APRILE 1996 Origini romantiche di Michele Cometa I Romantici tedeschi, voi. I: Narrativa, voi. II: Narrativa e lirica, a cura di Giuseppe Bevilacqua, Rizzoli, Milano 1995, pp. 1094 e 946, Lit 190.000. Con un impegno editoriale non indifferente la casa editrice Rizzoli ha pubblicato i primi due volumi dei quattro che intende dedicare al romanticismo tedesco, affidati alla cura di Giuseppe Bevilacqua, il quale, a sua volta, si serve di collaboratori illustri quali Claudio Cesa, Stefano Poggi, Ida Porena e Valerio Verrà. La cura editoriale dell'opera, nel suo insieme, è invece affidata a Sergio Corrado. I primi due volumi, dedicati alla narrativa e alla lirica, antologizzano quanto di più importante è stato prodotto in ambito romantico, utilizzando alcune traduzioni italiane già esistenti, cosicché il progetto di Bevilacqua si configura anche come un panorama consistente dell'impegno profuso dalla cultura italiana di questo secondo Novecento nella traduzione di testi classici della letteratura tedesca. Val la pena di elencarli tutti, perché senza di loro un'opera di sintesi come quella che stiamo trattando non sarebbe stata possibile. Si tratta di Edgar Lander, Tommaso Landolfi, Maria Enrica D'Agostini, Patrizio Collini, Giulia Ferro Milone, Jean-Daniel Zannino, Magda Olivetti, Carlo Pinelli, Alberto Spaini, Andrea Casalegno, Diana Dell'Omodarme, Consolina Vigliero, Giuliana Pozzo, Rosa Spaini, Clara Bovero, Ida Porena e Sergio Corrado. Fin qui la struttura dell'opera di cui è prevista la continuazione in due volumi dedicati rispettivamente alla saggistica romantica e al teatro e agli epistolari. II tutto organizzato secondo i principi e l'interpretazione del romanticismo tedesco che Bevilacqua espone nella sua lunga ma godibilissima introduzione, Le origini del Romanticismo tedesco, destinata al pubblico colto e più ampio, ma in realtà intessuta di questioni con le quali la critica specialistica non potrà fare a meno di confrontarsi. Si potrà essere più o meno d'accordo, se ne potranno condividere o meno i toni e le modalità, se ne potrà qua e là contestare qualche parte, ma l'introduzione di Bevilacqua costituisce la quintessenza di un confronto critico con il romanticismo che certamente lo ha impegnato per decenni e che tiene conto — basta leggere in filigrana — di molte delle acquisizioni critiche di questi ultimi anni. Molto ampio è infatti lo spettro di suggestioni, di riferimenti, di posizioni polemiche che Bevilacqua mette in scena nella sua introduzione. Un lettore appena più smaliziato, o decisamente iniziato, non tarderà a riconoscere alcuni degli effetti della critica più evoluta del romanticismo tedesco. Proviamo a elencarne alcuni passaggi. Per Bevilacqua, certamente non incline a divagazioni flosofiche, la cellula germinale della Romantik è Friedrich Schlegel o, più esattamente, il fecondo, anche se distruttivo, scontro-incontro tra il più giovane degli Schlegel e Schiller. Al centro della rivoluzione romantica di Schlegel Bevilacqua pone l'esperienza dell'"antico", intesa come confronto del presente con il passa- to, ma soprattutto l'ispirazione "repubblicana" cioè "rivoluzionaria" senza reticenze della generazione romantica. Il Saggio sul Repubblicanesimo di Schlegel gli sembra l'incunabolo della nuova filosofia. Il nesso tra "interesse politico" e "ricerca storica nell'ambito dell'antichità" è quindi per Bevilacqua decisivo. Da qui l'attenta valutazione dell'ideologia della rivoluzione, o^je.tte-'vc^ta.'vc^ dosi a una ricerca spasmodica e per certi versi inconcludente dell'assoluto che, secondo Bevilacqua, è caratteristica del romanticismo. Sul piano delle forme letterarie questa tensione verso l'assoluto significò — nella mirabile sintesi di Bevilacqua — la scoperta del "frammento", come forma specifica del pensiero moderno, la crisi di ogni visione normativa dei generi letterari e la loro conseguente mescolanza (soprattutto nel romanzo), la scoperta di un'arte, la musica, l'unica in grado di creare una "cornice" all'infinito, lo svi- N. 4, PAG. 11 da vicino. Ma se è facile muovere qua e là critiche puntuali, individuare debolezze, difficile è mantenere, come fa Bevilacqua, un quadro coerente di questo sviluppo magmatico della Romantik. Perché di una cosa l'autore è certo: che è possibile leggere tutti questi variegati fenomeni romantici (da Schlegel a Hoffmann) nell'ambito di un quadro sostanzialmente unitario, legato a una determinata realtà storica (la crisi dell'utopia friedriciana) e irripetibile in quella forma. Ed è senz'altro vero che bisogna far piazza pulita delle innumerevoli e oziose di- L'arabesco poetico Joseph von elchendorff, Poeti e compagnia, a cura di Enrico De Angelis, Studio Tesi, Pordenone 1995, ed. orig. 1834, trad. dal tedesco di Luisa Biancotti, pp. XXXII-302, Lit 25.000. Gli approfondimenti critici che la germanistica e la cultura italiane hanno dedicato in questi ultimi decenni al romanticismo tedesco nel suo insieme, consentono adesso incursioni anche in ambiti normalmente estranei alle pressanti questioni teoriche che questo periodo aurorale della cultura moderna ha consegnato ai posteri. Si è sviluppato cosi un interesse anche per la cosiddetta Spat-Romantik che, pur non avendo la temperatura filosofica delle prime prove romantiche, ha il fascino di una letteratura che raecoglie tutta l'eredità e la problematicità del romanzo moderno sapientemente risolta in trame di grande godibilità e popolarità. E il caso dei romanzi di Eichendorff, e di quest'ultimo che appare adesso nella bella traduzione di Luisa Biancotti, prodotto tardo del romanticismo e del suo stesso autore che si era già reso immortale con Presentimento e presente (1815) e Storia di un fannullone (1826), entrambi tradotti in italiano. Poeti e compagnia, apparso nel 1834, è infatti, come giustamente nota il curatore Enrico De Angelis — che da molti anni è impegnato nello studio e traduzione dei roman-zi romantici —, un'opera che virtualmente "chiude" il romanticismo raccogliendone come in un invaso tutti i motivi e le tensioni. E infatti un romanzo che sta sia nella tradi- zione del Bildungsroman goethiano, ovviamente il Wilhelm Meister, sia in quella, più visionaria ed estetizzante delle Peregrinazioni di Franz Sternbald di Tieck. È un "romanzo del romanzo", come l'avrebbe definito Friedrich Schlegel, o — più esattamente — "poesia della poesia", giacché il tema è proprio quello del formarsi di una coscienza e di una vita poetica, in tutti i suoi risvolti, anche ipiù nichilistici. È infine un romanzo che raccoglie — come sempre in Eichendorff— tutte le suggestioni romantiche delle arti figurative, ormai definitivamente conquistate alla maniera di Friedrich e Runge. Né manca tutto quel repertorio che sustanziò la riflessione primo e tardoromantica, le sottili riscritture bibliche, l'attenzione per i generi della poesia popolare, l'attenzione, mai disinteressata, per la letteratura contemporanea che Eichendorff, da grande storico della letteratura e della cultura tedesca qual era, seppe sempre rifondere nelle sue opere. Poeti e compagnia è infine un'opera che sul piano della scrittura rispetta in tutto il postulato e il progetto dell'arabesco poetico, così come l'aveva teorizzato Schlegel, cioè si avvale della tendenziale fusione di più generi, dalla lirica alla prosa, dal romanzo appunto alla riflessione saggistica. In particolare Poeti e compagnia è attraversato da intermezzi lirici, alcuni giustamente celebri, che aprono definitivamente la forma romanzo in linea con il dettato dell'epoca e soprattutto introducono l'utopia finale di un mondo compiutamente redento. (m.c.) sull'onda di quella francese, serpeggiante tra i romantici, ottica che consente la piena valutazione, tra l'altro, di figure come Georg Forster e di Caroline Bòhmer, futura musa del cenacolo romantico. Sul piano filosofico questo "sbilanciamento" sul moderno significò — nota opportunamente Bevilacqua — portare alle estreme conseguenze il pericoloso idealismo, ormai decisamente nichilistico, già contenuto nel saggio sulla poesia ingenua e sentimentale, di Schiller, il quale ben comprese sin dall'inizio che la nuova generazione lo avrebbe travolto, e con lui tutto il classicismo di Weimar. Nell'idealismo dei romantici — e qui forse si sarebbe potuto spendere qualche parola in più a proposito dei rapporti tra gli Schlegel, Fichte e Schelling — l'assoluto diviene la categoria fondamentale, finendo non solo per svuotare di senso ogni realtà, ma condannan- luppo dell'"autobiografia", prodotto squisito dell'ipertrofia dell'Io tipica dei romantici e, infine, la proposta che tutte le altre racchiude: l'invenzione di un nuovo centro letterario-filosofico-politico, la nuova mitologia. Per chi conosce i recenti studi sul romanticismo non sarà difficile individuare in queste pagine il distillato di posizioni validamente sostenute in Italia e all'estero, che però sono diluite in un personalissimo ductus retorico che dà grande unità all'affresco di Bevilacqua, sia nelle sue "caratteristiche" più riuscite, ad esempio quando parla di Tieck, di cui individua tutto il nichilismo, o di Hoffmann, sul quale ci regala uno schizzo densissimo, sia quando accoglie posizioni un po' di maniera, come nella descrizione della svolta reazionaria, cioè cattolica e legittimista di Friedrich Schlegel (e degli altri), un fenomeno complesso che forse andava sviluppato più stinzioni tra Vor-, Frù-, Hoch-, e Spàt-Romantik per quanto queste "stampelle" siano utili per comunicare in una comunità scientifica. Non si capisce perciò perché anche Bevilacqua alla fine ceda alla tentazione, tipica della critica romantica, di cogliere, nelle "accensioni improvvise" di "desiderio dell'impossibile", come nelle avanguardie novecentesche che "martellano l'assoluto", il bagliore del "solo, autentico Romanticismo tedesco". G forse si capisce: Bevilacqua pensa che siamo ancora tutti dentro quella koiné nichilista che i romantici portarono alla luce e spesso misero alla berlina. E un modo per dire che la parabola del Moderno non si è ancora conclusa, e fino a quando non si sarà conclusa la storia del nichilismo, anche romantico, avremo bisogno di questi testi, strazianti e straziati, comici e tragici, ingenui e sentimentali. ff CLUEB NOVITÀ Knud W. Jensen Louisiana. Storia di un uomo e di un museo pp. 292, L. 35.000 Una guida al famoso museo danese d'arte contemporanea nell'anno in cui Copenaghen è la capitale della cultura europea. Giuliano Pinto Città e spazi economici nell'Italia comunale pp. 250, L. 35.000 Economia e organizzazione delle città medievali italiane. Paola Di Cori (a cura di) Altre storie. La critica femminista alla storia pp. 432, L. 45.000 Un profilo generale degli studi sulla storia delle donne. Daniella Gagliani, Mariuccia Salvati (a cura di) Donne e spazio nel processo di modernizzazione pp. 202, L. 25.000 Lo "spazio" delle donne fra pubblico e privato. Paula Loikala (a cura di) Il Nord come destino. Liriche finlandesi moderne al femminile pp. 160, L. 20.000 La prima traduzione italiana di poesie contemporanee. Antonio Santucci Empirismo, pragmatismo, filosofia italiana pp. 252, L. 32.000 Una rilettura della storia della filosofia italiana. Giancarlo Di Sandro Gli economisti agrari italiani tra Otto e Novecento pp. 210, L. 25.000 La prima analisi sistematica della storia del pensiero economico agrario italiano. CULEB Via Marsala 24 40126 Bologna Tel. 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