamentali delle recensioni è proprio questo: alleviare la solitudine dei lettori, condividere il loro entusiasmo o - perché no - il loro disgusto: così come è insipido gioire da soli, anche il disprezzo se non è condiviso non ci offre tutta la soddisfazione maligna che è nelle sue potenzialità. sibile della parola "mamotretos", cioè insieme di fogli, irregolarmente assemblati, contenenti argomenti frivoli o erotici). A questo corpo centrale si aggiunge una serie di documenti stilati dall'autore in un secondo tempo. Delicado, infatti, dichiara di aver composto il fronte alle pressanti necessità economiche, pubblica il suo manoscritto, intercalando alla narrazione varie "profezie" dell'imminente rovina, anteponendo e posponendo al testo giustificazioni morali della stessa, intesa come castigo dei molti peccati della città. Achille Ardigò DOTTRINA, CULTURE, SENSO A proposito del progetto culturale della CEI «Fede e storia» pp. 104 - L. 14.000 RI VIA N0SADELLA 6 40123 - BOLOGNA EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA TEL. 051/306811 FAX 051/341706 quaderni, che riportano in forma dialogica le avventure della bella andalusa in una Roma corrotta, dove per sopravvivere Lozana si improvvisa venditrice di belletti, mezzana e prostituta. Una parte aggiunta dopo il 1527 ci informa che Lozana, scampata alla distruzione della città e alla peste successivamente diffusasi, sceglie un volontario esilio nell'isola di Lipari; non ci è dato sapere se in ciò sia guidata da intenti di redenzione o se la decisione risponda al desiderio di ricominciare le proprie attività usuali. In altre parole, è pressoché impossibile decidere se si tratti o meno di un messaggio morale. Il testo è estremamente interessante, innanzitutto per le contraddizioni di cui è portatore; è opera di un ecclesiastico umanista, che, per altro, si presenta come un cronista spregiudicato, spesso incline alla satira anticlericale e all'oscenità sia verbale sia tematica; la Ro- N. 2, PAG. 10 Francisco Delicado Ritratto della Lozana Andalusa a cura di Teresa Cirillo Sirri pp. 225, Lit 30.000 Roma nel Rinascimento, Roma 1998 ma del primo Cinquecento appare insieme centro della cristianità e ricettacolo di prostitute e di truffatori, provenienti da ogni parte del mondo, in continuo commercio con il clero corrotto. Il ritratto della protagonista diventa l'affresco di un'intera città, tracciato con minuzia di particolari e con evidente compiacimento, sia per quanto riguarda gli ambienti infimi, sia nei confronti della pervertita corte papale. Il Ritratto non è un romanzo (in quanto si presenta in forma di dialogo e, spesso, si avvale di didascalie) e non è neppure un'opera drammatica (risulta irrapresentabile, foss'anche solo per la gran varietà di personaggi e di scenari). Tutto ciò ha turbato la critica, che, forse sottovalutando l'illustre precedente di La Celestina, ha inflitto al libro di Delicado, fino a tempi relativamente recenti, una pesante condanna per immoralità e insulsaggine. La traduzione di Teresa Cirillo Sirri risulta preziosa per il lettore italiano, visto che delle uniche due versioni fino ad ora disponibili una è ampiamente datata e limitata a passi scelti (G. Manzella Frontini, Catania 1910), l'altra è spesso inattendibile (L. Orioli, Milano 1970). Premetto che il testo presenta difficoltà quasi insormontabili di traduzione sia dal punto di vista lessicale e sintattico (si tratta del linguaggio ibrido degli spagnoli residenti a Roma), sia per quanto riguarda la fitta rete di sottintesi, di allusioni, di giochi di parole, sia infine per il continuo variare dei registri e dei toni di conversazione; ciò non ha impedito a Cirillo di darne una versione scorrevole e, al contempo, filologicamente ineccepibile. Un esempio contribuirà a chiarire l'importanza che la fedeltà all'originale riveste in un testo tanto complesso. Nella corretta interpretazione di Cirillo, Lozana viene accusata di recare i segni della sifilide, che le deturpano la fronte e il naso; Orioli, invece, incorre in un errore di comprensione e riporta il fatto che Lozana si sente offesa da un apprezzamento su "come porta i capelli". Tutto ciò non è privo di conseguenze: il naso smangiato di Lozana verrà definito nariz roma, in cui lo spagnolo roma (letteralmente "smussata") coincide con il nome della città peccaminosa e responsabile delle malattie veneree indotte dal malcostume imperante. Delicado gioca continuamente con le parole. Lo stesso palindromo "Roma/amor" che chiude il testo (subito prima della Digressione esplicitamente postdatata dall'autore) rappresenta la sigla di un'opera che appare insieme realistica e ironica, serenamente oscena e dubbiosamente moraleggiante; in ogni caso, mistificatoria per i continui ribaltamenti di senso, di ruoli, di giudizio: tutto, insomma, può essere letto in una direzione e, contemporaneamente, al rovescio.