APRILE 1999 N. 4, PAG. 11 Patrick Rambaud La battaglia ed. orig. 1997 I trad. dal francese I di Egi Volterrani pp. 218, Lit 27.000 Bompiani, Milano 1998 Napoleone imbolsito e con l'eczema, che sale a cavallo solo con l'aiuto di una sedia e si unge il mento mangiando. Henri Beyle venti-seienne e febbricitante per la.sifilide, ben prima di diventare Stendhal. Un'idea di Balzac mai realizzata. Con questi elementi, Patrick Rambaud, pasticheur professionista, ha messo insieme un romanzo di argomento bellico centrato su una clamorosa sconfitta dell'Imperatore. 1809, Vienna. La battaglia del titolo è quella di Essling, ingloriosa per Napoleone e particolarmente tragica per le perdite: quarantamila morti tra austriaci e francesi in una trentina di ore. Honoré de Balzac aveva in mente di scrivere un romanzo su Essling: "La mia battaglia è Essling. Essling con tutte le sue conseguenze", aveva svelato in una lettera a Madame Hanska. Nel 1835, a Vienna per consegnare all'amata il manoscritto di Séraphita, fece sopralluoghi a Essling, a Wagram, nell'isola di Lo-bau sul Danubio. Poi fu preso da altro, e il progetto finì nel nulla. Patrick Rambaud già in molti altri casi ha modellato la sua scrittura su quella altrui. Molto si è parlato del libro in cui riproduceva vizi e vezzi della scrittura di Marguerite Duras, intitolato Virginie Q. e firmato con lo pseudonimo di Marguerite Duraille, da cui nacque un piccolo caso letterario: tutti cercavano il "colpevole", non avendo la Duras apprezzato lo scherzo. Questa volta ha voluto calarsi nella penna di Balzac per fare al posto suo quello che l'autore della Comódie humaine aveva progettato. Alla ricostruzione storica della battaglia di Essling, prima grande ecatombe dell'Impero, fa da contraltare la confusione febbrile del personaggio di Henri Beyle, che si aggira tra marescialli, granatieri e dragoni in veste di vice-commissario bellico, senza capire nulla di quanto sta accadendo. Il riferimento è alla condizione di Fabrice di fronte agli avvenimenti di Waterloo, nella Certosa di Parma che Beyle scriverà una volta diventato Stendhal. La curiosa anti-poetica del genere che predilige Rambaud è contenuta nelle prime due pagine del romanzo, dove è descritto non solo un Napoleone che è la caricatura di se stesso, ma anche il capo di stato maggiore dell'esercito di occupazione, Berthier, che pur assomigliando molto all'Imperatore ("da lontano si rischiava di confonderli") lo imita in tutto senza poterlo eguagliare. "L'affare di Berthier, come al solito, era di obbedire". Exstudente di lettere contestatore a Nanterre, tra i fondatori all'inizio degli anni settanta della rivista alternativa "Actuel", per La battaglia Patrick Rambaud è stato insignito del Prix Goncourt 1997. Motivazione: il salto di qualità letteraria testimoniato dal romanzo, di cui è convinto assertore anche Egi Volterrani, che l'ha tradotto in italiano. Gabriella Bosco Friederike Brun Il paradiso di Saffo. Il diario del viaggio di una poetessa del nord nella Svizzera italiana del Settecento a cura di Renato Martinoni trad. dal tedesco di Renato Martinoni e Jolanda Veltin pp. 141, FS 24 Edizioni dell'Ulivo, Balerna (Svizzera) 1998 Il libro, da collocarsi nel quadro dei recenti interessi per l'odeporica svizzera alla quale il curatore si è dedicato in più occasioni (dal volume edito da Dado nel 1989, Viaggiatori del Settecento nella Svizzera italiana, alla collaborazione al catalogo della mostra luganese Itinerari sublimi. Viaggi d'artisti tra il 1750 e il 1850, Skira, 1998), ha anche il pregio di proporre all'attenzione del pubblico italiano una figura alquanto dimenticata, nonostante i suoi scritti sull'Italia siano stati determinanti per la diffusione nel Nord dell'Europa dell'immagine romantica del nostro paese. Le memorie romane che Friederike Brun pubblicò in più volumi tra il 1795 e il 1833 risultano infatti una preziosissima fonte di notizie e di giudizi sulla vita quotidiana coeva, sull'arte, sul paesaggio di una città che la letterata conosceva bene, avendoci una casa, Villa Malta, aperta agli artisti (la frequentò Angelika Kaufmann) e agli intellettuali (Humboldt fra gli altri). Autrice di versi semplici e melodiosi, che godettero di popolarità ancora nella Germania del Novecento, e straordinaria tessitrice di rapporti con personalità di prìm'ordine (Goethe, Klopstock, Wieland, Herder), Friederike Brun (1765-1835), di origine tedesca trapiantata a Copenaghen, avvertì intenso il richiamo culturale e climatico del Sud, dove si recò più volte, visitando la Francia, l'Italia e la Svizzera. Le pagine nelle quali, tra il settembre e l'ottobre 1795, appuntò le tappe di ingresso nella Svizzera italiana sono un diario di viaggio che alle canoniche annotazioni circa i luoghi visitati unisce riflessioni sulla gioia, la malinconia, la felicità, l'amicizia, grandi temi settecenteschi, registrati con una sensibilità già inquietamente romantica. È il contatto con la natura, la contemplazione della montagna e la familiarità con amici cari che sollecitano la "Saffo nordica" - come l'aveva definita in un suo verso Friedrich von Matthisson - a postillare i propri stati d'animo. Il poeta compì con lei un tratto di viaggio insieme con la principessa Luise von Anhalt-Dessau e l'illuminista bernese Karl Viktor Bon-stetten. Con quest'ultimo il rapporto fu particolarmente affettuoso. La natura ora è calma e rasserenante, dominata dall'ombroso alloro" o dalla "innocuità della brezza serale", ora orrida e intimorente: "Davanti a noi gli stabili fondi della terra, spaccati, e una profonda crepa in due rocce avvinghiate di granito (...) profondamente frantumata, abissale, la Maggia piena che geme, impaurita, di lì contro a noi. In silenzio, col cuore che batte, con quella dolce paura che mi prende di fronte a questi fenomeni dei grigi tempi primordiali (...) errai sotto gli scogli sino al ponte. Questo punto d'osservazione è unico e riunisce i posti che più fanno rabbrividire della Viamala e del San Gottardo". L'oscillare tra l'esaltazione e il terrore arricchisce la scrittura di ossimori, peraltro tipici dell'estetica romantica: la "dolce paura", l"'or-ribile bellezza", il "selvaggiamente sublime". In equilibrio tra Lumi e Romanticismo, il diario di Brun è singolare anche perché trova un mirabile punto di bilanciamento tra viaggio geografico e viaggio sentimentale, e tra pittura di esterni e illustrazioni di interni: "Gruppo. Luise, Matthisson, Bonstetten, io ai piedi di Luise poggiata contro Bonstetten. Lui che unisce le nostre mani. I bambini che si rannicchiano contro le mie ginocchia. Il cane che Bonstetten, preso dalla gioia, non ignora". Il volume è corredato di una Appendice documentarla nella quale il curatore raccoglie due brevi scritti di Brun e di Luise von Anhalt sulla Villa Pliniana e alcune pagine del diario di Matthisson sullo stesso viaggio in Svizzera. Luisa Ricaldone Christine Wolter Via delle Ore ed. orig. 1988 ; trad. dal tedesco di Vanda Perretta pp. 89, Lit 12.000 Rubbettino, Soveria Mannelli (Cz) 1998 "Nell'insopportabile, l'ordine si capovolge anche in questo: il freddo impara a salire". Milano è insopportabile; "l'insopportabile", in una delle sue molteplici forme, è Milano. Così, nel giugno milanese "contro ogni legge della fisica il calore non sale anzi scende, cade e si posa sulla città come una massa collosa e pesante". Christine Wolter, tedesca della Germania dell'Est, dal 1978 vive a Milano e si occupa di cultura italiana. Nel 1988 pubblicò in Germania Via delle Ore, una raccolta di "visioni" milanesi che solo dieci anni dopo ha trovato un suo editore anche in Italia. Dice la stessa autrice, nella presentazione all'edizione italiana: "Via delle Ore piacque ai lettori tedeschi, non piacque agli editori italiani. Troppo brutta questa Milano, troppo crudo e acerbo il 'tono'". "Questa" Milano (ma chissà quante altre città avrebbe potuto essere) è brutta davvero, ma non solo: è degradante, soffocante, paralizzata. L'autrice è brava a trasmettere sensazioni e idee anche attraverso lo stile: metafore e descrizioni surreali contribuiscono al senso di oppressione e - talvolta - di incubo. Gli aspetti peggiori delle grandi metropoli, già definiti e a lungo analizzati in molta letteratura e oramai parte anche dell'immaginario collettivo, trovano, nella Milano di Christine Wolter, una convinta rappresentazione, sorretta dalla eccellente traduzione di Vanda Perretta. La città è un paesaggio di macerie, discariche (quelle di auto rottamate sono "cimiteri") e quasi tutto è "sepolto dall'asfalto". Il Duomo è una popolazione di pietra "rigida, muta, senza sguardo", il marmo ha subito, dalle cave, un esilio "triste e inglorioso". Il clima il più delle volte è fastidioso, malsano, in armonia cioè con l'ambiente in cui si manifesta. Spersonalizzazione, perdita di identità, abnegazione dell'Io in mezzo a troppi lo tutti uguali. E ancora: indifferenza, affollamento e solitudine, falsità. I vecchi, morti o morenti, sono figure fuori posto, "forse d'una Milano d'altri tempi", e se per un attimo si dimostra loro rispetto è in funzione dello spettacolo, della recita. Disparità sociali fanno parte del tessuto, sono connaturate alla struttura: così poveracci ai bordi del marciapiede e passanti sono "pittoreschi attori che non si danno fastidio, un foglio da mille lire che cada dall'alto non è un segno di comprensione ma la conferma della distanza". Non sembra azzardato affermare che il male della Milano di Christine Wolter nasce da un problema di morale. E neppure è un caso che il libro si chiuda con una parte, molto bella, dedicata alle riflessioni di un milanese - Manzoni -su di un problema morale come quello della Giustizia. Via delle Ore è un libro duro, il giudizio è senza appello. Ma è, nella sua intransigenza, un atto - estremo - di amore, un tentativo ultimo di lanciare l'allarme. Fabrizio Pegoraro I Theodor Storni Immensee e altre novelle a cura di Franco Cambi pp. 273, Lit 30.000 Università degli studi di Trento, Trento 1998 Il volume raccoglie sette tra le novelle più celebri di Theodor Storm (1817-1888) - Immensee, Rose tardive, Nel castello, Viola tri-color, Casa Bulemann, La fata della pioggia, L'uomo dal cavallo bianco -, presentate in una nuova traduzione con note esplicative. La scelta, come avverte il curatore nell'introduzione, intende ripercorrere i modi in cui trova espressione il tema del conflitto- tra individuo e società, colto in quel complicato intreccio di amore e destino intorno al quale si sviluppano le storie di uno dei massimi rappresentanti della novellistica tedesca dell'Ottocento. Chiara Sandrin Òdòn von Horvàth Teatro della colpa (Assassinio al vicolo del Moro, Don Giovanni ritorna dalla guerra, Il giorno del Giudizio) a cura di Teodoro Scamardi pp. 161, Lit 25.000 Graphis, Bari 1998 Odòn von Horvàth (1901-1938), autore mitteleuropeo scomparso prematuramente a Parigi in esilio, è, accanto a Brecht, una delle voci più rappresentative del teatro tra le due guerre, nella sua mescolanza di realismo sociale, sarcastica satira di costume e profonda tensione etica. Egli affronta la drammatica crisi di valori che investì soprattutto il ceto piccolo-borghese, creando le premesse per l'insorgere dei fascismi. Questo volume raccoglie tre drammi, un testo giovanile del ~\923-Assassinio al vicolo del Moro - e due appartenenti invece alla maturità dell'autore - Don Giovanni ritorna dalla guerra ( 1934), Il giorno del Giudizio (1936) -, accomunati dal Leitmotiv della colpa e della redenzione. Sullo sfondo di un'epoca priva di illusioni si muovono personaggi votati al fallimento, come il Don Giovanni della pièce omonima, reduce malinconico che continua stancamente il suo gioco di seduzione: tutte le donne gli cedono, nessuna lo ama, anzi "si ritraggono inorridite" non appena avvertono il desiderio struggente di morte che si cela dietro alla sua esibizione di virilità. Riccardo Morello wmmmM itoti >5tr ti^Lujjraiiilir* U jim^l* Religione-Politica-Cultura Edizione italiana diretta da Giuseppe Alberigo 13 volumi + 1 volume di indici per un totale di 15.000 pagine, rilegati in tela con sovraccopertina formato 17x24 È USCITO IL IV VOLUME Vescovi, monaci e imperatori (610-1054) sono disponibili i volumi: V: Apogeo del papato ed espansione della cristianità (1054-1274) VI: Un tempo di prove (1274-1449 XII: Guerre mondiali e totalitarismi (1914-1958) Boria / Città Nuova CITTÀ NUOVA EDITRICE Via degli Scipioni, 265 - 00192 Roma tel. 06.32.16.212 - fax. 06.32.07.185 BORLA Via delle Fornaci, 50 - 00165 Roma tel. 06.39.37.67.28 - fax 06.39.37.66.20 % V % X X ^ MtOÉg .... j 9 rio: li luì il