____ NOVEMBRE 1997 Di o&ib^cr cie,i gatti nell'immaginazione. Sembra che debba trattarsi di due operazioni distinte, perché immaginare un gatto non è vedere un gatto, né vedere un gatto consiste nell'im-maginare, per così dire, proprio quel gatto che ci è dato percettivamente. E l'ornitorinco, povera bestia? L'ornitorinco è un esempio non tanto della costruzione di un nuovo Tipo Cognitivo per un nuovo tipo di oggetti (per questo bastavano i cavalli di Montezuma), quanto della contrattazione di un contenuto concettuale. Gli zoologi hanno a lungo esitato e discusso sulla classificazione dell'ornitorinco, curioso animale con becco come d'anatra, zampe di talpa, coda di castoro, che vive sott'acqua ma respira aria: era un quadrupede, era un mammifero, era oviparo? ' Per esempio, l'ornitorinco (femmina) ha ghiandole mammarie ma non veri e propri capezzoli, sicché il piccolo lecca il latte essudato dall'addome della madre: un animale così è un mammifero? E' un problema che non può essere risolto applicando un concetto già dato, ma solo decidendo di ampliarne o invece restringerne l'estensione. Nella storia tassonomica dell'ornitorinco si intrecciano problemi empirici (fa le uova? la femmina secerne latte?) e problemi di delimitazione dei concetti: Eco sottolinea i secondi (ma riferisce, correttamente, anche dei primi) perché vuol far vedere che i contenuti concettuali, TC o CN, sono elastici come chewing-gum, e dipendono, tra l'altro, "dalle civiltà e dalle circostanze". Dunque Eco non rinuncia a dare alla cultura ciò che le spetta, ma la fa intervenire su un contenuto già dato alla percezione: "Prima di decidere che il sole è un astro, o un pianeta, o un corpo immateriale, che gira intorno alla terra o sta al centro dell'orbita del nostro pianeta, c'è stata la percezione di un corpo luminoso di forma circolare che.si muove nel cielo, e questo oggetto è stato famigliare anche al nostro progenitore che forse non aveva ancora elaborato neppure un nome per designarlo". Benissimo. Ma allora perché, poche pagine prima, egli sostiene che "il consenso percettivo nasce sempre da un previo accordo culturale"? Non si è d'accordo nel riconoscere un uovo se non ci si è messi d'accordo su come usare la parola 'uovo'. Residui antinaturalistici? Può darsi; a me sembra più probabile che Eco non abbia distinto con sufficiente cura tra riconoscimento e denominazione. Quella di riconoscere il rosso è una capacità, probabilmente innata, della nostra specie, che possiamo immaginare realizzata più o meno allo stesso modo in tutti i suoi membri normali; chiamare 'rosso' il. rosso è un'altra faccenda, una faccenda culturale, tanto che ci sono lingue che non hanno una parola per il rosso. Insistendo sul carattere contrattuale dei contenuti concettuali, Eco ne sottolinea vari aspetti importanti. Per esempio, la variabilità individuale: il concetto di gatto dello zoologo è diverso da quello del profano. La non delimitabilità: che un'informazione sia considerata costitutiva del concetto di gatto piuttosto che semplicemente un'informazione sui gatti dipende da molti fattori e non è stabilito una volta per tutte (in questo senso, non c'è un confine stabile e universale tra dizionario e enciclopedia). Tuttavia, egli finisce per dare l'impressione che, per qualche ragione, abbiamo bisogno di metterci d'accordo sul contenuto dei nostri concetti. Non è così : salvo che in rari casi, noi interagiamo benissimo pur avendo concetti diversi (TC e CN diversi) di gatto, di oro, di tavolo e di tutto il resto. Quello che conta è che le nostre pratiche referenziali e inferenziali siano convergenti: cioè che io chiami 'gatto' grosso modo gli stessi Applausi al sarchiapone di Dario Voltolini Dal punto di vista dell'ornitorinco, questo ultimo libro di Umberto Eco è sicuramente un romanzo molto avvincente, ricco di avventure e peripezie, generosamente popolato di personaggi, con una trama robusta a sostenere il ritmo serrato della scrittura, benché il finale sia un rebus e nonostante la presenza in più punti di capitoli di taglio saggistico e di contenuto fi- animali che tu chiami 'gatto' (anche se in certi casi potremmo divergere), e che tu e io condividiamo parecchie credenze significative sui gatti (che sono animali, che miagolano, che cacciano i topi...), anche se non necessariamente tutte, e neanche tutte quelle "importanti" da un qualche punto di vista. Nella pratica comunicativa quotidiana, il genere di problemi incontrati dagli zoologi alle prese con l'ornitorinco si presentano di rado: anche per questo non c'è bisogno di immaginare quell'universo di significati pubblici e condivisi a cui Eco, nonostante tutto, rimane affezionato. (1994). Tuttavia l'ornitorinco più di tutto ha amato quel grande trattato sulla condizione dell'uomo contemporaneo che è stato II pendolo di Foucault (1989). Ora Eco sembra aver voluto mescolare nello stesso libro le sue anime di filosofo e di narratore, cosa che dal punto di vista dell'ornitorinco è assolutamente naturale. Ecco allora il narratore allestire una trama ri- losofico. D'altra parte, come l'ornitorinco sa e approva, Eco da sempre gioca su molti tavoli della scrittura, soprattutto su due, quello teorico e quello narrativo. Altre volte Eco ha voluto decisamente separare i due momenti. Secondo l'ornitorinco, infatti, i primi romanzi di Eco, come Opera aperta (1962), La struttura assente (1968) e Trattato di semiotica generale (1975) sono romanzi scritti'da un narratore puro, che nasconde se stesso fuori dal teatro degli eventi e dissimula la propria visione della vita e del mondo nelle pieghe della storia che racconta. D'altra parte, l'ornitorinco ha letto, anzi studiato intensamente la produzione teorica di Eco: ha apprezzato lo sforzo filosofico sistematico del saggio II nome della rosa (1981), così come ha ammirato la ricostruzione stori-co-critica di un momento cruciale per l'Occidente moderno sviluppata in L'isola del giorno prima N. 10, PAG. 7 gogliosa, con personaggi misteriosi come l'Essere, che compare sotto diversi travestimenti in una storia di durata millenaria (secondo l'ornitorinco l'Eco narratore in realtà non crede che sia tramontata l'epoca dei grandi racconti, ma che essa sia per così dire appena cominciata), o come Oggetto Dinamico e Oggetto Immediato (una coppia di personaggi di lunga tradizione letteraria), o come Alfa e Beta, Ockham e Walter Chiari, i raffinati tipi cognitivi e i primitivi semiosici, per citarne solo alcuni. Si tratta di un romanzo che può essere letto a vari livelli, non soltanto come la semplice storia dell'Essere e dei nostri strategemmi per smascherarlo, e neppure soltanto come la maestosa storia degli uomini e delle donne alle prese con il mistero della vita, che quando sembra in procinto di essere svelato sempre si ridisegna beffardo e irreale come un enigma (perfetta in questo senso la scena finale del rebus, onirica e inquietante). È un romanzo che può generare innumerevoli interpretazioni, anzi il problema a questo punto è quello di tracciare, per esse, un limite. Ecco allora il filosofo intervenire in vari punti con brevi e densi capitoli teorici, quasi a voler isolare dal flusso del racconto alcune zone di riflessione. L'ornitorinco, che ama questo genere di cambiamento nel ritmo della scrittura, è rimasto molto colpito dal brevé trattato di teologia La storia dell'arcangelo Gabriele e dal paragrafo di taglio francofortese dedicato alla critica dell'autoritarismo e del sadismo degli adulti nei confronti dei bambini (Storia di Vinco). Ma a strappare l'applauso teoretico dell'ornitorinco è soprattutto il brano ermeneutico La vera storia del sarchiapone (dedicato all'interpretazione del grande classico di Chiari e Campanini. Dal punto di vista dell'ornitorinco, il sarchiapone è il suo gemello, il suo doppio negativo, l'alter ego che cade oltre lo specchio. Là dove l'ornitorinco ha troppe qualità, il sarchiapone non ne ha nessuna. Tuttavia entrambi sono rompicapi per gli uomini e per le loro strategie cognitive. Questo piace molto all'ornitorinco, che va in sollucchero al pensiero che gli si sia dedicato un libro così (ha il sospetto che il' punto di vista dell'autore sul mondo non sia poi così lontano dal proprio). È talmente soddisfatto da non provare nemmeno troppa gelosia per Kant. Belfagor 311 Sulfureo, come ben sa Zamagni-Ulivo Francesco Merlo, "Il Corriere della Sera" 14 luglio 1997 Bruno Pischedda Modernità del postmoderno La medusa lagunare Patrizio Collini Paura della complessità. Bioetica e clonazione Massimo Aloisi Indiana Gramsci • Il paradosso Gramsci Joseph Buttigieg • Gianfranco Corsini rossana Bossaglia l'inventore della Grande Brera L'ostia di Francesco Leonetti nicola signorile Gesualdo Bufalino "Ritratto" a cura di Enzo Papa Sebastiano Timpanaro Le feste per Napoleone I re d'Italia Rosso e Grigio in guerra raffaele llucci Conversando con un critico levifilo pietro Cataldi da siena Casa Editrice LeoS.Olschki _ Casella postale 66 » 50100 Firenze Tel. 055 / 65.30.684 » Fax 65.30.214