------- HH|DEI LIBRI DEL mese|H & ~ ctcsL Nell'autobiografia di Barba, la pedagogia d'un artista Un libro singolare e complesso, fra storia e testimonianza, dedicato agli anni con Jerzy Grotowski FRANCO RUFFINI Eugenio Barba La terra di cenere e diamanti. Il mio apprendistato in Polonia. Seguito da 26 lettere di Jerzy Grotowski a Eugenio Barba pp. 220, Lit 28.000 il Mulino, Bologna 1998 1 ultimo libro di Eugenio Barba, La terra di cenere e diamanti descrive gli anni al centro del periodo tea- trale di Grotowski, un nodo cru- ciale per il teatro dal secondo No- vecento, al di fuori di ogni teoria preconcetta, ma lasciando che la storia esca fuori dalla cronaca mi- nuziosa dei fatti di cui Barba è sta- to testimone e protagonista. Il contributo di collaboratori come il critico letterario Ludwik Flaszen e l'architetto Jerzy Gurawski, il con- dizionamento della situazione po- litica, il filtro della censura sulla lingua oltre che sul pensiero, emer- gono come fattori determinanti nella vicenda di Grotowski, trop- po spesso ridotta a quella di un ge- nio eversivo e senza contesto. L'ec- cezionalità del libro sta in questo: che un artista come Barba, autore di tanti scritti sulla "scienza" e sul valore del teatro nella storia, qui affronta direttamente la storia. Il modo in cui lo fa, per ciò che se ne deve condividere e anche per ciò su cui si può obiettare, è una lezio- ne importante per gli storici di professione. La terra di cenere e diamanti è un libro di Eugenio Barba su Eugenio Barba, e dunque pertiene all'auto- biografia. Allo stesso tempo è uno studio su Jerzy Grotowski, e dun- que un'opera di storia. Ed è anche il racconto del rapporto d'arte e di vita - rapporto d'amore lo chiama Barba, tagliando corto coi giri di parole - con Grotowski, e dunque si propone come una testimonian- za. Ma autobiografia, storiografia e testimonianza sono piuttosto fili che traversano il libro. Autobiografia. Nel 1954, Eu- genio Barba termina il liceo al Col- legio militare della Nunziatella, e dà inizio a un vagabondaggio che lo porta in Danimarca, Svezia, Norvegia soprattutto, fino all'ap- prodo, nel gennaio '61, a Varsavia. Un anno di esplorazione e di espe- rienze e poi, dal gennaio del '62 al marzo del '64,1'"apprendistato in Polonia" con Jerzy Grotowski, presso il Teatro delle tredici file a Opole. Due anni di impegno tota- le, tra pratica dell'artigianato tea- trale e attività promozionali. Dal- l'ottobre '64, con la fondazione del- l'Odin Teatret, la storia di Barba sempre più diventa distinta - che non vuol dire estranea - rispetto a quella di Grotowski. Non è che una scheda per punti, ma le notizie biografiche nel libro sono davvero tante e particolareg- giate. E appare strano che un uo- mo finora tanto sollecito alla pro- pria leggenda quanto evasivo e "leggendario" rispetto alla propria biografia, in Terra di cenere e dia- Ludwik Flaszen, faceva menzione per la prima volta degli "esercizi teatrali", e concludeva che l'espressione 'esercizi teatrali' per- mette del resto un parallelo - per noi divertente - un'allusione alle 'operationes spirituales'". In chiu- sura di paragrafo Barba commen- ta: "Flaszen, accennando alle 'ope- rationes spirituales' indica con chiarezza le potenzialità comple- mentari del training: come lavoro artigianale dell'attore su se stesso, e allo stesso tempo operatio spiri- tualis". E continua: "E questa con- cezione che si ritroverà nel cuore stesso delle differenti attività di Grotowski dopo che abbando- nerà, nel 1970, la produzione di spettacoli e la ricerca legata sensu strido all'attore e allo spettatore". La breve chiusa di paragrafo è ti- tolata lntelligentibus pauca; e chia- ramente la sollecitazione al lettore è da attribuirsi a Flaszen, costretto dalla censura a parlar poco e tra- verso. Ma sono sicuro che la si possa attribuire anche a Barba co- me un invito a non farsi imprigio- nare dalle pur fondamentali "pro- saiche condizioni materiali". L'importanza della congettura storiografica di Barba è evidente. Grazie ad essa il "cammino para- teatrale" si propone non come un'altra cosa o un'altra fase, ma so- lo come quel livello del teatro che è altro rispetto allo spettacolo ma che non per questo gli è antagoni- sta: al punto da aver avuto la sua epifania più luminosa proprio nel- lo spettacolo di Grotowski per an- tonomasia, Il principe costante. La ricerca nel teatro afferma così il suo intrinseco carattere di conti- nuità. Non solo opera a livelli di- versi (il lavoro dell'attore, la crea- zione dello spettacolo, il lavoro su di sé, ecc.) nello stesso tempo, ma al passare del tempo può passare da un livello all'altro e restarvi per lunghi periodi senza con questo uscire dalla continuità. Testimonianza. Nel nome del senza nome corre La terra di cenere e diamanti. Dall'anonimato dell'e- sperienza che ne consente la tra- smissione, ai senza nome che fan- no teatro nello stesso mare in cui gli storici nominati lo studiano. E c'è un altro senza nome, che è tale in quanto sta per il nome di ognu- no che ne pronuncia il suono. La testimonianza, che è l'ultimo dei li- bri-figlio del libro di Barba, si esprime in prima persona. Ma c'è un rischio di fraintendi- mento che va subito dissipato. Non è il rango della testimonianza a legittimare nel racconto l'uso della prima persona; al contrario, è l'uso legittimo della prima persona a configurare il racconto come una testimonianza, a prescindere dal suo rango. La domanda è: cos'è che rende necessario l'uso della prima persona? che subito si trava- sa nell'altra: cosa rende riconosci- bile una testimonianza? La prima persona, infatti, non è solo una ca- tegoria grammaticale, e dunque può ben esprimersi senza il prono- me "io". La risposta alla prima domanda ► manti sembri fare 0 contrario. Un'autobiografia non è facile di- re cosa sia. Pare che l'accento pesi tutto sulla "propria vita", mentre invece cade soprattutto sul "rac- conto", cioè sul modo in cui i fatti della propria vita vengono collega- ti. Tre mi paiono le principali for- me di collegamento - la program- vocazione è omologa all'esperienza del processo creativo, il racconto della vocazione realizza la trasmis- sione di quell'esperienza. L'auto- biografia di Barba la vedo insom- ma come il veicolo della sua peda- gogia d'artista. In Terra di cenere e diamanti Barba parla della propria vita anche per passare il segreto, congetture che siano credibili e fe- conde, niente di più e niente di meno. Barba non fa eccezione a questa regola. La sua principale congettu- ra da storico riguarda il "cammino parateatrale" di Grotowski. Nel 1970, al vertice del successo come regista, Grotowski abbandona la mazione, il destino, la vocazione - e tre dunque le principali forme di autobiografia. Nella programma- zione prevale l'atteggiamento atti- vo; nel destino quello passivo. Nella vocazione, a prevalere è l'at- teggiamento attivo nella passività: nella vocazione scorre il destino, però non subito passivamente. A parte la rigidità di ogni classifica- zione, si può ben dire che l'auto- biografia di Barba è il racconto di una vocazione. Da Grotowski, do- ve - dalla prima "voce" del film sulla Polonia La terra di cenere e diamanti nella Oslo del 1959 - ine- luttabilmente si è sentito chiamare, Barba impara che c'è azione nell'attesa e attesa nell'azione, che la differenza tra attesa e azione, nella vita, è solo per i ciechi e, a teatro, solo per lo spettatore fret- toloso". Azione nell'attesa e attesa nell'azione è l'essenza del processo creativo: ed è anche l'essenza della vocazione. Allora, per quanto la elementare quando se ne sia "fatta esperienza", del processo creativo. Storiografia. Scrive Barba nel- la premessa che le cosiddette "li- nee storiche" servono soprattutto agli storici di professione, ma "So- no invece inutili per gli attori e i re- gisti (...) che ancora non hanno un nome, e ai quali "serve soprattutto conoscere le prosaiche condizioni materiali in cui si svolse la storia dei senza nome". Magari per esse- re troppo sbrigativo, credo che qui Barba abbia torto. Il mare che proverbialmente sta tra il dire e il fare non indica la loro separazione ma la loro difficile unione; e questo mare si prosciu- gherebbe, rendendo l'unione im- possibile, se dalle due sponde ognuno non facesse al meglio la sua parte. La parte dello storico è quella di estrapolare "linee" dai fatti, cioè di formulare congetture. Farla al meglio significa formulare produzione degli spettacoli. Ecco uno scandalo: voler essere nel tea- tro senza per questo dover essere nello spettacolo. Il "cammino pa- rateatrale" indica appunto le atti- vità extra-spettacolari di Grotow- ski, dal parateatro propriamente detto al "lavoro su di sé", portato avanti dal 1986 a tutt'oggi nel Workcenter di Pontedera. In forma estesa, la congettura di Barba può essere così formulata: il "cammino parateatrale" di Gro- towski comincia nel 1963, sette an: ni prima della data ufficiale, in concomitanza con l'avvio del lavo- ro per II principe costante; e già dal principio contiene consapevol- mente tutti, gli elementi che si ren- deranno espliciti negli sviluppi a venire. Nel libro beninteso questo discorso non c'è, ci sono solo degli accenni. Ad esempio Barba ricor- da, a proposito dello spettacolo Dr Faustus (1963), che una nota non firmata, ma sicuramente di