I_ LUGLIO 1996 Idei libri del mese| CficisLLi N.7, PAG. 19 Signore noir, Monotoni e Istrioni Patricia Highsmith, Idilli d'esta- te, Bompiani, Milano 1996, ed. orig. 1994, trad. dall'americano di Sergio Perroni, pp. 301, Lit. 32.000. Idilli d'estate, l'ultimo libro di Pa- tricia Highsmith, è un romanzo stra- namente leggero per la maestra del noir. L'amabile psicopatico di molti gialli della Highsmith Tom Ri- pley non è invitato a "Small g", ii lo- cale notturno di Zurigo dove un gruppo di personaggi eccentrici si ritrova ogni sera. Nonostante si apra con un omicidio e finisca con una morte accidentale e in un certo senso propizia, Idilli d'estate è un li- bro pieno di eventi di secondaria importanza, piccoli favori, gentilez- ze, recriminazioni. Dopo la morte dell'amante Peter, il grafico Rickie Markwalder si consola condividen- do il suo dolore con Luisa, una gio- vane sarta anch'essa innamorata di Peter. Ma l'infelice triangolo si ripe- te con l'arrivo di Teddie, che si in- namora di Luisa e riceve le atten- zioni non corrisposte di Rickie. Però in fondo ciò che lega i perso- naggi non è amore ma amicizia, se tra i tavoli di "Small g" si viene a creare uno spirito di convivialità quasi melvilliano, un'utopia di edo- nismo sociale. Rickie, Teddie e i lo- ro amici cercano di aiutare Luisa a fuggire dall'atelier in cui lavora, la- boratorio/carcere gestito da Rena- ta, una donna invalida sia fisica- mente che emozionalmente. In un certo senso la trama dissemina tracce di favola, ma le dinamiche del desiderio disegnano traiettorie completamente diverse da quelle di Biancaneve. La gelosia di Rena- ta per Luisa e la sua omofobia nei confronti di Rickie e dei suoi amici forse nascondono bramosie re- presse, ma i'avvento della libertà nei rapporti omosessuali, per para- frasare Philip Larkin, è arrivato trop- po tardi per lei. È come se la High- smith volesse espellere Renata dai cancelli di questo nuovo Eden, e con lei l'universo crepuscolare, in- triso di sensi di colpa del noir. Tutta- via Renata, come Malvolio, riuscirà a imprimere la propria ombra sugli altopiani erbosi degli Idilli d'estate. Graeme Thomson Andrew Klavan, Una lama d'ombra, Tea, Milano 1996, ed. orig. 1988, trad. dall'inglese di Stella Boschetti, pp. 236, Lit 14.000. Mentre ricompare in libreria, sem- pre nella Tea, Non dire una parola, il giallo intelligentissimo e un po' ag- ghiacciante che ha fatto conoscere Klavan al pubblico italiano, Una la- ma d'ombra ci racconta una nuova indagine dei cronista newyorchese John Wells, tabagista assatanato e ultimo baluardo di un giornalismo puro e duro in cui s'intrecciano ia strenua ricerca della verità e il gusto romantico dell'avventura. Lo sfondo del romanzo è proprio il mondo dei giornalismo, in cui lavorano, l'uno accanto all'altro, arrivisti senza scrupoli, direttori con il segno del dollaro ben impresso sulle pupille sbarrate e idealisti delusi ed emar- ginati, ma ancora capaci di qualche estremo beau geste. Durante una serata tra giornalisti, in un pub, John Wells conosce un mitico inviato spe- ciale, Tìmothy Colt. Scampato per miracolo ai guerriglieri e agli sgherri di mezzo mondo, Colt defunge per un'imprevista coltellata in un pacifi- co albergo di New York, sotto gli oc- chi di Wells, lasciandogli ii compito di districare il mistero della sua mor- te; un mistero le cui radici sono in Africa, e su cui incombe una figura femminile angelica e fatale, la mis- sionaria Eleanora. Caso raro negli annali della nostra editoria, la tradu- mente nostalgici della Londra di Arthur Conan Doyle - completa di nebbie sul Tamigi, filantropi, prosti- tute e squartatori - è così numeroso da assicurare ottime vendite a ogni prodotto letterario che di quella Londra recuperi l'atmosfera, i poco edificanti segreti sepolti sotto una coltre di plumbeo perbenismo e na- turalmente gli investigatori dilettan- ti, dinamici e geniali dietro la ma- schera di un dandysmo distratto. Puntualmente, tutti questi ingre- Ruth Rendell, La notte dei due uomini, Mondadori, Milano 1996, ed. orig. 1994, trad. dall'inglese di Grazia Maria Griffini, pp. 373, Lit 24.000. Il peso della colpa, l'espiazione segreta e ia sofferenza per un per- dono impossibile sono i temi con i quali Ruth Rendell si misura in que- sto intrigante romanzo psicologico. La notte dei due uomini è la storia di Tim, bello, egoista e immaturo, e utaèmmm IHHIHim " r P»s» . i. zione eccellente rende ancor più gradevole la lettura di questo buon giallo. Mariolina Bertini Kate Ross, Il vaso infranto, Mondadori, Milano 1996, ed. orig. 1994, trad. dall'inglese di Luciana Crepax, pp. 333, Lit 32.000. Il successo dei gialli non eccelsi di Anne Perry, ambientati in una Londra dell'Ottocento ricostruita un po' pedantescamente, accumulan- do notizie e dati statistici da tutti i manuali e le enciclopedie possibili, ci mette di fronte a un dato indiscuti- bile: il pubblico dei lettori tenac.e- dienti ritornano in questo secondo giallo di Kate Ross, avvocatessa di Boston. Siamo nei bassifondi di Londra, in una sera di ottobre del 1824; una simpatica prostituta, Sal- ly, borseggiando un cliente, viene in possesso di una lettera. È di una sconosciuta che,verosimilmente re- clusa contro la sua volontà in un bordello, implora aiuto. Dal momen- to in cui la lettera viene decifrata dal distinto investigatore dilettante Ju- lian Kestrel, si succederanno per lui e per Sally i colpi di scena di un intri- go non troppo originale, ma ben co- struito; un decoroso intrattenimento per i nostalgici sherlockholmesdi- pendenti di cui sopra. (m.b.) dell'amore passionale e tormentato che lo lega a Ivo, affascinante pa- leontologo. È la storia di un'educa- zione sentimentale e di una colpa segreta, narrata successivamente da tre diversi personaggi, secon- do quella struttura del racconto a più voci che Ruth Rendell aveva già sperimentato ne I giorni di Asta Westerby e che le permette di esprimere al meglio la sua magi- strale capacità d'indagine psicolo- gica e di mettere a segno alcuni ge- niali colpi di scena. La notte dei due uomini è a metà strada fra i due filo- ni che da sempre caratterizzano la produzione letteraria della Rendell. Il risultato è un cocktail perfetto, i cui ingredienti sono la sottile analisi psicologica dei romanzi firmati con lo pseudonimo di Barbara Vine e la suspense dei romanzi polizieschi Danila Comastri Montanari, Parce sepulto, Mondadori, Milano 1996, pp. 191, Lit 5.500. Danila Comastri Mon- tanari, La campana dell'arci- prete. Garzanti, Milano 1996, pp. 240, Lit 30.000. La scrittrice bolognese continua a pubblicare gialli d'ambientazione storica secondo la sua formula, che prevede passioni e delitti torbi- damente normali situati però su uno sfondo reso esotico dalla lon- tananza. Quest'anno -sembrano cresciute le ambizioni. Mentre va in edicola Parce sepulto, che pro- lunga la serie romana di cui è pro- tagonista il senatore e detective di- lettante Aurelio Stazio - mente epi- curea e immense ricchezze nell'epoca di Claudio e Messalina -, compare in libreria La campana dell'arciprete. Qui, in epoca ravvi- cinata e ambiente più nostrano - estate 1824, restaurazione postna- poleonica nei territori di Bologna -, l'investigatore è un buon prete in ri- tiro, la cui massima trasgressione, Omicidi lontani di Lidia De Federicis a San Giovanni in Triario, si realizza nelle serali partite a carte con il me- dico di campagna ex giacobino. E a distanza di diciotto secoli le due vicende hanno lo stesso punto d'inizio, il corpo nudo o discinto dì una bella giovane trovata morta in luogo o tempo improprio; l'una, nel vasto bagno di pietra e marmo del- la sua domus (e proprio il mattino delle nozze); l'altra in una giornata qualsiasi (ma in chiesa, e proprio nella cella campanaria). Capita però che nella vicenda moderna l'aspetto descrittivo dei costume contadino prevalga sull'intrigo, punto di forza di Comastri Monta- nari, e non raggiunga tuttavia quell'interesse antropologico cui l'autrice aspira. Bonarietà del pro- tagonista, soluzioni edificanti, ge- nerali rientri nell'ordine sono desti- nati a tranquillizzare il lettore ap- prensivo: monsignor Priamo Ga- sbari i non è il padre Brown di Che- sterton; ia parrocchia provinciale non è la Londra truculenta di Anne Perry; le campane, infine, non sono quelle di Dorothy L. Sayers (vedi l'elegante II segreto delle campa- ne, Mondadori, 1988). Invece, su Roma antica, 45 d.C., Danila Co- mastri Montanari scrive senza preoccupazioni e, nonostante piantine e glossari, lascia libero il gioco inventivo. Sempre attualiz- zando. In Parce sepulto incontria- mo problemi di parcheggio e di scuola, drammi dell'usura, storie femminili di donne emancipate o per soldi o per talento, culti magici, riti perversi, misteri dell'oriente. Co- se da feuilleton. Che l'innamora- mento pedagogico possa essere devastante quanto l'amore stesso è invece una bella (e non infonda- ta) intuizione, dovuta forse all'e- sperienza di insegnante dell'au- trice. più tradizionali firmati Ruth Rendell. Ruth Rendell senza l'ispettore Wexford dunque, o Barbara Vine con finale a sorpresa. Paola Carmagnani Ed Me Bain, Romance, Monda- dori, Milano 1996, ed. orig. 1995, trad. dall'inglese di Nico- letta Lamberti, pp. 320, Lit 30.000. Margaret Millar, L'assassinio di Miranda, Mondadori, Milano 1996, ed. orig. 1979, trad. dall'inglese di Marilena Caselli, pp. 223, Lit 5.500. Borges, in uno dei suoi racconti, immagina due sette ereticali con- trapposte: quella dei Monotoni, per cui tutto si ripete senza fine, e quel- la degli Istrioni, per i quali, invece, nulla può avvenire più di una volta. Adattando questa bipartizione agli autori di gialli, direi che anche tra loro si fronteggiano Monotoni e Istrioni: i Monotoni, che giocando su scarti impercettibili sembrano ri- scrivere sempre lo stesso romanzo, e gli Istrioni che invece, con ecletti- ca versatilità, si spostano irrequieti da un sottogenere all'altro, sconfi- nano, rinascono, cambiano pelle. Ed Me Bain mi pare possa aspirare a buon diritto al titolo di pontefice supremo dei Monotoni. So bene che si è cimentato con serie diver- se, e che ha pubblicato romanzi an- che sotto altro nome: ma la graniti- ca invarianza che contraddistingue la sua serie dell'87° distretto è così centrale per il suo talento da relega- re un po' nell'ombra gli altri aspetti della sua personalità. In Romance tornano tutti i topoie i tic della serie: c'è una vicenda centrale (che ri- guarda l'ambiente teatrale di Broadway), c'è il quotidiano accal- carsi dei casi secondari che interfe- riscono tra loro e con l'indagine principale, e c'è una bella storia d'amore tra Bert Kling e una donna chirurgo nera. Mancano i folgoranti, amari aforismi sull'american way of lite che contrappuntavano i romanzi dell'87° distretto tra il 1956 e la pri- ma metà degli anni sessanta: ma il ritmo inconfondibile, la felice mono- tonia di Me Bain funziona senza ce- dimenti. La versatile Margaret Mil- lar, scomparsa nel 1994, mi pare, all'opposto di Me Bain, incarnare alla perfezione la vocaziqne istrioni- ca: autrice in passato soprattutto di storie familiari cupe e claustrofobi- che, dagli anni settanta è andata moltiplicando romanzi-commedia dal dialogo caustico ed esilarante, fitti di notazioni lucide sui desideri, i miti, le ideologie e i luoghi comuni di cui è intessuta la vita quotidiana del nostro secolo. A questo genere appartiene anche L'assassinio di Miranda, che, sullo sfondo di un club nautico popolato di eccentrici miliardari, intreccia i destini di una vedova molto determinata, di un anziano ammiraglio e di un irresisti- bile bagnino. La sola cosa ben tra- dotta di questo romanzo è il titolo (non era difficile, The Murder of Mi- randa), congegnato per lasciare il lettore nell'incertezza: Miranda, di quest'assassinio, sarà la vittima o la colpevole? La risposta definitiva, come è giusto, arriva solo nell'ulti- ma riga. (m.b.)